RECENSIONE - Thief : il reboot dalla doppia ombra

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Questo reboot di Thief mi ha fatto riflettere e penare per quasi tutte le 30 ore di gioco passate sopra. È un videogame che ti mette in difficoltà. Così come ti mette in difficoltà parlare di reboot, visto che i pretesti narrativi tutto sembrano tranne che un restart completo dell’opera. C’è un certo Garret, il popolo conosce le sue gesta, viene soprannominato ladro
supremo. Eppure sembra una storia già vissuta, con un background che dà per scontato che il giocatore conosca già ogni sua minima sfaccettatura. Al neofita e al fan però lascia solo una narrativa senza grande spessore, talvolta poco chiara, che non sfrutta minimamente l’occasione e la tecnologia attuale per sfornare qualcosa che sia veramente un reboot di un classico in epoca moderna.

È anche vero che prendere un Thief per la storia è la cosa più sbagliata in assoluto. Il gioco progettato da Eidos Entertainment resta fortunatamente uno stealth game puro, come non se ne vedeva da tempo, dall’anima poligonale oscura, dall’atmosfera opprimente, con la solita ambientazione ben ricreata a metà fra il medievale fantasy e lo steampunk.


Il prologo spiega in modo chiaro tutta l’ossatura stealth. Bisogna fare affidamento sulle ombre proprio come in passato, in una sorta di Splinter Cell in prima persona, senza aiuti visivi che possano aiutare, a patto però che il giocatore setti la luminosità in modo adeguato. La prima cosa che salta all’occhio è la mancanza del salto. Garret può effettuare uno scatto in avanti fulmineo di almeno due metri, può scavalcare solo determinate sporgenze, può abbassarsi e può rubare tutto quello che l’ambiente offre, ma quello che gli manca è una buona dose di interpretazione del level design. Il primo impatto è molto ‘’FREE’’, molto Dishonored, molto libero. Ma basta poco per rendersi conto che quella messa in piedi dagli sviluppatori è una grossa gabbia strutturata su due piani, con un sistema di parkour che prende spunto niente di meno che dal fantastico e sbagliatissimo Assassino di Ubisoft, con salti e arrampicate totalmente automatizzate.


Sia chiaro però, nell’economia di gioco questo sistema funziona, è agevole e fa sentire le sue pecche solo in alcuni frangenti, soprattutto in città, ma è chiaro purtroppo il suo eccessivo snellimento per avvicinarsi e assicurarsi l’attenzione nei confronti del pubblico attuale. La cosa ironica è che i giocatori si sono comunque trovati in difficoltà con questo level design pre-impostato, e questo nonostante una modalità concentrazione che evidenzia ogni appiglio interattivo e tutta una serie di indicatori di posizione attivabili a piacimento nelle opzioni.

Sia chiaro però, nell’economia di gioco questo sistema funziona, è agevole e fa sentire le sue pecche soprattutto in città, ma è chiaro purtroppo il suo eccessivo snellimento causa avvicinamento e attenzione nei confronti del pubblico attuale. La cosa ironica è che i giocatori si sono comunque trovati in difficoltà con questo level design pre-impostato, e questo nonostante una modalità concentrazione che evidenzia ogni appiglio interattivo e tutta una serie di indicatori di posizione attivabili a piacimento nelle opzioni.

Da un lato però bisogna dire che la mappatura della parte “free roaming” cerca in molti modi di ostacolare una buona fruizione da parte del giocatore. La città è divisa in distretti, ma il passaggio tra l’uno e l’altro è costantemente spezzato da caricamenti e animazioni di apertura ripetitivi e animati con furbi espedienti che non si vedevano da una decina di anni. Durante la main quest ci viene sempre indicata la strada tramite un indicatore, ma una volta finita la missione devi cercarti da solo il punto di accesso rendendo quindi il replay mission più frustrante del solito. Le location secondarie sono tante, ma la mappa consultabile non ne tiene traccia una volta scoperte, soprattutto nelle zone che collegano i distretti fra loro. Tutti continui paradossi che male fanno sia al level design stesso che al giocatore, incastrato in un meccanismo di interazioni lineare ma allo stesso tempo logorroico e inspiegabilmente poco indicativo durante le fasi scoperta dei tesori. Sarebbe stato molto più comodo inserire qualche viaggio rapido a fine partita, o magari qualche icona in più sulla mappa, almeno per quanto riguarda l’accesso alle missioni principali, le 6 commissioni e i vari punti di caricamento tra le varie zone. Tanto la longevità del titolo nel suo insieme si attesta su ottimi livelli, quindi non era necessario diluire il tutto con continue camminate alla ricerca del punto d’accesso desiderato.

Le cose vanno decisamente meglio durante le missioni principali, vero punto forte della produzione. I livelli si presentano più ampi e con maggiori possibilità offerte al giocatore in termini di approccio. Ogni stanzone offre sempre un paio di vie da seguire, e il buon posizionamento dei nemici regala sempre il giusto grado di sfida e pianificazione, seppur inferiore rispetto ai capitoli scorsi.
 
Il sistema di occultamento funziona. Restare in luoghi oscuri è la via principale per il successo, ma non è mai sicura al 100% quando un nemico passa vicinissimo a noi. Attraverso dei suoni ben riconoscibili riusciamo ad avvertire il loro grado di sospetto ed eventualmente allontanarci velocemente verso una copertura o una zona d’ombra. In nostro aiuto viene l’utilissimo scatto furtivo, vera e propria salvezza in moltissime occasioni del gioco. Grazie ad esso possiamo superare senza destare troppi sospetti anche una zona di luce che separa due zone d’ombra, o magari raggiungere più velocemente le spalle di un nemico e rubare tutto il suo bottino.


Scattare ovviamente non è l’unico metodo per salvarsi la pelle. Attraverso il menù abbiamo accesso a tutta una serie di frecce speciali per il nostro arco. Se c’è una torcia possiamo spegnerla con le nostre frecce d’acqua, se c’è un interruttore oppure una bottiglia possiamo distruggerla per creare un diversivo, se si vuole superare in fretta una zona con molti nemici raggruppati possiamo comprare una costosa freccia esplosiva e far saltare in aria dei nemici in lontananza. Non male anche le saltuarie trappole letali incastrate nel level design. Una freccia ben assestata su una struttura in legno situata in alto può rivelarsi letale per un nemico di passaggio proprio in quel punto.

Utilissimo invece il sistema di scassinamento. Con la rotazione della levetta bisognerà cercare il punto esatto e sbloccare una parte della serratura, con una difficoltà e tempo richiesto variabile. Ben fatto anche il sistema di coperture e la possibilità di guardare attraverso lo spioncino della porta, feature inserite con criterio e mai fini a sé stesse. Ho apprezzato anche l’utilità dei documenti sparsi in giro per il mondo di gioco. Leggerli è fondamentale per scoprire la combinazione esatta di una cassaforte ad esempio, e non sono mai eccessivamente lunghi e noiosi da leggere.
Queste missioni inoltre hanno una doppia longevità. Seguire solo l’obiettivo principale può far arrivare i titoli di coda anche dopo sei-sette ore di gioco, con una struttura di gioco lineare e abbastanza semplice da gestire per chiunque. Ben diverse le cose se si cerca di rubare ed esplorare tutti i segreti che offre il titolo. Arrivano quindi combinazioni per casseforti da cercare, enigmi che nascondo tesori importanti e tutta una serie di oggetti e strade segrete che aumentano notevolmente la voglia di esplorazione e longevità stessa della missione, con annessa gratificazione per l’obiettivo raggiunto senza destare sospetti.

Doppia faccia anche per quanto riguarda la difficoltà. In aiuto dei giocatori più temerai c’è una difficoltà denominata “personalizzata” che presenta alcuni malus interessanti per aumentare il senso di sfida dell’intera esperienza. C’è l’immancabile no alert che mette il game over dopo essere stati avvistati, oppure il no damage che rende essenziale l’azione stealth visto che qualsiasi ferita inferta può costare il fine partita. Buonissima anche la disattivazione della concentrazione e di tanti altri piccoli elementi che aiutano non poco l’esperienza con questo capitolo di Thief e della sua corretta fruizione in termini di gameplay, valorizzando l’ossatura stealth eliminando tutte quelle funzioni che non servono poi a molto in una run fatta completamente tenendo un basso profilo.


Il combat system in caso di allerta presenta una struttura simile ad Assassin’s Creed, quindi con la necessità di schivare al momento giusto tramite un singolo pulsante e un pulsante unico per attaccare. Un sistema bruttino reso decisamente più difficile a causa dell’impossibilità di parare e di una life bar svuotabile con una manciata di colpi ben assestati. Affrontare più di un nemico alla volta è morte certa nella maggior parte dei casi.

Parlando di emozioni, direi che questo Thief offre una campagna decisamente forte nell’atmosfera e ricca di tante citazioni e omaggi per i nostalgici. Inaspettato anche il livello interamente orientato sul jumpscare, talvolta abusato, ma decisamente riuscito nell’art/sound design. Presenti alcune sequenze scriptate fatte di guidatissime corse al cardiopalma mentre tutto crolla e piccolissimi inseguimenti, ma per fortuna sono pochissime e non snaturano assolutamente il gameplay puro della produzione.

Oltre a questa campagna tutto sommato apprezzabile possiamo anche imbatterci in una serie di incarichi secondari sbloccabili attraverso determinati personaggi presenti nell’oscura città. Il guastafeste Basso ci assegnerà ben 25 incarichi secondari in cui bisognerà rubare e scoprire alcuni segreti presenti unicamente tra le strade più nascoste. Presenti anche alcuni mercanti che ci venderanno munizioni speciali per lo nostre frecce, power up delle abilità e punti speciali che andranno ad aumentare altre caratteristiche uniche del personaggio. Più longeve e interessanti invece le sei commissioni disponibili, vere e proprie mini missioni simili alla storia principale, ma decisamente più contenute nella vastità e nei segreti scovabili. Attività collaterali che spingono molto sull’attività del “rubare” che dà il nome al titolo e utili per esplorare un po’ più a fondo il level design di una città che a causa di piccole dimenticanze si dilunga un po’ troppo nei caricamenti e nella poca chiarezza strutturale durante un secondo giro. A completare il quadro ci pensa una gestione del riepilogo di fine missione preso a piene mani da Splinter Cell Blacklist, che da una valutazione di tre tipi in base al nostro operato, e una modalità sfida composta da una manciata di mappe in cui dobbiamo, ad esempio, rubare tutto il bottino entro un tempo limite assegnato, al termine del quale si fermerà il moltiplicatore dei punti.

Tecnicamente parlando il lavoro svolto è di buon livello. La versione next-gen da me testata offre modelli poligonali ottimi e tutta una serie di effetti davvero riusciti, soprattutto per quanto riguarda fuoco e particellari. Ancora un po’ statici i volti e le animazioni in generale, e qui si vede ancora la natura di gioco ancora a cavallo tra le due generazioni. L’aspetto più convincente resta l’art design, impreziosito da una buona cura e fedeltà ambientale, con un’illuminazione che riesce da sola a donare la giusta atmosfera e credibilità a schermo. Fastidiosi solo gli eccessivi caricamenti tra le varie zone principali in città e alcuni piccoli e sporadici bug nella ronda e nelle animazioni delle guardie. Avrei preferito anche una maggiore distruttibilità ambientale, in particolare per quanto riguarda le fonti di luce. Fa storcere un po’ il naso vedere un gioco dall’impronta così realistica e basata sull’oscurità, che non ti dà la possibilità di distruggere una lampadina.

Molto buona anche la colonna sonora, che accompagna benissimo i nostri furti a schermo, ma l’aspetto sonoro del gioco sorprende soprattutto nella qualità degli effetti ambientali. Il doppiaggio italiano invece presenta alti e bassi vistosi, con solo alcune voci azzeccate e una certa ripetitività nei dialoghi fra le guardie.

Questo nuovo inizio di Thief è indubbiamente un gradito ritorno, ma anche un gioco dalla doppia e controversa anima. Se Dishonored prende, espande e rende ancora più libera una struttura ludica che ha fatto scuola, Thief la linearizza e automatizza nella speranza di riuscire a vendere al grande pubblico. Una nuova partenza che va a colpire solo dove gli conviene, con alcune sviste e paradossi nella sezione da finto free roaming già espressa in queste righe.

C’è una buona cura riposta nell’atmosfera e nella qualità visiva generale e una base contenutistica davvero apprezzabile se confrontata con gli standard attuali. Limando alcuni particolari ed espandendo un po’ di più la sua struttura libera, Thief in futuro potrebbe lasciare molto di più ai giocatori. Uno stealth puro ancora più solido, che dà al giocatore la reale possibilità di interpretare a proprio piacimento tutta la sua verticalità. Una nuova chance per prendersi la rivincita nei confronti di un allievo che supera il maestro con astuzia grazie ad un sistema di gioco molto più vario e libero, seppur meno longevo e decisamente più personalizzabile nello stile di gioco. Quel Dishonored che oggi molti ignoranti scambiano per “l’ispiratore di Thief”, quando invece è l’esatto contrario.

In ogni caso, bentornato Thief!


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