[三] SEKIRO SHADOW DIE TWICE: VIDEOGAME HISTORY

Prosegue la nostra ardua ma spero appassionante ricerca in Sekiro: Shadows Die Twice, tra leggende arcaiche e mitologie piuttosto complesse da decifrare. Eccovi dunque, cari amici di GMC, la terza sofferta parte di questa mia personale ricerca sul reale capolavoro di From Software [ricerca che pare debba non avere fine n.d.a 2].
In questo terzo articolo mi sono focalizzato su diversi aspetti specifici del gioco, cercando di analizzare gli elementi più interessanti degli stage e quelli meno conosciuti, per comprendere e spiegare appieno alcuni aspetti. È quindi necessario avere un'infarinata di alcuni concetti religiosi e mistici, che mi sono dedicato a riassumere, spero correttamente, e naturlamente una conoscenza basilare del gioco.
Buona lettura Shinobi.

"In questo giorno

che tramonta

sono caduti i fiori di ciliegio."



Miura Chora


LUOGHI ESOTERICI

Sekiro è un titolo che letteralmente straborda di zone suggestive, con peculiarità artistiche pressoché uniche, servirebbe una completa trattazione di ogni singola area del gioco per rendere debita giustizia a questo stupefacente labirinto di shortcut e panoramiche ammalianti, poiché la ricchezza visiva di questo ambizioso titolo surclassa artisticamente buona parte dei giochi con ambientazioni simil nipponiche, come l'efficace duologia di Nioh del Team Ninja/Tecmo o il gaijin-esco Ghost of Tsushima di Guerrilla, che tanto ha entusiasmato lo stesso CEO di Sony (e anche il sottoscritto, per inciso).
La principale differenza che possiamo rintracciare rispetto a questi disgnitosissimi titoli (e molti altri di fòggia simile o associabile) è la cura certosina che From ha infuso in diversi aspetti del gioco, attraverso un inserimento non privo di uno specifico significato di luoghi, edifici, e persino statue presenti nei fondali.
Letteralmente, qualunque cosa in Sekiro racconta qualcosa, se vogliamo riassumere il concetto in poche ma significative parole. Tutto questo restituisce un gioco esoterico nel vero senso della parola, ovverosia un titolo riservato a discepoli o a iniziati che riescono a decifrare ogni più piccolo dettaglio che resta celato per gli altri, almeno in parte. Un titolo sfuggente quindi, che non vuole raccontare niente di specifico al casual gamer, prodromo spesso della distrazione; Sekiro non ha alcun invadente glossario da offire e se escludiamo le descrizioni e gli striminziti dialoghi degli NPC, sempre vaghi e alquanto dubbi [come da tradizione From] il gamer non otterrà alcuna risposta precisa su cosa esattamente lo circonda. Sarà compito del gamer quindi, e solo suo, costruire il complesso mosaico che circonda il gioco. Sekiro si limiterà ad istillare precise suggestioni nell'animo del giocatore, che però resteranno senza alcuna apparente spiegazione. Tutto questo avverrà puntualmente, durante lo svolgersi del titolo, a meno che non sia il giocatore stesso a porsi lecite domande e decidere egli stesso di compiere una personale ricerca, alla ricerca dei significati nascosti del gioco.
Una delle landscape sicuramente più interessanti di Sekiro è quella del Monte Kongo, una terra suggestiva ma malinconica, che raggiungiamo dopo aver superato una zona cavernosa (Grotta Abbandonata) piena di zombi aggressivi ed utilizzata prevalentemente dai chirurghi di Ashina per condurre empi esperimenti sull'immortalità.

È interessante dedicare un cenno di approfondimento ad un NPC del gioco che troviamo nella Grotta abbandonata: Doujun.
Doujun potrebbe essere un tributo al monaco storico con lo stesso nome (Dojun, 道 順) vissuto nel 13-14°secolo.
Fu il prete-guardiano dell'Imperatore Go-Uda. Il suo principale studente, Monkan, divenne anch'egli prete-guardiano dell'Imperatore Go-Daigo, ma fu accusato di usare una potente stregoneria malvagia da alcuni funzionari della sede centrale. Studi recenti, tuttavia, suggeriscono che la "malvagità" di Doujun e Monkan era una mera calunnia da parte dei loro rivali politici e non ha mai avuto alcun reale fondamento storico. Spesso uomini che studiavano le tradizioni o che erano legati ad antiche forme spirituali, erano tacciati di essere maghi e stregoni. Lo troviamo nella Grotta Abbandonata di Ashina e ha molte cosa da dirci.

La zona del Monte Kongo è divisa in diverse specifici sotto-stage (come il ponte distrutto, i dintorni e l'interno del Tempio ed altre di minore passaggio) , si tratta tuttavia di un'ambientazione piuttosto vasta ed estesa ricca di un fascino a dir poco indiscutibile, suggestivo.vi sono alcuni aspetti peculiari molto interessanti in queste zone, vediamoli nel dettaglio.
Anzitutto il Tempio Senpou è fortemente connotato dal tema autunnale, lo stage evoca un luogo della memoria o per meglio dire, una sensazione specifica, molto conosciuta in Giappone, che si amalgama perfettamente alle tinte tenui ma decise della stagione di quando "l’aria è si è fatta fredda ma anche più pulita, libera dall’umidità dell’estate" (cit) questa volta esiliando i famosissimi alberi di ciliegio (Sakura) almeno per una volta, nell'immagignifico dell'immediato, riabilitando invece l'Autunno e non la Primavera. Non appena percorriamo la prima zona del Monte Kongo, veniamo infatti travolti dalla magnificenza di composizione visiva e il colpo d'occhio all'ammirare delle famose foglie d’acero rosse (momiji) le foglie di ginkgo che infiammano gli alberi durante tutto lo stage, ma più nello specifico emerge un “senso o atmosfera dell’autunno", chiamato specificatemente Shūki dai giapponesi, che ha precisi epiteti per ogni cosa, o quasi.
Il Monte Kongo è pervaso da questa vivida suggestione, con le sue foglie di betulle (kabanoki), i salici  che pigramente dondolano (yanagi) e le foglie che colorano il panorama di giallo paglierino e rosso cremisi, con un cielo terso che illumina tenue il nostro percorso di lama.

I giardini tinti di rosso del Tempio Senpou evocano una strana sensazione, che rappresentino forse le vite perse dei giovani bambini per colpa dei fanatici monaci? Che la natura stessa sia commossa dinnanzi a simili atrocità? Il termine Shuki ha anche una forte percezione con lo spirito.


Tutta la zona offre tonalità splendide che catturano l'attenzione di chi cerca anche una forte connotazione artistica in Sekiro. Oltre al fatto che questi alberi si trovano effettivamente presso i templi Shinto, ospitanti spiriti e forze protettrici fin dai tempi remoti, legati a moltissime leggende.
L'intero stage è avvolto da un clima autunnale semplicmente sublime nell'evocare un'atmosfera tranquilla e placida ma anche con una struggente nota di fondo malinconica, spezzata di irrimediabilità funesta. Nikko nella prefettura di Tochigi, uno dei luoghi turistici per eccellenza del Giappone (per intenderci, è quello dove si trova il celebre tempio con le famose tre scimmiette (“non vedo il male, non sento il male, non parlo il male”), è uno dei numerosi santuari che costellano il panorama autunnale nipponico, tappa obbligata per il turista che cerca qualche silenzio dello spirito, e che assumono un aspetto veramente magico se colti nel periodo giusto, fra le tinte autunnali degli alberi che tingono il paesaggio e gli alberi che accompagnano a migrazioni pensierose. In definitiva, credo che il Shūki sia stato preminente fonte d'ispirazione per il gioco.

Anche se i sakura giapponesi sono famosi in tutto il mondo, gli aceri sono ugualmente importanti. I giapponesi amano fare lunghe passeggiate tra le montagne e rilassarsi al mite clima autunnale e ammirare i loro colori struggenti e malinconici di questi alberi. Questo specifico fenomeno di osservazione dell'autunno viene chiamato con due nomi differenti: momiji e kōyō (nome analogo al celebre gioco di carte nipponico).
Queste due parole si scrivono con lo stesso carattere ma si riferiscono a due concetti piuttosto differenti. Momiji si riferisce alle foglie d’acero tinte di rosso in autunno, mentre kōyō corrisponde al cambiamento di colore delle foglie da verde a rosso.

I MONACI SENPOU DEL MONTE KONGO



Anche i monaci Senpou svolgono un ruolo molto importante nel plasmare la storia di Sekiro, anche se attraverso una narrazione decisamente silenziosa e totalmente vincolata alla sola contemplazione del gamer. Questi nemici di varie categorie (Novizi della Lancia, Monaci Taro ed altro...) sono rappresentati come monaci corrotti che hanno voltato le spalle definitivamente agli insegnamenti buddisti, pur conservando paramenti sacri, come il famoso bastone con gli anelli (
shakujō) o altri aspetti cosmetici facilmente riconoscibili. Nella loro deviata ricerca di illuminazione ed immortalità, hanno finito con il diventare dipendenti dalle "acque ringiovanenti" finendo con il divenire monaci corrotti, nel vano tentativo di replicare il potere divino del "Retaggio del Drago" come abbiamo visto nell'articolo precedente. È piuttosto evidente, e ciò emerge in tutta la storia del gioco, che i monaci hanno tentato di creare artificialmente un erede del Retaggio del Sangue del Drago, sperimentando ogni tipo di sopruso genetico sui bambini, il che spiega lo stato sconvolto di Kotaro (un grosso monaco accovacciato che si trova all'ingresso del Tempio di Senpou) che non riesce a perdonarsi per quello che ha visto fare sui piccoli novizi. Il monaco Kotaro è tormentato dal rapimento dei bambini, attirati sulla montagna dai monaci più anziani con l'inganno e la complicità del clan Ashina, con il pretesto di compiere "azioni virtuose". I bambini erano stati arruolati sostanzialmente per un esperimento su larga scala che coinvolgeva la somministrazione delle acque del Ringiovanimento. Di tutti i bambini soggetti a questi soprusi, solo uno è sopravvissuto a questi orribili esperimenti, ed è appunto "la Figlia Divina/Bambina del Ringiovanimento".  Il Tempio Senpou è inoltre in preda ad un'autentica ossessione per la ricerca dell'immortalità, che ha corrotto gli insegnamenti buddisti perpetrati ed insegnati fino ad ora. I monaci fisicamente mostrano atrofia, cecità, pelle grigiastra ed avvizzmento. In Dark Souls, lo stato di Non-Morte significa gradualmente un lento marcire e una follia che potenzialmente muta anche in forza. Doujun, NPC della zona Grotta Abbandonata, anch'egli un monaco Senpou, conferma che la ricerca sulle acque rigeneranti ha causato una sorta di zombificazione dei monaci, la sua stessa zona è per l'appunto piena di monaci zombi/corrotti. Gli esperimenti dei monaci "corrotti" del tempio Senpou, che riguardavano appunto l'infestazione di un gruppo di bambini per ricercare assiduamente e fanaticamente l'immortalità, nei pressi del tempio di Senpou, sono un buon punto di partenza per la nostra osservazione. In tutto lo stage si possono infatti vedere molti cadaveri, basta fare debita attenzione ma non sono cadaveri di bambini, come erroneamente si crede, sono adulti.

Corpi degli abitanti di Ashina possono essere ritrovati in varie zone dello stage, hanno i polsi legati da una fune ed indossano un nanagi, solitamente associato alle classi più povere come i contadini e la popolazione giapponese meno abbiente. Certamente sono stati sottoposti ai trattamenti contro la loro volontà, e certamente non erano protetti da qualche casta che gli garantiva un salvacondotto.      

Lecito quindi, giunti a questo punto, domandarsi dove siano finiti i cadaveri dei bambini soggetti alla sperimentazione, non essendo presenti defacto nella Grotta Abbandonata e nemmeno presso il Tempio di Senpou. Ebbene c'è una zona specifica del gioco che ha catturato la mia attenzione e che ci viene in soccorso. Anche questa zona è ricca di suggestioni e ha una storia da raccontare.

 

È un luogo che si raggiunge dopo sporgenze quasi inafferrabili dopo aver oltrepassato una radura con una vista impressionante che offre lo scorcio di un imponente edificio che ricorda il tempio di Kyomizudera sito nel Giappone reale. Dopo esserci aggrappati a poderosi rami ed aver attraversato un terreno percorribile ma ostico, raggiungeremo una scogliera con molte girandole e statue di piccoli bambini, con una stoffa rossa cinta al collo, come un piccolo bavaglino.
Questo è un luogo in cui è successo indubitabilmente qualcosa. Ma ancora una volta abbiamo risposte vaghe e poco esaurienti dal gioco, tuttavia persino l'oggetto che recuperiamo per una specifica quest (Girandola rossa e bianca) ha una dicitura quantomeno chiara.


"Sono tutti qui"

I bambini.
Sono abbastanza certo che i cadaveri dei bambini siano stati gettati giù dalla scogliera dove ci sono tutte le girandole e le statue di
Jizō (Bosatsu).


 

IL KAMI BAMBINO

La divinità Jizō (Bosatsu) è ritenuta dai giapponesi e dai cinesi protettrice dei defunti e in particolare dei neonati prematuri morti e dei bimbi abortiti. Per inciso il kami li proteggerebbe, secondo al tradizione dalla punizione che altrimenti riceverebbero nell’aldilà per aver arrecato dolore ai genitori con la loro morte. Questa tradizione, che con il tempo verrà significativamente trasformata (nel periodo Tokugawa (1063-1867) e Restaurazione Meiji (1868 - 1912) cambia drasticamente le usanze associate) nel periodo più tradizionale ed antico, quello che fa da sfondo a Sekiro [periodo Sengoku] la statua del piccolo budda serviva come buon auspicio per la morte di un bambino, così come la girandola.
Il kami Izo
si prenderebbe cura delle anime dei bambini che muoiono quando sono molto piccoli.
Questi spiriti, secondo la tradizione, dimorano nel "Sai no Kawara", cioè la riva "sassosa" del fiume degli Inferi, l'equivalente del nostro Limbo (In cui c'erano appunto i bambini non nati e non battezzati - si veda la Divina Commedia)
Ci sono alcune interessanti analogie. Secondo la leggenda queste povere anime di bambini non riescono a passare dall’altra parte della riva perchè i demoni del Jigoku (l'inferno) impediscono loro di salire sulla barca che porta le anime verso la pace eterna. Così i bambini passano il tempo a impilare pietre una sull'altra, creando piccole torri o meglio stupa buddisti, detti anche Tsuka in attesa di poter arrivare nell'oltretomba, allo stesso modo, i genitori ancora vivi sono soliti impilare piccole pietre vicino alle loro tombe, per aiutare i loro pargoletti nella loro vita ultraterrena.
"Piccola effigie di Buddha avvolta in un panno rosso. Alzati in preghiera unisci i palmi delle mani per ripristinare un nodo di Resurrezione. Instaurare una statua di Jizo significa esprimere sentimenti di amore dei genitori. Il fagotto di stoffa serve per garantire che il piccino vada in pace"

Il Giappone spesso ha un'interpretazione ruvida della dipartita e del decesso, sono più spesso gli spiriti/entità a dover lasciare stare il mondo dei vivi con i loro influssi, che non il contrario. Curiosamente c'è un collegamento più sentimentale con il Kami Jizo però.
Le 3 prerogative principali di Jizo sono straordinariamente inerenti a Sekiro, abbiamo: Jizo protettore dei viaggiatori, Jizo protettore dei bambini e infine Sentai Jizo, protettore del Muen Botoke, cioè le tombe dimenticate degli antenati, i defunti che non ricordiamo perché troppi lontani da noi e dalle nostre vite, a livello cronologico. Onorare Jizo, spesso con offerte, permette di celebrarli degnamente e ricordarli nelle nostre vite. I Jizo sono dei piccoli Bodhisattva, cioè coloro cioè che pur avendo raggiunto l’illuminazione, rinunciano al Nirvana e rimangono in questo mondo per aiutare l'umanità a redimersi, diventando (appunto) Buddha o nel caso di Jizo, "Piccoli Buddha" per aiutare i piccoli non nati o morti (o anche) abortiti o uccisi. L'aborto, in Giappone, è un elemento molto complesso da affrontare, si è soggetti ad un giudizio sociale e morale molto forte ma allo stesso modo l'uccisione di un bambino è un deprecabile atto.
Gli ideogrammi che compongono il suo nome sono terra (ji) e grembo (zo), ma quest’ultimo può significare anche tesoro, quindi il loro nome può essere tradotto come grembo della terra oppure il tesoro della terra. Il legame con i concetti della maternità sono molto forti, così come quelli che lo legano indissolubilmente al viaggio, sentiero non solo materiale ma anche e soprattutto spirituale. Le statue Jizo in Giappone sono spesso poste non solo nei templi, come confine spirituale, ma spesso raffigurate con un bambino in braccio, e disseminate ovunque, esattamente come nello stage presso il Tempio di Senpou. Di fatto sono una delle divinità kami più presenti sul suolo nipponico, come Kitsune (la volpe) o altre divinità shinto. Il Lupo dal braccio solo usa una piccola statua di Buddha per teletrasportarsi da una zona all'altra, si tratta proprio di una statua Jizo che protegge i viaggiatori.


Statue di Jizō al Tempio di Zōjō-ji a Tokyo. Queste piccole statue sono spesso adornate con piccoli bavaglini colorati e girandole variopinte, ma anche con cappelli, piccoli abitini o mantelline, tutti cuciti a mano dai loro genitori o dalle persone care. Il colore più usato è il rosso, perché rappresenta fin dall'antichità la sicurezza e la protezione ed era indossato anticamente dai bambini, ma si possono trovare anche molti altri colori e stili, alcuni indossano persino giubbotti.

Tornando ai monaci ci sono altri aspetti interessanti da scoprire.
Abbiamo visto negli appuntamenti precedenti che Le Acque del Ringiovanimento, corrompono gli uomini al punto che questi non vivono più come esseri umani, ma diventano degli "hollow", dei vuoti, mostri non-morti incapaci di provare dolore o paura o qualsiasi sentimento umano, corrotti e riempiti di impurità. Lo abbiamo già visto nei Dark Souls, in lungo ed in largo e nel concetto stesso di Kegare.
Per via di questa specifica condizione, i monaci Senpou sono infatti chiamati "degenerati" da Isshin e da diversi NPC durante tutta l'esperienza di gioco e cionodimeno, sono responsabili del rapimento e probabilmente dell'uccisione dei cosidetti "Figli del Ringiovanimento" in un esperimento che sostanzialmente è di eugenetica.
Alcuni monaci, quelli che curiosamente sembrano più anziani e che potremmo definire "Abati" (osservando anche le loro vesti sacre) sono infestati da osceni millepiedi che garantiscono loro l'immortalità (sebbene questa sia di natura corrotta).

Il sacerdote capo del tempio di Senpou ha una veste verde e siede di fronte all'altare principale, egli piange per ciò che ha inflitto all'unico bambino rimasto, costretto a subire gli esperimenti per ricreare l'Eredità del Drago. Riconosce la connessione che Sekiro possiede con il Retaggio del Drago puramente dall'odore. Si definisce smarrito e lontano dal suo cammino di luce e spiritualità.

Come abbiamo visto nel breve accenno nello scorso articolo, questi monaci del Tempio possono essere sconfitti solo ed esclusivamente con la Fushigiri/Lama Mortale poiché l'artefatto è il solo in grado di "recidere" il vincolo di immortalità che lega i monaci al mondo fisico. Ma c'è un ulteriore aspetto su cui vale la pena soffermarsi, ovvero l'uso specifico della protesi "Rapimento Divino", ed i suoi inaspettati effetti. Rapimento Divino/Divine Abduction è un'arma shinobi di natura prostetica che recuperiamo
dopo il terzo Idolo dello scultore, presso la Forra/Sunken Valley il cui vero nome è "Valle Caduta" [落ち谷], a ridosso del Fortino. Proprio in questo edificio c'è una stanza che ospita l'ostico miniboss "Centopiedi". Una volta sconfitto questo letale avversario, potete accaparrarvi il ventaglio che si trova dentro la stanza. Ebbene, con il terzo upgrade (Golden Vortex/Vortice Dorato) l'arma si potenzierà notevolmente e otterremo uno strano effetto se lo useremo proprio sui monaci del Monte Kongo.
"Vortice Dorato" li bandirà istantaneamente dal Tempio di Senpou e dalla zona circostante
. Un aspetto quantomeno peculiare se lo analizziamo dettagliatamente è la sua stessa forma. Lo strumento prostetico assomiglia palesemente ad una foglia autunnale conosciuta in Giappone come yatsude (detta anche foglia otto dita) questa forma non può essere in nessun caso un aspetto puramente casuale, il richiamo all'autunno è piuttosto evidente.  
I segni bianchi di questa pianta si verificano raramente in natura ed
indicano una pianta malata e danneggiata e anche in questo caso non posso non fare a meno di pensare che la azioni dei monaci siano state condannate dalla natura stessa.


Anche l'upgrade dello strumento prostetico è interessante: le foglie del ventaglio sono appassite, il colore dorato richiama un utilizzo per quelle che la descrizione definisce come "Donazioni" (farming in poche parole ) inoltre c'è uno strano utilizzo che coinvolge alcuni NPC...utilizzando questo strumento potremo concludere alcune subquest in maniera inaspettata...




SEKIRO: SUCIDIO RITUALE DEL GAMER
 
Sekiro è una parabola piuttosto evidente sulla corruzione della fede religiosa.
I monaci che si auto-mummificano, attraverso un'antichissima disciplina giapponese, nota come Shugendo (auto-mummificazione) è una consistente prova a suffragio di questa teoria.
L'atto stesso di auto-mummificazione alla ricerca dell'illuminazione è un ottimo spunto per cercare di teorizzare cosa in effetti abbiamo giocato devoti Gamer. Al Tempio Senpou, tale pratica sembra essere stata normalizzata: numerosi monaci e sacerdoti hanno completato tale pratica o sono bloccati nel processo di subire tale processo, tutt'altro che pratica ortodossa. Specifico che se colpiamo un monaco mummificato nei lugubri corridoi del Tempio sotterranao di Senpou, questi sanguinerà e non è un caso o un dettaglio irrisorio ma una specifica caratteristica.


Lo Shugendo in Giappone può essere fatto risalire ad un monaco che gli iniziati della dottrina conoscono come Kukai, o almeno alla mitologia che circonda la sua morte. Verso la fine della sua vita Kukai trascorse più tempo in meditazione rispetto ai suoi fratelli del tempio, fino al punto in cui morì in quello stato. Il monaco non fu deposto in maniera canonica, con una classica cerimonia funebre buddista ma bensì sepolto nella sua stasi di meditazione eterna poiché il suo corpo era diventato molto rigido ed impossibile da posizionare. Qualche tempo dopo la tomba di Kukai fu aperta (la tumulazione è molto diversa rispetto alla nostra) e i monaci scoprirono che il monaco non si era decomposto, fu trovato invece come se stesse ancora dormendo, i tessuti non erano rigidi .
La leggenda legata alla dottrina vuole che il monaco Kukai (il cui corpo può essere ancora visto in Giappone) non sia morto ma sia in realtà in una condizione di stato eterno di samadhi (ovvero coscienza meditativa) in attesa di Maitreya (un futuro Buddha).
Tutti i seguaci del shughendo, ovvero gli sokushinbutsu, prendono la parte "Kai" dal nome stesso di Kukai per omaggiare il primo monaco del loro ordine.
Storicamente questa pratica fu bandita durante la famosa Restaurazione dell’epoca Meiji, fino ad allora tale metodo era localizzato solo in pochi luoghi selezionati del Giappone, essendo proibita in larga parte del paese e considerata molto pericolosa. Quei luoghi erano le montagne Dewa Sanzen che consistono in una catena di monti, il monte Yudano, il monte Haguro e il monte Gassan. Tuttavia, la pratica fu centralizzata proprio sul Monte Yudano. Le dottrine implicate in questo sistema di preservazione eterna sono il buddismo Shingon (una scuola buddista specifica la cui trattazione completa sarebbe a dir poco enorme) Non vi sarà sfuggito che "Shugendo" è anche il nome di una parte del Monte Senpou, ed è di difficile decriptazione, si tratta di una religione di fusione con buddismo, shintoismo e vari pezzi di folclore giapponese con un focus sull'ascetismo spirituale. Il Monte Kongo è del resto il luogo in cui si trova il Tempio Senpou che attua tale pratica e che fa riferimento a sua volta, ad una vera montagna in Giappone, le analogie quindi si sprecano verso tale senso.


Per essere posti in questo stato di mummificazione eterna, non è possibile usare solo ed esclusivamente la meditazione, i mantra e i sutra d'uopo: è necessario passare in tre fasi estremamente ardue e della durata complessiva di 3000 giorni, in cui l'asceta intraprende nove anni di preparazione che consumano, disidratano e intossicano il suo corpo. Si passa dal bere un miscuglio di lacca naturale, radici e bacche (conosciute esclusivamente dai monaci e la cui natura non è diffusa e men che mai conosciuta) a bere pochissima acqua, in modo da disidratare gradualmente il corpo ed infine intossicarsi volontariamente.
Successivamente, durante la terza fase, si viene collocati dentro un'apposita nicchia scavata nelle pareti di una grotta sigillata, anche se alcuni testi specifici parlano di una vera e propria sepoltura sotto circa tre metri di terra. Altri testi menzionano la collocazione in una sala di un tempio che poi viene completamente sigillato. Il monaco continua a vivere e respirare attraverso un piccolo tubicino, spesso di legno di bambù, dal quale sono colati con una certa regolarità radici di pino e corteccia e succo di Urushi) fino a quando il monaco "kai" non smette di chiederne attraverso una piccola campanella posizionata a lato del tumolo che improvvisamente non suona più. Dopo un'attesa di circa 3 anni e tre mesi, gli altri asceti riaprono la nicchia scavata. Se il corpo del confratello monaco presenta ancora tessuti freschi, ed è nella posizione del Loto, allora si dispongono paramenti sacri (oro e rosso) e si proclama il monaco Sokushinbutsu, lo si mette nel Tempio in una teca di vetro e lo si venera poiché ha raggiunto lo stato di Buddha.

Se il corpo invece è decomposto, lo si depone come da tradizione shinto, dopo una tradizionale cerimonia che rende omaggio all'asceta mancato. La conferma di essere, in effetti, nello stadio/stato meditativo eterno è quindi solo un processo alquanto misterioso che ancora è soggetto a speculazioni di sorta e non chiarissimo, tuttavia sono circa 23 i monaci ad aver raggiunto la "meditazione eterna".






Deviazioni mitologiche legate al "Monaco Morente" della Foresta Nascosta/Nebbiosa

Sul misterioso monaco dorato.
 
Come sappiamo, il protagonista, non può morire in Sekiro.
I concetti di morte e reincarnazione sono alla base di molti giochi di From Software, nella maggior parte dei giochi di Miyazaki, ad onore del vero, vi sono sempre anime che fanno ritorno ai loro luoghi di appartenenza, c'è inoltre un concetto particolare legato con le meccaniche die-twice.
Ma non divaghiamo troppo, questo concetto verrà spiegato debitamente in seguito. Sebbene vi siano riferimenti al buddismo anche in Demon's Soul e Dark Souls (meno in Bloodborne, da come abbiamo potuto vedere e giocare) è in Sekiro, che la reincarnazione e i mille aspetti legati ad essa vengono utilizzati opportunamente, concetti come l’impurità/kegare (le acque ristagnanti) e la conseguente corruzione spirituale dei monaci (alla ricerca di un talamo d'immortalità) rendono i collegamenti con la dottrina del buddismo estremamente espliciti e legati in maniera indissolubile alla forma mitologica del gioco, in un modo tale da non poter essere ignorati, almeno quando si cerca di analizzare la storia, i dialoghi, i personaggi, i luoghi.
Sekiro ha una mitologia estremamente complessa, che si esprime in maniera costante, nelle statue, negli ambienti, persino nella titolazione originale dei boss, nella narrazione ovviamente, e nella creazione dell’intero gioco. Non esagero se vi dico che ogni statua, ogni sasso, ogni più piccolo dettaglio del gioco, racconta sempre qualcosa. Ogni ambiente ha una storia specifica. E anche tutta questa supposta storia del “È tutto inventato/fantasy/anime” è da rivedere completamente, non appena emergono troppe analogie per non tenerne conto. In primis perché storicamente sono risalito persino risalire storicamente al clan Ashina, ramo cadetto dei Taira, menzionato nel gioco e erronemante creduto non reale.
E in secundis, penso che sia stato un ennesimo abile trucco di Miyazaki quello di dire che tutto è inventato ed è tratto in parte solamente da alcune leggende nipponiche. Esattamente come il combat-system: solo la dedizione porta a risultati di comprensione parziale o totale della storia e dei suoi aspetti.
Proviamo quindi a dare un'occhiata di sfuggita al misterioso NPC “Buddista Morente”, un NPC che troviamo seduto, o per meglio dire, accasciato vicino ad una statua dorata di Buddha, di preciso nella "Sunken Valley" accanto ad una pira di libri. Partiamo dal dialogo, poi tratteremo gli aspetti estetici, se riusciremo a trovarli. La traduzione è rigorosamente dal giapponese.

Monaco - “Ehi ... ehi tu ...(Tossisce) Se conosci il cammino del Buddha ... Uccideresti chi si oppone ad essa?"

Sekiro - “Qualcuno che si oppone al cammino del Buddha?”

M - “Esatto ... (Tossisce) Quello di cui parlo si nasconde in un tempio abbandonato più avanti…ha sigillato il villaggio dentro una nebbia oscura ... in modo da poter ingannare gli abitanti del villaggio con le sue illusioni”

S - “Un tempio abbandonato?”

M - “Sì, è un vecchio edificio …” (Tossisce)
“La porta potrebbe essere chiusa, ma dovrebbe esserci un buco al secondo piano.
“Andrai avanti dunque? ucciderai colui che si oppone a Buddha? (Tossisce ancora)”

Quando gli si parla di nuovo, prima di uccidere Okami (il vero nome del “Nobile della Nebbia) il monaco morente dirà “Il tempio abbandonato in cui si nasconde è un vecchio edificio, la porta potrebbe essere chiusa, ma dovrebbe esserci un buco nel tetto” (È un simbolismo che mi ricorda alcuni scritti Shingon). C’è un interessante lettura, fornita da alcuni scritti della Goukan, con "il tempio abbandonato" spesso ci si riferisce al nostro corpo, viene anche chiamato anche "luogo inospitale" oppure "edificio cadente". La porta che potrebbe essere chiusa potrebbe essere interpretata anche come la nostra fede ed infine il buco potrebbe essere un metodo per l’illuminazione. È molto azzardata come lettura. Dopo aver ucciso Sarutahiko Ōkami, il boss in assoluto più facile in Sekiro, quando faremo ritorno all’NPC, questi ci accoglierà con un altro dialogo specifico:

M -
“Sono diventato terribilmente vecchio, ma … questo vecchio vorrebbe vedere il Buddha tornare ancora una volta al suo tempio ...

L’ultima frase mi ha ricordato un riferimento buddista molto classico, che spesso è presente in tante parabole Zen: il monaco non ha evidentemente raggiunto l’illuminazione, e il simbolismo è quantomeno chiaro, il suo sentimento espresso è del resto limpido: vorrebbe trovare l’illuminazione, che ancora gli sfugge e che è del resto mancata anche a tutti i suoi confratelli imbalsamati.
È esattamente lo stesso concetto cristiano del “sentire almeno una volta la chiamata di dio prima di morire” degli uomini di fede, anche se il Buddismo non è classificabile come una fede o un credo, si tratta di una realizzazione dell'io, così direbbe la Sokoukai, dio non c'entra.
Il monaco morente dunque accetta di morire, come un uomo che ha fallito nel suo ciclo umano/terreno di rinascita e si è fermato ad uno stadio di ignoranza (del suo "io" profondo)  .

Dietro di lui c’è una statua dedicata a Bodhisattva Kannon. Durante l'esplorazione e la catalogazione delle sculture buddiste in tutta Ashina, mi sono reso conto che non ci sono molte statue del Buddha e sue rappresentazioni ciò non è casuale. Molte sembrano essere dedicate al Bodhisattva Kannon. 

Un Bodhisattva/Bosatsu è un illuminato che decide di interrompere il suo ciclo di eterna rinascita per restare in questo miserabile mondo (nda), ed aiutare gli altri a trovare l’illuminazione. Ci sono altre statue in tutta Ashina che non sono di Kannon, ma Jizo, Indra, Shitenno, etcc.

Breve corso di Buddità per una rapida comprensione e rapida consultazione.
La "rinascita"nel buddismo si riferisce all’insegnamento secondo cui le azioni di una persona portano a una nuova esistenza dopo la morte, in un ciclo infinito chiamato saṃsāra.
Il ciclo che stiamo vivendo, la vita di tutti i giorni in poche parole, è considerato dukkha, qualcosa che potrebbe essere considerato come insoddisfacente e doloroso, la nostra vita non sfida costantemente questa concezione del resto?
Il ciclo si interrompe solo se la liberazione viene raggiunta dall'intuizione e dall'estinzione del desiderio ed infine giunge la rinascita. La rinascita è una dei concetti fondamentali del buddismo, assieme al karma, al nirvana e al moksha. La dottrina della rinascita nel Buddismo, a volte indicata anche come reincarnazione o metempsicosi, afferma che la rinascita non avviene necessariamente come un altro essere umano, ma come un'esistenza in uno dei sei Gati (regni) chiamati Bhavachakra. I sei regni della rinascita includono Deva (celeste), Asura (semidio), Manusya (umano), Tiryak (animali), Preta (fantasmi) e Naraka (residente dell'inferno).
La Rinascita, come affermato da varie tradizioni buddiste, è determinato dal karma, i regni buoni saranno favoriti da Kushala (karma buono), mentre una rinascita nei regni malvagi è una conseguenza dell'Akushala (karma cattivo).
Il Nirvana è l'obiettivo finale dell'insegnamento buddista, gran parte della pratica buddista tradizionale è infatti stata incentrata sull'acquisizione di meriti e sul trasferimento di questi, per cui si ottiene la rinascita nei regni buoni si evita la rinascita nei regni malvagi, quando il nostro Kushala supera il karma negativo. A conti fatti ed ereticamente, questo concetto è molto videogiocoso.
Ci sono connessioni metaforiche con il buddismo nel gioco praticamente dappertutto, ovunque volgiamo lo sguardo. Dogen viene citato molte volte in Sekiro ed è il fondatore della scuola Zen.

Un titolo interessante che inaspettatamente spiega molto bene il significato delle dottrine buddiste ed induiste è Indivisible, arioso metrodivania con componenti brawler tattiche a base di un simpatico sistema a base di QTE. Nel gioco la protagonista affronterà una vera e propria rinascita spirituale in seno alle sue azioni dannose (che si configurano in maniera obbligatoria durante la prima fase di gioco), e tutto questo, proprio a causa sel suo karma negativo che le impedisce di riconnettersi con l'equilibrio universale della natura e capire che il suo karma negativo deve mutare




Concentriamoci ora su Kannon/Kenzen, la materia è vasta e complessa e porterebbe via moltissimo spazio se andassi nel dettaglio, vi basti sapere che Kannon è un Bodhisattva che assume molte sembianze, 33 per essere esatti. Tutte 33 queste sembianze, non sono presenti in Sekiro, ma ce ne sono abbastanza per giustificare uno sguardo approfondito alla sua figura.
Kannon ha più nomi: Kanzeon è un altro nome per Kannon ma ve ne sono altri, la traduzione americana del gioco pasticcia ancora una volta su questi aspetti, per questo Kannon a volte è denominato Buddha.
Kannon è una delle divinità più amate dell'Asia e del Giappone. Il culto di Kannon rimane aconfessionale e largamente diffuso ed appare in innumerevoli forme in tutto il Giappone per assistere con ogni tipo di petizione terrena e per proteggere tutti coloro che sono intrappolati nei sei regni della rinascita karmica, in particolare, il regno umano. Alcune delle innumerevoli emanazioni Kannon del Giappone (sia tradizionali che moderne) includono:
Garuda, Bato, Renga, Byakue...ma ci si può letteralmente perdere nella classificazione delle 33 sembianze, vi basti pensare che un Kannon (Senju) è chiamato il Kami dalle 1000 armi o che Jūichimen Kannon ha 11 teste diverse o ancora è rappresentato sia in ruoli maschili che femminili nel buddismo giapponese. Tuttavia, indipendentemente dal sesso e da come è raffigurato, Kannon è sempre il Bodhisattva della compassione e della misericordia qualcuno che può raggiungere il Nirvana ma sceglie di non farlo per aiutare gli altri a sfuggire alla propria sofferenza e trovare la propria illuminazione su questo Reame (umano).
Kannon può essere tradotto come "colui che vede / ascolta tutto": ascoltare le preghiere di tutti e vedere la sofferenza di tutti. Il Giappone moderno ha molti templi dedicati al Bosatsu Kannon.
Ci sono due sculture nella prima zona di Sekiro, quella che consente a Sekiro di tornare a Hirata e quella che occupa il santuario della Scatola di Offerte. Anche quella dietro a "Falena Fantasma" (Tempio Dilapidato) o quella dietro a "Vecchio Gufo" ma ve ne sono anche presso il Fortino Nascosto, Il Tempio di Senpou, la valle di Bodhisattva (Sunken Valley) e molte altre.
Tutto il gioco presenta la stessa rappresentazione di Kannon, il Kannon dalle undici teste o dalle 11 facce: Jūichimen Kannon,
uno dei Sei Kannon principali. Questa amata forma esoterica (o per meglio dire, tantrica) è raffigurata con undici teste in cima alla sua corona. Questa iconografia fu introdotta in Giappone dalla Cina nel VII secolo. Ci sono varie spiegazioni per le undici teste. A livello popolare, alcuni dicono che sia il simbolo dolcezza e misericordia che il Bosatsu spargerebbe in tutte le direzioni, altri che Kannon sia diventato così angosciato dopo aver assistito alle sofferenze del mondo che la sua testa si è divisa in undici pezzi. Ma la spiegazione più plausibile è che le dieci teste inferiori rappresentano i Dieci Stadi del Sentiero del Bodhisattva (passi necessari per raggiungere l'illuminazione). L'undicesima testa, situata proprio al centro nella posizione più alta, rappresenta l'undicesimo stadio, la Buddità, il risultato finale e definitivo per coloro che seguono il Sentiero del Bodhisattva. L'undicesima testa, inoltre, è identificata come Amida Buddha, la divinità centrale nelle sette della Terra Pura del Giappone, poiché in queste sette Kannon è considerata un'emanazione attiva di Amida. Kannon scruta costantemente il mondo ascoltando i suoni della sofferenza. Sentendo questi suoni di angoscia, "L'Osservatore del suono" - in virtù della conoscenza senza macchia, dei poteri di penetrazione soprannaturale e degli espedienti che possiede - è in grado di mostrare il proprio corpo "nelle terre di tutti e dieci i quarti" e ricorrendo ad una varietà di forme e cambiandola nella più adatta delle trentatré forme diverse, attua una predicazione per salvare tutti coloro che soffrono. La menzione dei "dieci quarti" può essere un indizio per svelare il mistero del perché Kannon appaia spesso (nelle opere d'arte come le statue perlomeno) con dieci piccole immagini buddiste nel suo copricapo.
Ma tornando al più terreno Sekiro?
Nella tradizione si dice che Jūichim Kannon protegga dal fuoco, il che spiega perché Kannon è la porta nel caos infuocato di Hirata e si affaccia sul combattimento finale nel Tempio Nascosto ora avvolto dalle fiamme. Kannon guida letteralmente Sekiro tra le fiamme. Questo Kannon protegge anche dal veleno, il che potrebbe spiegare perché Jouzu l'ubriacone ha attacchi a base di veleno...

Jūichimen Kannon del Tempio Dilapidato.
Il numero di facce è solitamente undici, anche se questo numero può includere o meno la faccia principale dell'immagine (facendo così il numero totale di undici o dodici). Esiste anche una forma con nove facce e la posizione delle teste varia secondo una precisa disposizione così come la loro espressione. Ogni singolo volto ha specificità molto precise, le teste di bodhisattva sono situate su uno o due livelli con la testa di un Buddha, di solito includono tre volti benigni e tre volti arrabbiati, tre volti lisci con zanne e , sul retro, una faccia ridente. Una piccola immagine in piedi del Buddha Amida, indicato come kebutsu, può anche essere aggiunto davanti o sopra la corona.


Jibo Kannon nella valle del Bodhisattva. Jibo significa letteralmente "Madre compassionevole". Altre traduzioni comuni includono Dea dell'amore materno, Madre misericordiosa o Madre affettuosa. Jibo è una forma femminile di Kannon spesso raffigurata come una donna vestita di bianco che tiene in braccio un bambino. Secondo quanto riferito, questa iconografia ha avuto origine in Cina nel XIV e XV secolo, dove la divinità era conosciuta come Songzi Guanyin 送子観音 (Guanyin che dà i bambini), ma non si è fatta strada in Giappone fino all'era Tokugawa (1615-1867 ), quando il cristianesimo divenne fuorilegge, molti fedeli fede venerarono la Vergine Maria travestita da statua di Jibo Kannon. Tali statue sono conosciute anche come Maria Kannon. Jibo Kannon è quindi un relativamente ritardatario nel pantheon buddista giapponese.

SEKIRO, PARABOLA BUDDISTA
DEL DIE TWICE

In ultima analisi, cosa si deve fare essenzialmente a livello buddista in Sekiro?
Si deve porre fine alla sua immortalità tagliando le catene dell'illusione (vita terrena) ottenendo la condizione di arahant (illuminato). L'immortalità nel gioco è dunque vista come un ciclo di eterna rinascita, non si tratta dunque dello stesso "essere" che di fatto non può morire (anche perché tutto è intrinsecamente vuoto nella natura della stessa dottrina Buddista).
Quando per esempio si realizza lo stadio denominato "Nirvana" nella scuola Theravada, si diventa più vicini allo stato di arahant quando si perdono le delusioni, in poche parole, anche se un'interpretazione Zen credo sia quella più adatta, essendo ambientato in Giappone.
Quindi usando la "Lama Mortale" (che guarda caso è la stessa spada nera del bodhisattva Manjurshri, personificazione della saggezza, e "voce" interna della legge buddista) ci si rende conto che l'immortalità è in fin dei conti una maledizione: lasciando cadere le delusioni e realizzando la propria natura di Buddha e rinunciando a questa corruzione, possiamo infine mettere fine alle nostre sofferenze (anche e soprattutto come gamer nda).
Questo è, per l'appunto, il significato di tagliare le catene anziché legarCI nuovamente alla ruota della rinascita perenne. Così l'avventura di Lupo può essere interpretata come se fosse una via dell'illuminazione nei confronti nel gioco stesso, dove il finale "Purificazione" è l'unico che ha veramente senso per Lupo, poiché interrompe finalmente il ciclo dell'immortalità (sebbene sia sempre di origine benedetta) e al contempo, assicurandosi che l'erede divino non abbia alcun legame con essa. Grazie al fiore Everblossom/Sempreverde, Lord Kuro viene infine purificato e non porta più il Retaggio del Sangue di Drago. Nell'epilogo, il bambino, quindi, decide di viaggiare per il mondo, promettendo di godersi la vita come se fosse un modo del tutto speciale per ripagare il sacrificio del suo fedelissimo e defunto shinobi. Tuttavia non va dimenticato che questo finale, per quanto possa sembrare ingiusto, dona finalmente la pace al suo protettore anche se per raggiungere questo stadio, è necessario tagliare le catene che ci legano a questo mondo, e "ludicamente" abbandonare le restrizioni mentali che si traducono, almeno videoludicamente parlando, con finali che vedono il protagonista vittorioso che ha sconfitto tutti i nemici sul suo cammino e magari ha anche conquistato Emma, giusto per non farsi mancare niente. Dobbiamo dunque recidere i legami che ci fanno reincarnare e oltrepassare
la meccanica del "Die Twice" se desideriamo terminare spiritualmente il ciclo. Dobbiamo altresì tagliare le catene dell'immortalità, come ha fatto Sekiro e morire, definitivamente questa volta, se vogliamo arrivare al finale più interessante.

In Sekiro c'è sicuramente una storia "generale" che fa ottimamente da sfondo al gioco, con gli shinobi, il clan Ashina, Il Vecchio Gufo, Isshin, Kuro o la bellissima Emma, ma appare quantomeno evidente che il significato del gioco sia notevolmente più profondo, ed emerga piano piano nelle uniche resurrezioni canoniche, disponibili fin da inizio gioco, ovvero quelle legate alle meccaniche "Die Twice". Ogni volta che subiamo un decesso e vieniamo rimandati ad una statua/idolo dello Scultore a causa di una distrazione di troppo, la maggior parte dei boss si comporta come se in effetti non fosse successo nulla (a parte la perdita di denaro e XP s'intende, ma questi sono meri ingranaggi ludici).

Esempi pratici:

- Gyoubou fa sempre il suo trionfale ingresso come boss.

- Genichiro chiede sempre ad Emma come sta suo nonno.

- Gufo cerca sempre di uccidere Sekiro per il suo tradimento. O cerca sempre di uccidere Emma prima di lasciare che Sekiro finisca il suo lavoro.

- Genichiro resuscita sempre Isshin con la Lama Mortale.

Questi sono eventi che tecnicamente possono accadere solo una volta affinché la storia abbia un vero e proprio senso, ma li vediamo accadere più volte quando moriamo e rivediamo la scena per l'ennesima volta. Ebbene, potrebbe essere la prima volta che tutto acquisisce un senso veramente tangibile. A Sekiro è stato concesso il potere dell'Erede Divino e Sekiro DEVE essere in grado di morire più di una volta per riuscire nella sua ardua impresa. Vediamo gli zombi nel Dungeon Abbandonato che possono morire solo due volte, quindi l'acqua ringiovanente conferisce già quel potere (ma fondamentalmente ti svuota, rendendoti vuoto). Inoltre Genichiro, pur essendo abbastanza coriaceo, non si rigenera dai danni come invece fa Sekiro, e la sua forma finale è molto più debole della sua forma originale a dirla tutta. Tutto questo [e molto altro] è solo un caso? È certamente azzardato fornire questa rilettura, poiché credo che la meccanica del DIE TWICE possa non coincidere del tutto con l'impianto ludico ordito da From, tuttavia mi sono chiesto se per la prima volta tale meccanica non fosse perfettamente integrata nel gioco di From Software come mai prima d'ora, in un loro gioco.

Sekiro potrebbe essere il primo titolo di From Software che ostinatamente tenta di insegnarci qualcosa.
Un Soulslike che con valli dominate da Buddha di pietra immoti e silenziosi, che fin da quando ci siamo "svegliati" per la prima volta, ci interroga su temi legati al nostro ego e la nostra transitorietà nel gioco stesso. Del conflitto dentro e fuori di noi, che impatta ed implode dentro di noi, causato dalla nostra percezione che divide la realtà in opposizioni binarie, dalle categorie infruttuose e disparate:

"Sono un bravo giocatore"
"Sono troppo scarso"
"Adesso ammazzo tutto quello che si muove su schermo"
"Se non sconfiggo quel boss non smetto"
"Voglio arrivare in quel punto"
"Devo recuperare quell'oggetto"
"Voglio quel finale"
"Devo farcela"
"Basta, mi arrendo, non ce la faccio più"
...


Tutto questo ci parla di cicli infiniti e di sofferenza infinita. Catene. Non siamo poi così lontani dai vuoti monarchi di Ashina che si aggrappano all'antica gloria del loro nobile casato o agli accademici bramosi del Tempio Senpou, spinti dalla medesima comunione con entità malevole sulla via di una ascensione corrotta ma immortale. Siamo Shinobi catturati in lotte in mezzo ad un purgatorio, senza una morte certa e definitiva, nell'esatta metà tra il dovere e la compassione.
Anche noi in Sekiro abbiamo un ruolo in queste storie. Famelici e consumati come esseri vuoti, consumati dall'odio per il nemico di turno o per l'oggetto che ci sfugge, asserviti e resi schiavi nei nostri cicli ricorrenti di lotta, morte e resurrezione costante. Otterremo ciò che pensiamo di volere, alla fin fine, quindo premeremo ancora una volta "NG+" oppure "Inizia" perpetuando volontariamente lo stesso ciclo che ha aveva già rubato la sanità mentale alle creature che abbiamo appena trascorso ore a mettere fine alla loro miserevole esistenza?
L'esplorazione di Sekiro di questo ambizioso e meraviglioso ouroboros karmico si manifesta all'interno di due cicli distinti e tuttavia paralleli: uno di immortalità stagnante, l'altro di violenza perpetua. Il Buddismo della Terra Pura insegna a cantare il nome di Amida Buddha per raggiungere la concentrazione, e noi mentre giochiamo dobbiamo essere rilassati e concentrati o diverremo Shura a nostra volta. L'Asura (in giapponese Ashuradō) è uno dei sei regni buddisti dell'esistenza che i tibetani chiamano "La ruota della vita". Un regno demoniaco, caratterizzato da rabbia, gelosia e dalla guerra costante. Un uomo sulla via di "Shura" è intrappolato in un conflitto implacabile, che cerca solo di ottenere una maggiore abilità marziale per soddisfare la sua fame infinita di violenza e di lotta. Esattamente il cammino che intraprendiamo, non appena iniziamo a giocare.
Per Lupo e anche per noi, l'esca di diventare uno Shura rimane per tutto il gioco come una minaccia costante, nonostante lo scultore ci metta in guardia dai pericoli che questa condizione infligge: 

"Ogni buddha che scolpisco è un incantesimo di ira"
"È il destino di coloro che hanno un profondo debito karmico. Capirai quando proverai a ritagliarne uno per te un giorno."


Se condividiamo abbastanza saké con lo Scultore, conosceremo il suo passato da Shinobi e il destino del suo stesso braccio sinistro, tagliato fuori da Lord Isshin "per il suo stesso bene".
Ad un certo punto del gioco, lo Scultore interromperà la propria spiegazione del potenziale del braccio prostetico.

"Devo calmarmi"
"Più parlo di spargimento di sangue, più demoniache diventeranno le mie sculture."

Sembra il riconoscimento della nostra passione per la creazione e l'aggiornamento di strumenti di omicidio per Lupo, sempre più potenti per proseguire nel gioco, più uccidiamo, più diventiamo potenti, più le fiamme dell'odio e l'abilità "Shura" ci ghermiscono. Nello Scultore, abbiamo un personaggio così amaramente al corrente del prezzo di uno spargimento di sangue sconsiderato, da interrompere il suo stesso tutorial per paura della passione possiamo sentire nella sua stessa voce tremolante. Nelle ultime ore del gioco, lo Scultore scomparirà. L'unico indizio che ci verrà dato sulla sua destinazione è da un venditore che ci dirà che "è inciampato parlando di fiamme...". Non lo vedremo mai più, ma se torniamo sul campo di battaglia fuori dal castello di Ashina, troveremo un demone infuocato, consumato da un odio ardente, che dimena un braccio fantasma. Il destino dello scultore rimane ambiguo, certamente, ma non è quello che conta. È difficile non vedere i parallelismi tra la foschia violenta e divorante di Shura e noi, come giocatori, che martellano il pulsante della resurrezione più e più volte, concentrati singolarmente su ogni singola vendetta, sul raggiungimento e sul progresso che ci consuma lentamente ma inesorabilmente. Con tutto il suo nutrito bestiario di samurai non morti, fantasmi, kappa, giganti ed Oni, può benissimo essere che l'Ashina che esploriamo in lungo ed in largo non sia affatto un luogo reale, ma nient'altro che un conflitto infinito, un purgatorio interno, un
Ashuradō perenne, un reame combattuto da coloro che non riescono a raggiungere l'illuminazione, la serenità, solo violenza.

"Dov'è finito tutto quell'odio? Non te lo sei mai chiesto?"

Ci chiede una donna che incontriamo appena fuori dal castello di Ashina.

"Non c'è fine alla guerra, non importa quello che dice questa vecchia megera.
Anche i tuoi doveri non cambieranno mai, è proprio così".


Quell'ossessione per se stessi, a cui alludeva in un'altra landa Lucatiel, porta naturalmente a un'ossessione per l'autoconservazione del nostro eroe. La maledizione dei non morti di Dark Souls è presentata in Sekiro con ciò che il giovane maestro Kuro chiama "le catene della stagnazione allevate dall'eredità del drago". Quando abbandoniamo la Scimmia Custode/Bodhisattva senza testa e strappiamo l'orrido Mukade che si dimena dal suo moncherino insanguinato, apprendiamo che l'acqua rigenerante è infestata da parassiti. Ciò che viene presentato come una falsa immortalità, un'impura antitesi dell'eredità del drago, potrebbe, in effetti, essere un parallelo più stretto di quanto pensiamo. Dopotutto, cos'è un parassita, se non una creatura che ruba la nostra autonomia corporea per i propri fini? Non è tanto diverso da un dovere che vede Sekiro incapace di morire in pace ma muoversi come un burattino, alimentato ancora una volta da un alito di vita. Il "codice del ferro", si scopre, è un nome appropriato: è lo stesso materiale di cui sono fatte le catene. I legami del Lupo possono dargli uno scopo, ma lo legano anche a un'eternità di non morte. Emma ci avverte della stagnazione causata dall'immortalità. Dark Souls ci ha presentato due serpenti, ciascuno con la propria agenda, ciascuno presumibilmente in opposizione all'altro. Uno cercherebbe di convincerci a sacrificarci per prolungare l'età del fuoco, l'altro ad abbandonare il rituale di collegamento e inaugurare un'era oscura. Nei giochi successivi, avremmo appreso che la scelta che abbiamo fatto era irrilevante. Un fuoco collegato svaniva sempre e una fiamma spenta scoppiava sempre di nuovo dalle braci, alla fin fine. Anche Sekiro suggerisce che la "Tosse del Drago" non è estinta o terminata, è solo temporaneamente sospesa. Nel quarto finale, apprendiamo persino che la malattia sarà portata in Occidente...viene da chiedersi...nei Dark Souls?

Parte dell'illuminazione, specialmente nel Buddismo Zen, significa arrivare alla realizzazione che la disparità è un semplice mito; che non c'è reale differenza tra luce e oscurità, o tra sé e l'altro. Questo è ciò che vuole significare il simbolo yin-yang, che a sua volta ricorda due serpenti interconnessi. La vera scelta che abbiamo fatto alla fine di Dark Souls era meno importante del fatto che i serpenti ci avevano manipolato per farci fare una scelta tanto per cominciare. Scegliendo una parte, valorizzando uno stato di esistenza rispetto a un altro, abbracciamo la disparità che impedisce al mondo di tornare al suo stato originale e pacifico. Il peso del mondo, a quanto pare, è un problema solo se provi a reggere la cosa. Ricorda i fiori di ciliegio. Dei quattro finali in Sekiro, quello che trovo più soddisfacente (e paradossalmente più facile da ottenere) è il finale di "purificazione". A Lupo viene data la pace, rimuovendo la propria testa, non uno zampillo di sangue, ma di Sakura: fiori di ciliegio delicati, belli e in definitiva transitori (durano una stagione). Da qualche parte, tra il meme ed il marketing, direbbero alcuni integerrimi detrattori, i giochi di From Software sono diventati associati alla morte e all'equazione tra morte e fallimento e poco altro. Il finale di purificazione di Sekiro mostra invece Lupo che abbraccia la propria fine, non come un fallimento, ma come una placida accettazione "dell'io".
Questa stessa accettazione è l'ultimo regalo di Lupo al suo giovane maestro, che pronuncia queste parole proprio sulla sua tomba:

"Anch'io vivrò per ogni momento.
Poi morirò."


"Prepararsi a morire" - "Prepare to Die" come enunciò efficacemente l'enorme campagna di promozione del gioco non era una minaccia, dopotutto. Solo una volta che Kuro, con l'aiuto del sacrificio del Lupo dal braccio solo, è pronto a morire, che è davvero pronto per iniziare a vivere.



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