The Legend of Zelda: Breath of the Wild – fra le ombre dei monti e il fumo dei casolari

Torna, ancora una volta, sulle pagine di GMC, il nostro saggista e filologo preferito: Francesco Toniolo. In questa occasione propizia ci racconta, o meglio ci narra, dell'indimenticabile ombra che Zelda: Breath of the Wild ha gettato sulla stessa sua serie, una malinconia decisamente suggestiva e romantica, che si insinua nel gamer lentamente, e che scava, a suon di tramonti che spezzano il fiato, creazione di suggestioni uniche.

 
   


Vale talvolta la pena soffermarsi su alcuni piccoli e specifici aspetti di un’opera, se questi possono offrire qualche spunto interessante. Nel presente caso si parte da un paio di minuti, anche banali se si vuole, elementi di The Legend of Zelda: Breath of the Wild: l’ombra proiettata dai monti e il fumo che si innalza talvolta verso il cielo, a indicare una presenza potenzialmente amichevole in quella direzione.
Due elementi, questi, che sono anche presenti in quello che è forse uno dei versi più rappresentativi, in tutta la storia della letteratura mondiale, della malinconica sensazione che giunge all’avanzare della sera. La conclusione della prima ecloga delle virgiliane Bucoliche (vv. 82–83), in cui il vecchio pastore Titiro invita – invano – l’altrettanto anziano Melibeo a rimandare la partenza, e rimanere con lui per quella notte, perché già la sera avanza:

Et iam summa procul villarum culmina fumant,

maioresque cadunt altis de montis umbrae.

Cioè, secondo la traduzione di Luca Canali:

E già lontano fumano i tetti dei casolari


e più lunghe dall’alto dei monti discendono le ombre.

Si preannuncia una buia notte agreste, in cui il fuoco può illuminare gli interni dei casolari, ma nell’esterno l’oscurità avvolge tutto. Resteranno riconoscibili, vagamente, solo il fumo dei comignoli e il buio profilo dei monti, perché entrambi si stagliano contro le fredde stelle. Questi due elementi, unici riconoscibili nella notte imminente, definiscono qui la sera, il tramonto, in funzione anticipatoria. Ecco allora il senso di questo invito, a evitare un viaggio nel buio, per fermarsi a mangiare «mitia poma, / castaneae molles, et pressi copia lactis» (vv. 80–81), cioè «frutti maturi, tenere castagne e latte rappreso in abbondanza», sempre seguendo la traduzione di Canali. Versi che riecheggiano Teocrito e che contribuiscono a questo invito alla sosta.
Un invito, però, non accolto, che si perde come una voce nel nulla, si dissolve nelle crescenti tenebre della sera. Il pastore Melibeo si allontana, abbandona la sua patria, per i motivi accennati in precedenza nell’ecloga. Deve abbandonare i «dolci campi» (v. 3), forse destinati a un «empio soldato» (v. 70), per lui si spezza in qualche modo l’idillio pastorale in cui Titiro è riuscito a restare per un intervento dall’alto. C’è qui il senso della fine di un mondo, che non coinvolge tutti, ma che si rivela drammatica per coloro che la subiscono.
I campi sottratti sono la fine dell’Arcadia, la fine del mito bucolico e pastorale, in un certo senso. La fine di una vita pacifica e parca, a contatto con una natura benevola, in cui i pastori vivono felici occupandosi di tranquille mansioni.





Tornando alla Hyrule di Breath of the Wild, il confronto tematico scaturito da queste due immagini è già forse evidente. Questo è un The Legend of Zelda in cui Link e la principessa Zelda hanno fallito: cento anni prima degli eventi presentati nel videogioco Ganon ha sostanzialmente vinto. È stato contenuto, ma il suo influsso ha devastato e plasmato il territorio. Un territorio, quello di Hyrule, che da sempre è un’Arcadia fantasy, un regno del mito dominato dalla natura, che si esprime per esempio attraverso i suoi floridi boschi, e dove gli abitanti seguono i ritmi di una vita “pastorale”, anche quando propriamente pastori non sono.
La vittoria di Ganon è l’elemento che si insinua nella pacifica “Arcadia”, che la smembra, che segna la fine di un’epoca. Alcune zone sono colpite solo marginalmente dalla calamità (come il villaggio Finterra), proprio come alcuni virgiliani pastori (Titiro) sfuggono alla sottrazione delle terre, ma intorno al castello di Hyrule e in altri ambienti regnano la rovina e la distruzione.
È una Hyrule più che mai al crepuscolo, quella di Breath of the Wild. Il termine, nell’immediato, viene forse meglio accostato a un altro The Legend of Zelda, quel Twilight Princess che è crepuscolare fin dal titolo, ma che non possiede lo stesso senso malinconico di “crepuscolo”. Anche lì il regno di Hyrule attraversa un momento umbratile, ma questo viene evitato dall’intervento di Link. In Breath of the Wild, invece, il crepuscolo è già calato. 



È possibile far anche una breve incursione pittorica, a proposito di questo senso della fine che si insinua in un idillio agreste. Vi è un quadro del Guercino, Et in Arcadia Ego (1618 circa), con due pastori alla sera, dinnanzi a un muretto con sopra un teschio. La morte giunge anche nell’Arcadia, e forse per l’Arcadia, così come sembra qui avvicinarsi in Hyrule e per Hyrule.
In un simile contesto i due piccoli elementi sopra citati possono apparire come indizi dell’ambito generale. Scendono le ombre, in parte già sono scese, si allungano, ma nel buio della notte qualcosa è ancora riconoscibile, al pari del fumo dei casolari: la confortante presenza di individui che ancora vogliono collaborare per arrestare la calamità.

Osservare l’ombra dei monti che si allunga è un’esperienza in qualche modo nostalgica, perché mostra concretamente la fine ormai prossima della giornata, e già si ha nostalgia del sole, che pure ancora non è del tutto scomparso. Nella realtà, però, una simile esperienza richiede di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, e di avere una certa pazienza. Condizione ideale è l’alta montagna verso sera, quando i turisti del giorno sono già scesi a valle e si rimane isolati nel vasto silenzio del luogo, con le vette circostanti che proiettano un’ombra sempre più lunga. Il videogioco è un accessibile surrogato, a disposizione di tutti, in cui le ore si condensano in minuti, ed è semplice portarsi fra le alte vette e osservare la loro ombra. Sono state persino inserite un paio di missioni secondarie legate a questo aspetto. 



Come accennato, in questo elemento si ritrova un senso indefinito di nostalgia, accresciuto dalla vaghezza della sensazione e dall’immaginario. L’ombra che avanza, concretamente visibile, e che conduce al freddo (ed è il freddo della montagna, ancor più intenso) e al buio della notte. Il valore simbolico è connaturato alla situazione, quasi intrinseco.
Le ombre dei monti, dunque, più o meno involontariamente si ricollegano al senso della fine che incombe su Hyrule. Al loro fianco si trovano però anche i già citati tetti fumanti (o falò), indicatori di presenze amichevoli e, sempre simbolicamente, di ciò che resiste nella “notte”, di chi vedrà forse la “nuova alba”. Quel “piccolo resto” (per spostarci un momento a un linguaggio biblico) sopravvissuto, che porterà la salvezza. Nel freddo della notte viene allora da stringersi, concretamente e simbolicamente, intorno a chi è sopravvissuto allo sfacelo e ancora porta avanti il suo mondo. È una possibilità, non tutti la accettano, proprio come Melibeo ha rifiutato infine l’invito di Titiro a fermarsi con lui, per partire nella notte.

Link, in quanto eroe, è destinato infine a portare una nuova speranza, a non fuggire nella notte (per quanto, contro la sua volontà, sia rimasto occultato per cento anni, lontano dagli eventi del mondo). Prima che finisca il gioco, però, il videogiocatore può anche concedersi più e più volte il ‘lusso’ della scelta. Talvolta accoglierà l’invito del “Titiro” di turno, fermandosi presso qualche luogo sicuro al calar del sole, e talvolta lanciandosi volutamente all’esplorazione dei luoghi più selvaggi di Hyrule, lontani dal consorzio umano, dove nessuno offrirà a Link «castaneae molles, et pressi copia lactis». Sono, del resto, tutte e due delle situazioni che meritano di essere sperimentate, almeno nella surrogata dimensione videoludica: il solitario abbandono al crepuscolo e la fuga da esso.

F.Toniolo


- Segnaliamo, per affrontare con maggiore completezza possibile questa affascinante tematica «di boschi e tramonti» anche questo splendido articolo apparso su Nintendon.it e sempre dell'ottimo Francesco Toniolo

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