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Quante volte vi è corso un brivido lunga la schiena nel completare la ricarica dell'arma giusto un istante prima che l'abominio di turno vi mandasse dritti, dritti alla schermata di game over?
Quante volte vi siete sentiti a disagio nell'esplorare una stanza pur apparentemente sicura? Quante volte la lettura di un file di testo reperito nello scenario ha
avuto su di voi conseguenze ansiogene in misura anche maggiore dell'incontro con qualche creatura?
Quante volte, sguarniti di pallottole, avete disperatamente cercato la fuga trascinandovi feriti verso quella porta d'uscita provvidenziale?
Quante volte vi è corso un brivido lunga la schiena nel completare la ricarica dell'arma giusto un istante prima che l'abominio di turno vi mandasse dritti, dritti alla schermata di game over?
Quante volte vi siete sentiti a disagio nell'esplorare una stanza pur apparentemente sicura? Quante volte la lettura di un file di testo reperito nello scenario ha
avuto su di voi conseguenze ansiogene in misura anche maggiore dell'incontro con qualche creatura?
Quante volte, sguarniti di pallottole, avete disperatamente cercato la fuga trascinandovi feriti verso quella porta d'uscita provvidenziale?
Se avete provato tutte queste sensazioni più e più volte, significa che avete conosciuto da tempo l'orrore videoludico e che questa può essere per voi sede di un consapevole confronto tra distinte scuole di pensiero. Se invece non siete avvezzi alle suddette circostanze, sedetevi comodi, ce n'è anche per voi.
Come più o meno noto, il survival horror ha vissuto la sua età dell'oro a partire dal 1996, anno in cui detto genere fu istituzionalizzato e codificato con l'uscita di Resident Evil per poi essere oggetto di revisioni, rideclinazioni, stagnazione ed andare inesorabilmente incontro al declino commerciale.Poi fu Resident Evil 4. Il punto di non ritorno.
O forse no.
Rinnegato dai più integralisti, idolatrato dalle masse e dai progressisti, RE4 è stato innegabilmente uno degli shooter in terza persona più riusciti ed influenti di tutti i tempi, ma appunto uno shooter, geneticamente reo di aver perso tutta quella materia ludica intimamente connessa al disagio e dunque ad una più probabile esposizione dell'utente all'orrore.
Il lento districarsi in una labirintica mappa composta da ambienti claustrofobici, gli stringenti limiti dell'inventario, la pochezza di risorse reperibili nello scenario, addirittura il dover procacciarsi le quantitativamente limitate possibilità di salvare la partita... Tutti questi elementi che hanno per lungo tempo connotato il survival horror e nello specifico il brand Resident Evil, RE4 li cancellò con un colpo di spugna per edificare la sua personalissima visione dell'horror d'azione, una visione fatta più di manico e di riflessi che di testa e problematiche, più di divertimento che di angoscia ma, coerentemente coi suoi intenti, indiscutibilmente riuscita.
Il problema, come spesso accade, è il germogliare di tendenze commerciali che esasperano concept magari molto interessanti e pure sensati per quella certa epoca, fraintendendoli e proseguendoli nella direzione sbagliata: eccoci così, qualche anno dopo RE4, shooter horror in senso pieno, con RE5, shooter solo splatter, manco così bello. Il resto? Decine di TPS facenti uso della sdoganata visuale on shoulder e qualche IP storica perdurata tra i più improbabili e disparati cambi di team, tenori produttivi da serie B e puntuali insuccessi nelle weekly charts.
Tempi di magra per l'orrore videoludico? Non proprio. Solo per coloro i quali non hanno in questi anni saputo rinunciare a produzioni tripla A per abbracciare tutto un movimento reazionario venutosi a sviluppare per la gioia del Gamer nella seconda metà degli anni 2000, un movimento estremamente frammentario ed eterogeneo per intenti di game design, utenze di riferimento e dispiegamento di risorse.
Un movimento che ci proponiamo di analizzare passando in rassegna gli esponenti di alcuni dei più interessanti filoni in materia di orrore videogiocabile.
Il primo titolo che passeremo in rassegna è il capostipite del brand Dead Space. "Come? Una produzione Electronic Arts?" direte voi... Sì, nel 2008 EA investì inaspettatamente molti dollari nel lancio di due IP sperimentali (ed entrambi funestate in lingua italiana dal pessimo doppiaggio della famiglia Argento), Mirror's Edge ed appunto Dead Space.
Pare strano parlare in certi termini di un gioco ormai serializzato, estremamente pubblicizzato, conosciutissimo nel mainstream ed oggetto, in particolare con l'uscita del terzo episodio, di aspre diatribe con riguardo alla sua presunta snaturazione.
Ma tutto questo a noi non deve interessare, non in questa sede perlomeno.
Ci interessa parlare di come Dead Space debutta sul mercato nel 2008, per opera degli EA Redwood Shores poi divenuti Visceral Games, dopo uno sviluppo che lo ha visto nascere in veste di progetto relativamente low budget mosso dall'engine de Il Padrino, per poi tramutarsi pian piano, col sudore del suo staff ed i finanziamenti di EA, in un quasi tripla A, tradito al cospetto dell'occhio esperto solo da una certa obsolescenza tecnica, peraltro del tutto irrilevante alla luce della cifra stilistica e del gusto visivo profuso dal team nell'intera opera.
E ci interessa parlarne perchè non si tratta semplicemente, come spesso superficialmente indicato, di un clone in salsa sci-fi del più volte ivi citato RE4, bensì di una sua sapiente rilettura, attenta a redimerne gli aspetti più controversi, incanalandone le intuizioni in una nuova interessante direzione.
Le evoluzioni della corazza regalano tanta soddisfazione metroidiana... Non c'è dubbio che i Visceral abbiano attinto quà e là pure dal brand Nintendo |
Dead Space è pure come RE4 un horror d'azione ma in una maniera parzialmente diversa, atta a garantire la riviviscenza del feeling di gioco dei survival propriamente detti.
In un'industria mainstream costantemente votata alla semplificazione delle strutture di gioco, attraverso la linearizzazione del level design e lo sfrondamento di features ed implicazioni meccaniche, Dead Space partendo da RE4 opera un processo di complicazione e di inspessimento.
I livelli di gioco, sovente prevedono più di una direzione giusta per avanzare grazie all'occasionale sussistenza di obiettivi multipli sparsi per la mappa. Di guisa che al giocatore è rimesso maggior margine di discrezionalità, possibilità di tracciare la sua personale lista priorità nell'avanzamento e libertà di tornare in una zona precedentemente esplorata per recuperare quelle risorse prima abbandonate perchè di troppo nell'inventario. Consequenziale a quest'ultimo proposito il recupero del sistema dei "bauli magici" residenteviliani.
Esplorando i claustrofobici budelli di Dead Space, complice la narrazione a mezzo audiolog ed un'estetica ed un'atmosfera in più casi tributative del capolavoro di Ken Levine, ci si sente più all'interno di un erede spirituale di System Shock 2 che non di RE4.
"...non si tratta semplicemente, come spesso superficialmente indicato, di un clone in salsa sci-fi del più volte ivi citato RE4, bensì di una sua sapiente rilettura, attenta a redimerne gli aspetti più controversi, incanalandone le intuizioni in una nuova interessante direzione."
Il ridimensionamento degli spazi, spesso davvero stretti, bui ed inospitali, se da un lato facilita la veicolazione del terrore, dall'altra rischia di compromettere seriamente lo spessore dello shooting che in RE4 si dipanava attraverso lo spostamento nei punti di maggior rilievo tattico della sempre stratificata e vasta area di scontro, il controllo degli stessi e conseguentemente della battaglia intera.
I Visceral non poterono perciò limitarsi ad infilare di sana pianta il gunplay di RE4 in uno spazio significativamente più piccolo, dovettero rivederlo in maniera sostanziale, sì da poter concentrare la maggiore quantità e qualità di processi decisionali ed esecutivi possibili.
E' storia che la chiave della riuscita risiedette nel celeberrimo sistema di amputazione sul quale si pesa la prestazione del giocatore e le riflesse possibilità di sopravvivere allo scontro successivo.
Mirare agli arti giusti con le armi giuste non significa solo concludere prima lo scontro, è condicio sine qua non della sopravvivenza stessa, è inoltre requisito richiesto da hard in sù imparare a trattenere più nemici nella medesima linea di tiro attraverso oculati spostamenti ed il furbo utilizzo dei poteri, per colpirne più alla volta con la medesima lama energetica, esplosivo o quant'altro, verosimilmente limitare i danni e risparmiare risorse preziose da reinvestire nello scontro successivo.
Non che le pallottole scarseggino, è persino possibile acquistarne negli shop sparsi per le mappe, ma complice un egregio bilanciamento della sfida, ottimizzare il consumo di risorse è pratica attraverso cui necessariamente passare in molte situazioni.
Le vostre performance migliori saranno anche le più foriere di splatter e ripugnanza... In Dead Space l'orrore si ammazza generando altro orrore. |
Per intenderci, Dead Space ad hard è più difficile di quanto non fosse RE4 ad hard, e nell'ultroneo livello "Impossibile" si scopre presto il repertorio gore riversato dal team nelle animazioni di morte del nostro avatar virtuale. La paura che ogni istante possa essere quello che precederà il game over aumenta esponenzialmente il senso di oppressione complessivo.
Inoltre l'impossibilità di utilizzare medkit mandando in pausa l'azione, la possibilità di eseguire strafe controbilanciata da una mobilità dei nemici ben maggiore di quella a cui ci aveva abituato RE4, lo switch delle armi solo ed esclusivamente in real time, il limite di non oltre quattro ferri addosso per volta, il pericolo di incontri fatali persino nei pressi dei savepoint e previo utilizzo degli stessi, con tutte le implicazioni psico-ludo-tattiche del caso, sono micro-rotture coi canoni residenteviliani che pennellano un quadro d'insieme decisamente più angustiante e logorante.
Questa macabra stanza contienie un save point... Al momento è sicura, ma non lo rimarrà a lungo... |
A Dead Space piacciono davvero tanto le passeggiate gravitazionali ed i giochini prospettici che manco Mario Galaxy... |
Se tutto ciò non bastasse a mettere sotto stress il giocatore, ad abbassarne le resistenze emotive per disarmarlo al primo jump scares o scuoterlo al primo inumano verso udito, Dead Space costringe sovente ad orientarsi in ambienti e/o risolvere puzzle in condizioni estreme come l'assenza di gravità, magari pure di ossigeno, con conseguente timer a scorrere, ansimanti sospiri del nostro avatar a rendere palpabili sofferenza e tensione, il tutto con pure l'irrinunciabile concomitante presenza di nemici.
Tutto vero gameplay, non sezioncine di distrazione che si giocan da sole, QTE o altra roba a cui questa generazione ci ha ahimè abituati e quasi anestetizzati.
Ma soprattutto gameplay inscritto in una cornice audio-visive tra le meglio finalizzate di sempre.
Ma soprattutto gameplay inscritto in una cornice audio-visive tra le meglio finalizzate di sempre.
La Ishimura, l'inferno di fredda latta, putrida carne e copioso sangue che fà da sfondo alle disavventure ed alle esitanti deambulazioni di Isaac Clarke, è già consegnata alla storia e divenuta oggetto di quel reverenziale rispetto riservato solo a Villa Spencer e a Rapture. Impossibile riassumere degnamente in questo sede tutte le ragioni che ne fanno in seno al videoludo un monumento di concept art.
Il sonoro, così stratificato, così incessantemente proiettato a veicolare più rumori di quanti la stanza oggetto di perlustrazione possa contenerne, suggerisce un'estensione dell'ambiente e del pericolo ben maggiore di quella catturata nei fotogrammi di gioco e realmente visionabile, e corrobora impeccabilmente la sensazione di essere soli, piccoli, in uno spazio così immenso ed al contempo così stretto attorno alla corazza che ingabbia il nostro avatar.
Il sonoro, così stratificato, così incessantemente proiettato a veicolare più rumori di quanti la stanza oggetto di perlustrazione possa contenerne, suggerisce un'estensione dell'ambiente e del pericolo ben maggiore di quella catturata nei fotogrammi di gioco e realmente visionabile, e corrobora impeccabilmente la sensazione di essere soli, piccoli, in uno spazio così immenso ed al contempo così stretto attorno alla corazza che ingabbia il nostro avatar.
Dead Space non è il suo gameplay, nè la Ishimura, nè il meticoloso lavoro sonoro che lo caratterizza, è la sinergia perfetta di questi tre elementi, lo sfumare dell'uno nell'altro, una violenta e sconquassante sintesi diretta ai sensi del Gamer, al loro sfiancamento, fino al conseguimento di quello stato di paura misto a ripugnanza che chiamiamo "orrore". Peccato che una fetta di narrazione, quella composta di dialoghi/incontri/scontri tra i pg risulti del tutto inefficace ove addirittura lesiva della sospensione dell'incredulità (quel "Era tutto un piano!" riecheggia ancora nei timpani in tutta la sua tonante banalità).
La narrazione interamente interattiva è sicuramente la strada giusta, ma il modo in cui Visceral l'ha inforcata non sempre convince |
Peccato ancora che il team non abbia spinto ulteriormente sulla cattiveria, optando magari per un sistema di respawn random dei mostri in giro per ogni livellone in scia con System Shock/Bioshock, sì da rendere incerto e rischioso ogni backtrack autonomamente deciso dal giocatore per il recupero di eventuali risorse o riutilizzo di un savepoint/negozio/potenziatore.
Di problemi ce ne sarebbero pure altri (come i gravity jumps spesso fatalmente buggati) ma stare qui ad elencarli non appare edificante alla luce di ciò che Dead Space riesce comunque a rappresentare, ossia un fulgido manifesto di design su come si realizza un horror: d'azione quanto basta per catturare il mainstream, survival e orrorifico a sufficienza per ergersi a vero prosieguo spirituale di Resident Evil, superandone concettualmente quel quarto capitolo di svolta.
Quei buggatissimi gravity jumps... |
Dead Space è un gioco che prende di petto le distanze dalle tante peripatetiche del gameplay che hanno battuto le strade di questa generazione per concedersi con dignità ai neofiti, trascinare all'inferno lo scafato Gamer, e proseguire infine nella migliore direzione auspicabile quel discorso che Capcom già con RE5 non è più parsa capace di portare avanti.
Semplicemente viscerale.
12 Commenti
Gran bell' articolo, DS 1 l' ho recuperato (e completato ad hard) solo recentemente e mi ha stupito perché come evidenzia l'articolo è un progetto completo: non rinuncia a saper spaventare (perchè in alcune sezioni ci riesce appieno, e la tensione, soprattutto nella forma di timore di gameover è sempre altissima), non rinuncia a dell' ottimo action (si gioca, gameplay puro e crudo, ma spesso ragionato in ottica risparmio munizioni e risorse), non rinuncia a enigmi e sezioni in mancanza di ossigeno molto concitate e da patema d'animo, specie quando sono presenti anche nemici in queste sezioni. Il gameplay funziona alla stragrande, le ambientazioni buie e claustrofobiche sono eccezionali, gli audio text log sono interesssanti e approfondiscon io mondo di gioco. Sonoro sempre adatto e coinvolgente. Le vie nimazioni di morte di isaac sono fantastiche e mi sono divertito a vederle tutte (e non mi son dovuto mettere d' impegno a beccarle data la difficoltà del titolo ad hard!). Unica nota stonata? Il carissimo Dario è riuscito a farmi fare due risate laddove invece con un doppiaggio diverso la tensione sarebbe rimasta ai soliti livelli.. non so se è geniale o una porcata immonda, sono più propenso per la seconda però xD Altra pecca, la trama, che parte interessante e verso la fine diventa un pò banale e scontata. Però lode a un titolo che ha saputo unire sapientemente horror, 'sano' disgusto, azione, varietà di armi (ottimo ottimo l' avere per ogni arma il fuoco primario e secondario, è come avere 2 armi anziché una... sta feature io la AMO però dei giochi che conosco è presente raramente, lo è in resistance e pochi altri casi... vorrei la mettessero in ogni fps/tps perchè tatticamente è fantastica, ripenso al tranciatore che in secondario posiziona le mine a tempo che se calcolate bene facevano stragi), varietà di situazioni e atmosfera a pacchi. Uno dei miei titoli preferiti in assoluto, veramente un masterpiece.
RispondiEliminaArticolo nostalgico T.T
RispondiEliminaGiocati tutti i dead space. Il primo resta il mio preferito. Telecamera comoda, bel design, effetti sonori graffianti, bella ambientazione, parti in solitudine e tanta atmosfera. Un re4 potenziato in tutto e per tutto.
Il due pure mi è piaciuto a dir la verità. Certo il protagonista da muto diventa un maledetto iron man con tuta e script tamarrosi, però ha le sue parti emozionanti e in linea con la saga.
Il 3 invece l'ho trovato molto piatto come gioco. L'ho davvero portato a termine con fatica. Un susseguirsi di stanzoni da ripulire che alla lunga stanca. Anche a causa di una linearità eccessiva.
Ringrazio comunque quel fantastico re4. La sua concezione di game design e la sua telecamera particolare, ha profondamente cambiato il modo di concepire un gioco in terza. Quasi il papà di un nuovo genere.
Beh Re4 lo ringrazio anche io insieme a te con nostalgia, all' epoca la rivoluzione perchè di questo si trattava era impressionante, e personalmente dispiace sentire spesso che la colpa del 'declino' del brand di RE spesso venga attribuita a re4 per via della virata action.. perchè nonostante la virata action re4 manteneva in parte i concetti dei vecchi re, magari non gli elementi spiccatamente survival, ma l' horror e l'atmosfera sicuramente, si presentava come un prodotto fresco e pieno di idee interessanti, longevo, con tanta varietà, fantastico enemy design con le plagas, il mio horror preferito su ps2 senza dubbio. Il declino non c'è stato per colpa di re4 ma per la colpa di non esser stati in grado di seguire appieno il percorso indicato da re4 snaturandolo per via dell' odioso tendenza a renderne un prodotto per le masse, con cliché, script, scene esagerate, e morte delle atmosfere horror. Cosa rimane? giochi come re6 che sono parecchio divertenti ma che sono l'ombra di ciò che sarebbero potuti essere. Ma tanto ora capcom ritorna alle origini, per il giovamento dei fan incallti della saga xD
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaVabbè ma i fan meritano ancora legnosità esasperante, omino che gira su se stesso e caricamenti di 3 ore ogni volta che apri una porta XD
EliminaRe dopo il 4 ha semplicemente esagerato con l'azione, l'online e l'effetto cinematografico.
Magari per colpa dei filmacci americani. Infatti re6 è proprio uguale a quello stile.
A te almeno ha divertito. Re6 come tps in generale mi ha fatto proprio schifo. Scomodo, confusionario negli spazi stretti, con QTE a tratti esasperanti e tante altre pagliacciate.
Non sembra neanche un gioco capcom giapponese. Sembra una roba fatta da un team alle prime armi...
Beh si hai colto l' ironia della mia ultima frase xD l' effetto nostalgia è una brutta bestia, un tempo l'omino legnoso e il gameplay semplicistico erano dovuti a limitazioni tecniche, oggi spesso si esagera a osannare quel tipo di gameplay, riproporlo oggi tale e quale sarebbe anacronistico e non se lo filerebbe nessuno per ovvi motivi. Però aspetti come abientazione, atmosfera, quelli rimangono validi e inalterati anche se oggi si gioca un gioco di 7 anni fa o oltre, ed è qui che hanno peccato maggiormente con la saga di Re. Su Dead Space non ho giocato il 3 e tu parli di gioco piatto, probabile che sia la tipica stagnazione di idee che in genere arriva proprio col terzo capitolo di una serie, vedrò che hanno combinato!
EliminaGuarda diciamo che a me ha divertito nonostante le imprecisioni e scomodità tpsistiche, perchè è chiaro che a scivolata è scomodissima, le coperture anche, però ciò che mi ha divertito è che il gioco non si sprecasse ma ti buttasse appresso tantissimi nemici a schermo, e di lì almeno la sensazione di sazietà nell' avere sempre nemici su cui sfogarsi, insomma tanta carne al fuoco. Peccato che per questo aspetto si sia sacrificato il pathos e alla fine il tutto è diventato prevedibile e scontato, la presenza di nemici telefonatissima e addio tensione, attesa spasmodica e quant' altro. Però dai i boss finali di Leon mi hanno divertito, il gioco ha alti e bassi ma è il più longevo della serie quindi non mi sento di bocciarlo in tioto, anzi per me un 7.5/8 meno meno lo merita tutto. Certo siamo lontani da tps quali max payne 3 o binary domain (come gameplay) questo è poco ma sicuro!
E' un pò il concetto che ho espresso nell'articolo. Il problema è stato nell'aver frainteso RE4 prendendone alcuni aspetti e bastardizzandone la visione con altri... RE5 è stato praticamente RE4 con meno inventiva nelle situazioni di gioco, level design più piatto a svilirne le intuizioni gunplayistiche, controlli anacronisticamente non aggiornati (ok, del pari bisognava aggiornare pure la mobilità nemica, ma appunto fatelo per Budda, che i sequel servono a progredire non a ribadire concetti abbondantemente illustrati 4 anni prima), difficoltà più accomodante, un pacco in meno di creatività artistica, zero atmosfera se non nel prologo, tonnellate di strizzate d'occhio al mercato yankee fatte molto male, cadute tecniche che RE4 in proporzione ai tempi non aveva, la rimozione quasi totale di connotati survival rimpiazzati da elementi TPS male implementati (tipo le sezioncine con coperture), alcuni dei boss dal game design più brutto che la saga ricordi (il Wesker nel buio... Bah!!!), dejà vu pure in sto caso peggio degli originali...
RispondiEliminaDead Space ha proprio fatto ciò che avrebbe dovuto fare un'evoluzione di RE4 ed in una maniera pure abbastanza convincente e talvolta divergente (in meglio).
Ottimo articolo, sono d'accordo in tutto tranne sulla presunta somiglianza fra la costruzione dei livelli di DS e quella di System Shock 2. Perché a parte l'ovvia inferiorità (reputo il level design di SS2 fra i migliori, più complessi e meglio costruiti della storia dei VG), io non sono riuscito neanche a vedere tutta questa necessità di backtracking o qualunque accenno di costruzione articolata, anzi era tutto piuttosto semplice, lineare, e quando era necessario fare backtracking era il gioco stesso che ti diceva di farlo. Una delle cose che non mi è piaciuta proprio del gioco.
RispondiEliminaAh, e se nei prossimi speciali dovete parlare di DS, spero che insultiate pesantemente il terzo episodio. Mi dispiace Aku, non ho capito nel tuo marasma di parole quanto ti sia piaciuto Dead Space 3, ma è di gran lunga il gioco peggiore che abbia provato quest'anno, con scelte di game design fuori dal mondo e ripetitivo all'inverosimile.
Il 2 non l'ho ancora toccato, non ho idea di quanto si discosti dal primo ma spero non sia come il 3.
Alt Claudio, quando parlo di feeling a la System Shock 2 mi riferisco ad un risultato complessivo dato dal mix narrazione a mezzo audiolog + setting + level design, non alla singola articolazione dei livelli che da sola non reggerebbe come hai puntualmente osservato.
RispondiEliminaDetto questo, non so a che difficoltà tu abbia giocato, ma talvolta ad hard, e praticamente sempre ad Impossibile, si rimane senza pallottole, da quì la necessita di recuperare risorse magari prima tralasciate per via dell'inventario pieno. O magari arrivi ad una stanza che per essere aperta necessita la spendita di un nodo energetico, per cui magari ci torni dopo perchè al momento i nodi hai preferito investirli tutti in potenziamenti.
Come ho scritto nell'analisi, è vero che il gioco ti indica dove andare e quando backtrackare, ma è altresì vero che in molti livelli con obiettivi multipli te puoi abbondantemente fregartene del tom tom e dare priorità ad un obiettivo anzichè un altro, alla perlustrazione di un piano anzichè un altro.
Insomma, il level design di Dead Space è sicuramente molto, molto, molto, più semplificato e linearizzato di quello di System Shock, ma non è nemmeno l'autostrada dei Resident Evil post-4.
Chiaro che avrei preferito un'impostazione ancora più labirintica e meno guidata stile 1999, ma per quello che si vede oggi è quasi grasso che cola...
Sinceramente l'ho giocato ad hard, è anche se è vero che le risorse sono molto più striminzite, come il gioco richiederebbe, non ho mai avuto l'esigenza di tornare indietro, ne c'è stato un momento in cui io non mi sia sentito in qualche modo guidato. Per dire, nonostante la linearità ci sono state parti di RE4 che ho sentito molto più aperte di DS.
RispondiEliminaPer il resto ho capito cosa vuoi dire, ma se per questo era proprio il setting di SS2 ad essere molto simile a quello di DS, astronave + body horror.
Sìsì. Infatti lo era. Poi certe questioni percettive dipendono molto dalla sensibilità del soggeto che può essere suggestionato ed indotto a certe associazioni mentali piuttosto che ad altre,
RispondiEliminaSì, guidato mi ci son sentito pure io, ma nei limiti del possibile me ne sono infischiato della mappa ed ho girovagato di mia iniziativa. Opzioni di completa disattivazione del percorso tracciato sulla mappa e più obiettivi simultaneamente conseguibili nell'ordine preferito dal player sarebbero stati cosa gradita.
RE4 personalmente l'ho trovato aperto nella mera articolazione del campo di battaglia (e ci sta tutta visto un combat system diverso), ma la progressione è la ricordo decisamente più rigida ed imposta.
Ad ogni la cosa più interessante è proprio lo scambio di vedute, quindi grazie per la partecipazione attiva con commenti ^^
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