WiiU
Il tempo, impietoso ed ineluttabile, sovente si erge a giudice unico e supremo del valore di un'opera.
La sinergia che si viene a creare tra meccaniche e geometrie ambientali denota la solita cura certosina che ci si aspetta da Nintendo, un risultato impensabile per la quasi totalità dei concorrenti salterini a tre dimensioni, ciononostante l'esperienza di gioco come restituita dal titolo nella sua interezza non può a mio avviso mai dirsi pienamente convincente.
Il problema di 3D World è il suo cercare a tutti i costi di appagare le più disparate e pretese “user experience”, ponendosi da prodotto, più che da opera, onnicomprensivo, e per ciò stesso indicato a tutti, ma in fondo, estremizzando, a nessuno.
Esemplificando, i primi stage non vivono di specifiche trovate o situazioni di design che vadano oltre la mera applicazione della grammatica ludica su descritta. Latita l'inventiva per le situazioni, latita pure la sfida e si arriva così, tra gioie e sbadigli, tra gimmick (soffiare nel microfono del gamepad per spostare talune piattaforme, toccare sul touch-screen per attivarne delle altre, ecc.) e distrazioni (i riuscitissimi livelli puzzle di Captain Toad) al quinto e al sesto mondo, dove le cose prendono a farsi interessanti per davvero grazie ad idee finalmente degne e collectibles sovente insidiosi. Mario-Gatto dalla sua pare in molti casi quasi game-breaking talmente ammazza la sfida in tante sezioni.
Alla fine dei mondi “ordinari” il gioco si apre ad una fruizione più prestazionale: si sblocca infatti il cronometro che tiene traccia nei server Nintendo dei tempi registrati dal giocatore nei livelli e che di volta in volta gli affianca i ghosts più vicini alla sua performance, al contempo inizia la scalata ai mondi extra. Da un lato il re-play dei primissimi stage, alla luce del time attack, trasforma quelle che in origine erano passeggiate di salute, in tesissime sfide in cui a farla da padrone è il risk and reward; dall'altro si scoprono negli stage extra nuovi e coloriti modi di invocare l'Altissimo. Mario-Gatto è soggetto anch'esso ad una rilettura in quanto la sua conservazione e sapiente utilizzo costituiscono condicio sine qua non per l'ottimizzazione dei record.
Il risultato di siffatta costruzione è che nelle prime ore di fruizione a divertirsi sono per lo più i casual, nelle ore successive quasi esclusivamente i giocatori di comprovata esperienza. Forse. Sì, perchè i più avveduti tra questi ultimi non potranno fare a meno di lamentare tutta una serie di storture e carenze strutturali: la fraintendibilità delle tre dimensioni, venuta meno la stereoscopia esclusiva del 3DS, riconsegna il titolo al confronto impari con le controparti 2D della serie, i soli, diciamocelo, davvero completamente adatti ed affidabili in un'ottica fruitiva smaccatamente arcade, per quanto imbrigliati in due soli assi dimensionali. Inaccettabile poi che una produzione first party con tali pretese si presenti sul mercato sguarnita di leaderboards e della possibilità di consultare i replay, tutta roba che addirittura indie games oggigiorno implementano.
Non dimentichiamo inoltre che SM3DW vorrebbe essere anche un gioco multiplayer fino a 4 players in coop, il primo Mario 3D ad essere fruibile in compagnia. In questa modalità i fraintendimenti di cui su si moltiplicano esponenzialmente anche solo con un solo partner, in quattro invece la dimensione prestazionale, a meno di avere per vicini di casa (sì, perchè ricordiamolo il multi è esclusivamente in locale) dei pro coi cervelli sincronizzati, è del tutto barattata con una fruizione party.
Andrebbe tutto sommato bene, se non fosse che per implementare il multi, e per rendere dunque il titolo giocabile anche sul d-pad (dove la direzionabilità di Mario e soci è ovviamente limitata ad 8 direzioni) dei wiimote senza eccessive disparità con lo stick del gamepad, Nintendo abbia parzialmente lockato la direzionabilità anche sullo stick. Per dirla all'americana, Mario appare meno responsive e tight quando si tratta di direzionarlo, con tutti i fastidi del caso e palesi disfunzioni nel Mondo Fiore 3, ove si è chiamati a direzionare con precisione chirurgica le fireball di Mario.
In generale si ha un po' troppo spesso la sensazione che questo feel da "2D a tutti i costi" cozzi con dei mondi nei fatti 3D, causa l'appena discusso problema e la telecamera, anch'essa lockata.
Tirando le fila del discorso, non si può non prendere contezza di un ultimo ma rilevante dato fattuale: la mancanza di specificità del target di questo platform, con le spiacevoli incertezze appena esaminate, è tutto sommato sintomatica di un palpabile disagio nei confronti e di Super Mario Galaxy e dei consumatori. In SM3DW ci sono tante piccole idee inserite qua e là ed un core meccanico a ben vedere comunque invidiabile ma è mancata la grande idea, il corrispettivo della tematica gravitazionale e dei livelli sferiformi che fecero sì che che l'intera industria, ancora una volta, si fermasse incredula a contemplare l'avanguardismo di Nintendo in campo platform.
Galaxy a ben vedere, con la relativa semplicità della struttura di gioco che lo caratterizzava, si muoveva sulla carta in un range ben più stretto di consumatori, tendenzialmente gli utenti meno propensi a sfide complesse, di corteggiare gli amanti della prestazione arcade infatti non si curava affatto, all'estremo opposto, non accettò il compromesso del multiplayer a scopo ricreativo, cionondimeno, con le sue peculiarità concettuali, seppe guadagnarsi l'attenzione prima, l'ammirazione poi, di tutti i tipi di giocatore.
SM3DW, disorientato dall'insuccesso commerciale di Wii U, nel tentativo di rilanciare la piattaforma che lo ha ospitato, ha finito col restare ingabbiato in un insoluto conflitto tra aspirazioni del gioco di genere e necessità del prodotto nazionalpopolare.
Alle orecchie dei fans dell'idraulico più affezionati ed indulgenti tutto ciò suonerà forse come una sentenza di condanna, preme allora precisare, a scanso di equivoci, che non ho memoria di un platform 3D che abbia investito la sua grammatica ludica in così tanti ambiti di applicazione, conseguendo per di più i risultati che questo SM3DW consegue e limitando i danni ad una misura mai meno che accettabile.
L'asservimento di una formula a così tante istanze, tutte squisitamente giocose, per quanto con risultati giammai da proverbiale 10 e lode, è un valore aggiunto, storico e sostanziale, non di poco conto in un'annata che non verrà certo ricordata per la devozione al gameplay delle produzioni first party e tripla A.
Il tempo, impietoso ed ineluttabile, sovente si erge a giudice unico e supremo del valore di un'opera.
Difficile dunque allo stato attuale delle cose, anticipare se e come Super Mario 3D World segnerà gli sviluppi della scena platform: tante sono le questioni ludiche che questo progetto affronta, ma nessuna, forse, di particolare rilievo in un frangente storico,
come quello che viviamo, così incentrato sulla ludonarrativa.
Stessimo parlando di un altro titolo in realtà la questione neanche si porrebbe, ma quando oggetto di analisi è un Mario 3D, il primo Mario 3D a debuttare su una neonata (bhè, ormai mica tanto più) console Nintendo, non si può fare a meno di scomodare i massimi sistemi, di approcciarsi al gioco con una certa aspettativa e pure patire la tentazione di elargire condanne o altari.
Le questioni di lana caprina dilagate nei forum su cosa debba essere considerato un "Mario main", sono state solo la proverbiale punta dell'iceberg. Avrei compreso se i Mario home console si fossero ancorati sempre e solo ad una stessa e ben cristalliazzata fisionomia, ma la storia del franchise disattende questa premessa.
Cambiano i tempi, cambiano gli hardware, cambiano le pretese e Mario può essere tutto: l'incipit di nuovo modo di intendere il game design, un terreno di scontro prestazionale, un rifinitore, la rivoluzione del 3D, un fautore del sandbox, il revival del vintage, uno sfidante delle leggi di gravità.
Neanche un anno si diceva è trascorso, ma i mesi passati in compagnia dell'ultima release del celeberrimo idraulico sono stati certamente abbastanza per saggiarne la caratura, le possibilità intrattenitive ed i limiti, anche alla luce delle concomitanti uscite su hardware più prestanti.
Rompiamo gli indugi affrontando dalla questione tecnica.
Nessuno dopo i trascorsi del primo Wii è più intenzionato a torturarsi la retina né a veder mortificate direzioni artistiche evidentemente abbisognanti di ulteriori spinte hardware per esprimersi compiutamente. Ebbene, contrariamente a quanto le prime apparizioni all'E3 del 2013 lasciassero presagire, SM3DW non è un mero add-on in HD di Super Mario 3D Land, ma un titolo capace di spingere al successivo stadio evolutivo la piacevolezza estetica dei mondi cubettosi simil-Lego inaugurati su 3DS.
Granitica la tenuta a schermo: i 60 frames uniti ad una efficace illuminazione, ad un filtro anti-aliasing adeguato, ad un uso del bloom e del depth of field sempre in linea con gli obiettivi artistici fissati, restituiscono un quadro di una pulizia e di una solidità confortante ed aggiungerei estranea a quei titoli per le console “next gen”, sì tecnicamente più avanzati, ma spesso brutalmente downgradati da PC (Thief?), e penso ancora ad altri titoli poggianti su engine datati (Titanfall sul Source, COD: Ghosts sul ID Tech 3) che hanno patito le inesorabili strozzature di performance date dall'implementazione di features grafiche troppo più aggiornate dei framework ospitanti.
Certo, i segni di un tenore produttivo non esattamente da AAA sono ben visibili, a partire da taluni assets riciclati, passando per certe soluzioni un pò cheap (come intere distese d'erba rappresentate da piatte texture slavate), ciononostante SM3DW è, banalmente, un titolo a misura del suo hardware, bene ottimizzato, preparato al discorso artistico che si prepone di intavolare e che non cede mai alla sindrome del vorrei ma non posso.
Prevedibilmente il modesto progresso tecnico di Nintendo non ha assicurato solo una più apprezzabile resa visiva, ma anche e soprattutto un ampliamento dimensionale degli stage, con conseguenze impattanti sul modello di level design ibrido inaugurato su 3DS e perciò su tutto il gameplay.
Mi sia consentito a questo punto un necessario passo indietro.
3D Land, è stato il tentativo di costruire un platform di sintesi tra 2D e 3D, sviluppato attorno ad una successione di piattaforme blocky nello stile, incardinate in binari più o meno allargati, non aridi di deviazioni (per il propedeutico approfondimento si rinvia all'IN-DEPTH di Super Mario 3D Land).
SM3DW si muove ancora in quel solco, ma l'allargamento degli stage ha comportato un radicale ampliamento delle possibilità di lettura e di attraversamento delle sezioni, più margini insomma per il giocatore di pianificare e ritagliarsi le sue personali traiettorie e scorciatoie. La tridimensionalità rende possibile quanto rimasto in parte precluso alla saga Bros, e nonostante la strutturazione più arcade e meno esplorativo-contemplativa di questo titolo rispetto ai precedenti Mario 3D, la consueta elasticità dei controlli, la coerenza della fisica di gioco e la solita poliedricità di un level design mai trincerato in muri invisibili, infondono anche in questi piccoli mondi un po' di quello spirito sandbox deflagrato con Super Mario 64 e pure preservatosi sino ai Galaxy.
Non sorprende che per capitalizzare il più possibile su quanto appena descritto Nintendo abbia in larga parte rivisto le facoltà motorie di Mario: l'inerzia dell'idraulico è in parte rivista, è stato ripristinato lo spin jump, escluso il triplo salto ed aggiunto un boost del tutto inedito, acquistabile dopo alcuni istanti di corsa e conservabile fino ad eventuali urti del pg contro nemici od ostacoli.
La capacità di perdurare in questo ulteriore stato di accellerazione è chiaramente il discrimine maggiore tra il giocatore esperto e quello invece occasionale.
Le peculiarità caratterizzanti gli altri quattro pg giocabili, ben pubblicizzate al tempo da Nintendo, sono note ai più, ragion per cui non starò qui a rielencarle una ad una, limitandomi piuttosto a segnalare come il bilanciamento tra i quattro tenda a favorire taluni anziché altri in molti stage e come Toad, in ragione della sua velocità, sia quello mediamente preferibile dai più scafati, Peach, all'opposto, quella mediamente meno desiderabile. Il tutto risponde chiaramente ad una logica bonus-malus, se Toad offre spesso una marcia in più ai giocatori più precisi e chirurgici nel controllo, Peach con la sua planata presente di default è un po' il salvagente per i neofiti o per chi semplicemente non è interessato alle speed run dei livelli.
In questo contesto si inserisce pure l'indiscusso vero protagonista del gioco, Mario-Gatto, che irrompe nella formula aggiungendo un ulteriore incremento della velocità, la possibilità di scalare e di concatenare al salto un tuffo in picchiata.
come quello che viviamo, così incentrato sulla ludonarrativa.
Stessimo parlando di un altro titolo in realtà la questione neanche si porrebbe, ma quando oggetto di analisi è un Mario 3D, il primo Mario 3D a debuttare su una neonata (bhè, ormai mica tanto più) console Nintendo, non si può fare a meno di scomodare i massimi sistemi, di approcciarsi al gioco con una certa aspettativa e pure patire la tentazione di elargire condanne o altari.
Le questioni di lana caprina dilagate nei forum su cosa debba essere considerato un "Mario main", sono state solo la proverbiale punta dell'iceberg. Avrei compreso se i Mario home console si fossero ancorati sempre e solo ad una stessa e ben cristalliazzata fisionomia, ma la storia del franchise disattende questa premessa.
Cambiano i tempi, cambiano gli hardware, cambiano le pretese e Mario può essere tutto: l'incipit di nuovo modo di intendere il game design, un terreno di scontro prestazionale, un rifinitore, la rivoluzione del 3D, un fautore del sandbox, il revival del vintage, uno sfidante delle leggi di gravità.
Neanche un anno si diceva è trascorso, ma i mesi passati in compagnia dell'ultima release del celeberrimo idraulico sono stati certamente abbastanza per saggiarne la caratura, le possibilità intrattenitive ed i limiti, anche alla luce delle concomitanti uscite su hardware più prestanti.
Rompiamo gli indugi affrontando dalla questione tecnica.
Nessuno dopo i trascorsi del primo Wii è più intenzionato a torturarsi la retina né a veder mortificate direzioni artistiche evidentemente abbisognanti di ulteriori spinte hardware per esprimersi compiutamente. Ebbene, contrariamente a quanto le prime apparizioni all'E3 del 2013 lasciassero presagire, SM3DW non è un mero add-on in HD di Super Mario 3D Land, ma un titolo capace di spingere al successivo stadio evolutivo la piacevolezza estetica dei mondi cubettosi simil-Lego inaugurati su 3DS.
Granitica la tenuta a schermo: i 60 frames uniti ad una efficace illuminazione, ad un filtro anti-aliasing adeguato, ad un uso del bloom e del depth of field sempre in linea con gli obiettivi artistici fissati, restituiscono un quadro di una pulizia e di una solidità confortante ed aggiungerei estranea a quei titoli per le console “next gen”, sì tecnicamente più avanzati, ma spesso brutalmente downgradati da PC (Thief?), e penso ancora ad altri titoli poggianti su engine datati (Titanfall sul Source, COD: Ghosts sul ID Tech 3) che hanno patito le inesorabili strozzature di performance date dall'implementazione di features grafiche troppo più aggiornate dei framework ospitanti.
Certo, i segni di un tenore produttivo non esattamente da AAA sono ben visibili, a partire da taluni assets riciclati, passando per certe soluzioni un pò cheap (come intere distese d'erba rappresentate da piatte texture slavate), ciononostante SM3DW è, banalmente, un titolo a misura del suo hardware, bene ottimizzato, preparato al discorso artistico che si prepone di intavolare e che non cede mai alla sindrome del vorrei ma non posso.
Prevedibilmente il modesto progresso tecnico di Nintendo non ha assicurato solo una più apprezzabile resa visiva, ma anche e soprattutto un ampliamento dimensionale degli stage, con conseguenze impattanti sul modello di level design ibrido inaugurato su 3DS e perciò su tutto il gameplay.
Mi sia consentito a questo punto un necessario passo indietro.
3D Land, è stato il tentativo di costruire un platform di sintesi tra 2D e 3D, sviluppato attorno ad una successione di piattaforme blocky nello stile, incardinate in binari più o meno allargati, non aridi di deviazioni (per il propedeutico approfondimento si rinvia all'IN-DEPTH di Super Mario 3D Land).
SM3DW si muove ancora in quel solco, ma l'allargamento degli stage ha comportato un radicale ampliamento delle possibilità di lettura e di attraversamento delle sezioni, più margini insomma per il giocatore di pianificare e ritagliarsi le sue personali traiettorie e scorciatoie. La tridimensionalità rende possibile quanto rimasto in parte precluso alla saga Bros, e nonostante la strutturazione più arcade e meno esplorativo-contemplativa di questo titolo rispetto ai precedenti Mario 3D, la consueta elasticità dei controlli, la coerenza della fisica di gioco e la solita poliedricità di un level design mai trincerato in muri invisibili, infondono anche in questi piccoli mondi un po' di quello spirito sandbox deflagrato con Super Mario 64 e pure preservatosi sino ai Galaxy.
Non sorprende che per capitalizzare il più possibile su quanto appena descritto Nintendo abbia in larga parte rivisto le facoltà motorie di Mario: l'inerzia dell'idraulico è in parte rivista, è stato ripristinato lo spin jump, escluso il triplo salto ed aggiunto un boost del tutto inedito, acquistabile dopo alcuni istanti di corsa e conservabile fino ad eventuali urti del pg contro nemici od ostacoli.
La capacità di perdurare in questo ulteriore stato di accellerazione è chiaramente il discrimine maggiore tra il giocatore esperto e quello invece occasionale.
In questo contesto si inserisce pure l'indiscusso vero protagonista del gioco, Mario-Gatto, che irrompe nella formula aggiungendo un ulteriore incremento della velocità, la possibilità di scalare e di concatenare al salto un tuffo in picchiata.
La sinergia che si viene a creare tra meccaniche e geometrie ambientali denota la solita cura certosina che ci si aspetta da Nintendo, un risultato impensabile per la quasi totalità dei concorrenti salterini a tre dimensioni, ciononostante l'esperienza di gioco come restituita dal titolo nella sua interezza non può a mio avviso mai dirsi pienamente convincente.
Il problema di 3D World è il suo cercare a tutti i costi di appagare le più disparate e pretese “user experience”, ponendosi da prodotto, più che da opera, onnicomprensivo, e per ciò stesso indicato a tutti, ma in fondo, estremizzando, a nessuno.
Esemplificando, i primi stage non vivono di specifiche trovate o situazioni di design che vadano oltre la mera applicazione della grammatica ludica su descritta. Latita l'inventiva per le situazioni, latita pure la sfida e si arriva così, tra gioie e sbadigli, tra gimmick (soffiare nel microfono del gamepad per spostare talune piattaforme, toccare sul touch-screen per attivarne delle altre, ecc.) e distrazioni (i riuscitissimi livelli puzzle di Captain Toad) al quinto e al sesto mondo, dove le cose prendono a farsi interessanti per davvero grazie ad idee finalmente degne e collectibles sovente insidiosi. Mario-Gatto dalla sua pare in molti casi quasi game-breaking talmente ammazza la sfida in tante sezioni.
Alla fine dei mondi “ordinari” il gioco si apre ad una fruizione più prestazionale: si sblocca infatti il cronometro che tiene traccia nei server Nintendo dei tempi registrati dal giocatore nei livelli e che di volta in volta gli affianca i ghosts più vicini alla sua performance, al contempo inizia la scalata ai mondi extra. Da un lato il re-play dei primissimi stage, alla luce del time attack, trasforma quelle che in origine erano passeggiate di salute, in tesissime sfide in cui a farla da padrone è il risk and reward; dall'altro si scoprono negli stage extra nuovi e coloriti modi di invocare l'Altissimo. Mario-Gatto è soggetto anch'esso ad una rilettura in quanto la sua conservazione e sapiente utilizzo costituiscono condicio sine qua non per l'ottimizzazione dei record.
Il risultato di siffatta costruzione è che nelle prime ore di fruizione a divertirsi sono per lo più i casual, nelle ore successive quasi esclusivamente i giocatori di comprovata esperienza. Forse. Sì, perchè i più avveduti tra questi ultimi non potranno fare a meno di lamentare tutta una serie di storture e carenze strutturali: la fraintendibilità delle tre dimensioni, venuta meno la stereoscopia esclusiva del 3DS, riconsegna il titolo al confronto impari con le controparti 2D della serie, i soli, diciamocelo, davvero completamente adatti ed affidabili in un'ottica fruitiva smaccatamente arcade, per quanto imbrigliati in due soli assi dimensionali. Inaccettabile poi che una produzione first party con tali pretese si presenti sul mercato sguarnita di leaderboards e della possibilità di consultare i replay, tutta roba che addirittura indie games oggigiorno implementano.
Non dimentichiamo inoltre che SM3DW vorrebbe essere anche un gioco multiplayer fino a 4 players in coop, il primo Mario 3D ad essere fruibile in compagnia. In questa modalità i fraintendimenti di cui su si moltiplicano esponenzialmente anche solo con un solo partner, in quattro invece la dimensione prestazionale, a meno di avere per vicini di casa (sì, perchè ricordiamolo il multi è esclusivamente in locale) dei pro coi cervelli sincronizzati, è del tutto barattata con una fruizione party.
Andrebbe tutto sommato bene, se non fosse che per implementare il multi, e per rendere dunque il titolo giocabile anche sul d-pad (dove la direzionabilità di Mario e soci è ovviamente limitata ad 8 direzioni) dei wiimote senza eccessive disparità con lo stick del gamepad, Nintendo abbia parzialmente lockato la direzionabilità anche sullo stick. Per dirla all'americana, Mario appare meno responsive e tight quando si tratta di direzionarlo, con tutti i fastidi del caso e palesi disfunzioni nel Mondo Fiore 3, ove si è chiamati a direzionare con precisione chirurgica le fireball di Mario.
In generale si ha un po' troppo spesso la sensazione che questo feel da "2D a tutti i costi" cozzi con dei mondi nei fatti 3D, causa l'appena discusso problema e la telecamera, anch'essa lockata.
Tirando le fila del discorso, non si può non prendere contezza di un ultimo ma rilevante dato fattuale: la mancanza di specificità del target di questo platform, con le spiacevoli incertezze appena esaminate, è tutto sommato sintomatica di un palpabile disagio nei confronti e di Super Mario Galaxy e dei consumatori. In SM3DW ci sono tante piccole idee inserite qua e là ed un core meccanico a ben vedere comunque invidiabile ma è mancata la grande idea, il corrispettivo della tematica gravitazionale e dei livelli sferiformi che fecero sì che che l'intera industria, ancora una volta, si fermasse incredula a contemplare l'avanguardismo di Nintendo in campo platform.
Galaxy a ben vedere, con la relativa semplicità della struttura di gioco che lo caratterizzava, si muoveva sulla carta in un range ben più stretto di consumatori, tendenzialmente gli utenti meno propensi a sfide complesse, di corteggiare gli amanti della prestazione arcade infatti non si curava affatto, all'estremo opposto, non accettò il compromesso del multiplayer a scopo ricreativo, cionondimeno, con le sue peculiarità concettuali, seppe guadagnarsi l'attenzione prima, l'ammirazione poi, di tutti i tipi di giocatore.
Alle orecchie dei fans dell'idraulico più affezionati ed indulgenti tutto ciò suonerà forse come una sentenza di condanna, preme allora precisare, a scanso di equivoci, che non ho memoria di un platform 3D che abbia investito la sua grammatica ludica in così tanti ambiti di applicazione, conseguendo per di più i risultati che questo SM3DW consegue e limitando i danni ad una misura mai meno che accettabile.
L'asservimento di una formula a così tante istanze, tutte squisitamente giocose, per quanto con risultati giammai da proverbiale 10 e lode, è un valore aggiunto, storico e sostanziale, non di poco conto in un'annata che non verrà certo ricordata per la devozione al gameplay delle produzioni first party e tripla A.
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