TEKKEN 4 - Siamo sicuri di averlo capito?

Diamo il benvenuto sul GMC-Universe ;) ad Erik, un nuovo collaboratore di talento ed amico. Per il suo esordio su questa piccola ma volenterosa piattaforma Erik ha deciso di scrivere qualcosa di decisamente diverso per Tekken 4. Un gioco che forse, in ultima istanza, non fu esattamente capito da critica e pubblico quando venne pubblicato. Non è la prima volta che accade del resto, nel vasto mondo dei videogiochi. Come sempre GMC offre la possibilità di fornire una valida retrospettiva per giochi sfortunati o poco considerati, specialmente da chi conosce il gioco e la serie d'appartenenza, con terminologie ed annessi. Nella nostra missione non-stop di divulgazione e discussione, non ci pare poca cosa.
A voi Gamer.


Nel 2001 i picchiaduro allo zenit della popolarità e Tekken erano il fiore all’occhiello in casa Namco, che fin dalla sua fondazione si era strutturata nelle arcade e produceva titoli allo stato dell’arte per quel mercato. L'azienda nipponica aveva distrutto i rivali con Tekken 3 e Tekken Tag Tournament, costringendo ai margini prodotti meno riusciti, come Virtua Fighter 3, o capolavori assoluti quali Street Fighter 3: 3rd Strike e Garou: Mark of the Wolves. Va da sé che la messa sul mercato di un Tekken in quegli anni fosse un evento comparabile a quello di un GTA o un first party Sony odierno, specie tenendo a mente l’incidenza della pirateria europea nel calcolo della diffusione effettiva di copie di gioco su console. Se nel vecchio continente le sale giochi erano già entrate in una spirale di declino inesorabile, in Giappone e nelle Americhe la loro importanza in termini di introiti sarebbe rimasta fondamentale per lo sviluppo della serie per lungo tempo ancora. Questa premessa dovrebbe essere sufficiente a spiegare come i valori di produzione della serie si siano drasticamente ridotti rispetto ad allora, ma soprattutto è utile a immaginare quali aspettative avessero generato un tonfo di tale clamore. Questo Tekken era il prodotto di un’era diversa: non esisteva il concetto di e-sports e l’EVO (popolare kermesse di picchiaduro che offre diversi tornei di beu a livello mondiale nda) era solo agli albori. Namco non poteva aver compreso appieno le ragioni retrostanti al successo di Tekken Tag Tournament, non ne aveva i mezzi: le piccole modifiche all’impianto del terzo episodio ne espansero inconsapevolmente il valore strategico e ne nacque una notevole profondita’, che funse da base per Tekken 5 e tutti i successivi episodi. Gli sviluppatori ritenevano che per il successo della serie fosse invece piu’ importante implementare nuove idee, usare al meglio la tecnologia a loro disposizione e che se lo avessero fatto con minuzia e amore, la fanbase li avrebbe capiti e abbracciato la nuova filosofia. Purtroppo si sbagliarono.

Tekken 4 fu il secondo capitolo a essere programmato su hardware Sony e i miglioramenti tecnici rispetto al predecessore furono lapalissiani. Katsuhiro Harada sottolineo’ come nel Tag avessero addirittura modellato la struttura ossea della mascella e i denti dei personaggi, sprecando moltissimi poligoni, mentre con Tekken 4 riuscirono a fare un uso piu’ intelligente della potenza di calcolo del processore, distruibuendo il polycount con maggiore razionalita’ anche sui fondali che mai sono stati (o saranno…) così interattivi. Purtroppo il fastidiosissimo effetto aliasing tipico dell’architettura della Playstation 2 non risparmiò l’ultima fatica Namco in arcade (problema risolto poi nella versione console grazie ad un filtro AA): le famigerate scalette o “jaggy angles” come chiamate oltremanica, ne peggiorarono notevolmente la resa a schermo e delusero non pochi giocatori, i quali addirittura lamentarono mal di testa, fastidi alla vista e impossibilita’ di giocarci per lunghi periodi. La delusione del pubblico fu pero’ soprattutto dettata da una serie di scelte divisive: dal taglio di un terzo del roster alla revisione quasi totale del sistema di combattimento. Queste controversie furono capitalizzate da Virtua Fighter 4 a un solo mese di distanza, uno dei migliori fighting games di sempre. Se Tekken 4 aveva cercato di fare suoi quei cambiamenti che il rivale aveva apportato alla formula con il terzo capitolo e aggiungendo qualcosa di proprio, VF4 volle diventare per la prima volta un titolo di volonta’ esclusivamente competitive: pochissimi personaggi, meccaniche ambientali rimosse, grandissima enfasi sul bilanciamento e la differenziazione di ogni singolo elemento del roster caratterizzavano l’opera d’arte disegnata da AM2.


Se Namco con Tekken 4 ha cercato di evolvere la serie verso una nuova direzione, Yu Suzuki ha preso tutto cio’ di buono che aveva fatto in passato, potenziato tali caratteristiche ed eliminato tutto cio' che non funzionava. I risultati di rendimento in arcade furono nettamente a favore di SEGA e solo 4 anni dopo Namco avrebbe ripreso lo scettro del comando. Sebbene I Tekken di allora non avessero mai goduto di buon bilanciamento, Tekken Tag offriva spunti competitivi di valore nettamente superiore: la semplicità di stage privi di muri, ostacoli e rialzi non scopriva il fianco del titolo a glitch come combo o tech traps infinite. Le modifiche al movimento resero il backdash meno agevole, anche i launcher vennero nettamente depotenziati e cosi’ le punizioni: nella mente degli sviluppatori I giocatori si sarebbero concentrati sul poking a scapito del posizionamento e sulla provocazione di colpi a vuoto. L’obiettivo era la ricerca di una transizione del modello arcade verso una rappresentazione di lotta piu’ verosimile. Non solo i fan non abbracciarono un cambiamento cosi’ radicale delle caratteristiche che avevano reso la serie fra le piu’ famose nel globo, ma criticarono aspramente la scarsa perizia con la quale Namco ne bilancio’ le proprie scelte.


Se nelle finali dell’EVO del 2003 le top 8 di tutti I picchiaduro più famosi erano composte da personaggi di ogni tipo, per Tekken 4 risultava onnipresente Jin Kazama. Per via del ritorno sulle scene di Kazuya, Namco decise di ricostruire interamente lo stile di lotta di Jin, poser boy inizalmente pensato proprio come rimpiazzo del padre, e riuscirono nell’impresa di sbagliare tutto: vantaggi di frames immotivati, parry incredibile e soprattutto un just frame imparabile che rimuoveva qualsiasi utilita’ di rischiare colpi bassi. I combattimenti erano noiosi e ripetitivi, ad appannaggio quasi esclusivo di un unico personaggio dominante. Tekken 4 è fra le produzioni di più elevato spessore tecnologico disponibili Playstation 2, ma la critica non lo accolse positivamente e non per i motivi sopra descritti. Le innovazioni introdotte furono affiancate dall’immancabile Tekken Force e da una modalità storia di qualità di scrittura inaudita per gli standard del genere, frutto di una collaborazione con uno sceneggiatore esterno alla compagnia: il carattere di Paul, Lee, Bryan e gli altri partecipanti non è mai stato e non sarà più così delineato, umano e credibile.
Furono cestinati i vecchi finali in computer grafica, sostituiti da lunghe cutscene parlate costituite con il motore di gioco e vennero inserite introduzioni narrate del passato dei personaggi. Nessuna delle innovazioni venne citata con il peso adeguato e addirittura i cambiamenti intrinsechi al gameplay furono totalmente ignorati: “Troppo simile al predecessore, quasi senza ispirazione.” tuonarono in serie testate del calibro di Edge e Gamespot! Verrebbe da chiedersi a che gioco avessero giocato. “Manca la modalita tag” scrissero altri guru della critica mondiale, come se inserire più personaggi a schermo fosse un’inezia non richiedente una modifica strutturale del motore di gioco. Nessuno citò i problemi di bilanciamento, degli stage e i profondi cambiamenti alla formula che avevano infastidito I fan di vecchia data, il responso del giornalismo videoludico fu un tripudio di incompetenza, mancanza di ricerca e di passione per il genere (decisamente nda).




Un altro neo era tuttavia riscontrabile nella mancanza di una “world tour mode”, tradizione iniziata da Street Fighter a fine anni 90 e potenziata prima da VF4 (Kumite) e poi Soul Calibur 2 (Swordmaster). In mancanza di una modalità di rete su console, tali opzioni garantivano ore ed ore di divertimento e risultarono molto apprezzate dai fan grazie alla notevole immersione rispetto a una semplice sequela di incontri alla ricerca del Boss, come da arcade mode tradizionale. Il Tekken Team realizzò il proprio errore e si rifece con una modalità simile ancora in Tekken 5 e mai più abbandonata. Tekken 4 raggiunse le 4 milioni di copie grazie alla forza del marchio, un discreto risultato ma allo stesso tempo un notevole passo per il passato della serie. Il suo rendimento deludente fu una delle ragioni che portarono Namco a fondersi con Bandai e il resto è storia.
Tekken oggi è affidato interamente a Micheal Murray e Katsuhiro Harada, i quali hanno progettato l’ultimo capitolo nell’ottica di sfruttamento degli e-sports: grande enfasi sul bilanciamento, semplicità di comprensione per gli spettatori e costanti aggiornamenti venduti a peso d’oro.
Tekken 7 è sicuramente sul podio con il terzo e il quinto capitolo in termini di popolarità assoluta, ma quando rivedremo la medesima creatività osata con il quarto capitolo?


Erik

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