The Making of Dungeons & Dragons: Tower of Doom e Shadow Over Mystara

La popolare serie fantasy di giochi di ruolo Dungeons & Dragons ha avuto una lunga e fruttuosa relazione con i videogiochi. Nel corso degli anni noi videogiocatori abbiamo visto innumerevoli interpretazioni digitali del boardgame fantasy più famoso al mondo, ognuna delle quali utilizzava in maniera sbalorditiva la licenza TSR, per creare mondi nuovi e sorprendenti campagne, nelle quali il giocatore era tenuto ad esplorare pericolosi dungeons ed abbattere decine di mostri partoriti dalla fervida fantasia di Gary Gygax e Dave Arneson. Eppure la stragrande maggioranza di questi titoli è rimasta saldamente radicata nei regni del videogioco RPG, il che, onestamente, non è una grande sorpresa se si considera che il genere stesso è stato direttamente ispirato dall'universo di carta e penna di D&D. Tuttavia, in epoche assai remote, ci sono state alcune eccezioni veramente degne di nota. La più sorprendente è stata senza dubbio la coppia di titoli Arcade 2D di Capcom - D&D Tower of Doom e D&D Shadow Over Mystara - entrambi rilasciati a metà degli anni 90th.
Capcom acquisitò la licenza per creare titoli basati sul franchise di D&D all'inizio degli anni 90 e come parte dell'accordo, la società giapponese trasferì Eye of the Beholder di Westwood Studios su SNES. Tuttavia, questo era solo un assaggio di ciò che doveva venire; Capcom voleva utilizzare questa prestigiosa licenza occidentale in un modo che non si era mai visto prima. Inizialmente, però, le cose non andarono esattamente secondo i piani e ci è volle l'influenza di Alex Jimenez per far girare la ruota nel verso giusto, per così dire. Jimenez era un autentico appassionato di D&D ma ci ha confessato che il suo percorso nello sviluppo di questi videogiochi fu tutt'altro che semplice...

 

Ho ottenuto il mio ingresso nel settore grazie alle grandi forze che regolano le leggi dell'universo: il caso e...una fortuna sfacciata!

Ci dice con un sorriso.
Capcom aveva difficoltà ad ottenere l'approvazione del prodotto dalla TSR, che era la società che controllava e pubblicava D&D in tutto il mondo. Capcom Giappone si era dunque rivolta alla sua filiale statunitense per cercare di elaborare qualcosa con la società TSR, con la mediazione di SSI. SSI era il titolare regolare della licenza per videogiochi e ce l'aveva sostituita per un gioco arcade. Il problema era che la maggior parte del personale statunitense era composto da addetti alle vendite e alla produzione che non giocavano assolutamente a D&D
A questo punto entrò in gioco uno degli eroi meno cantati del mondo dei videogiochi, un ragazzo di nome James Goddard. Si lamentò con una sua amica - che era anche una mia amica - delle difficoltà che stavano avendo nel suo lavoro di progettazione e di come avesse bisogno di aiuto in generale per questo titolo/licenza. Lei lo indirizzò a me perché sapeva che giocavo molto a D&D e pensava che potessi essere d'aiuto per dimostrare i concetti di base del gioco. Successivamente mi hanno chiamato come "consulente speciale" e come assistente di James

Prelevato dal suo campo di battaglia da tavolo e piantato all'interno del quartier generale degli Stati Uniti di Capcom, Jimenez si è rapidamente ambientato nel suo nuovo ruolo.

I miei compiti consistevano nel ricercare come D&D potesse essere spiegato meglio ai giapponesi, inventando idee concettuali, assistendo nella sperimentazione, raccogliendo dati da giochi arcade testati sul campo
Da quell'umile inizio, i miei compiti sono cresciuti e si sono ampliati progressivamente. Non avendo mai lavorato a un videogioco, ho scritto quella che era fondamentalmente un'avventura di D&D basata su moduli, qualcosa che avrei voluto - ed in effetti ho fatto - far passare ai miei giocatori abituali come una sorta di presentazione/campagna. Dopo alcuni incontri con TSR e SSI, mi è stato affidato il compito di scrivere e progettare quello che sarebbe diventato poi Dungeons and Dragons: Tower of Doom

Sebbene all'epoca non fosse immediatamente evidente per lui, Jimenez stava letteralmente aprendo nuovi orizzonti.

James Goddard ed io siamo stati i primi americani a dare un serio contributo alla progettazione di un gioco Capcom Japan prima della sua uscita.

Ogni volta che sei il primo a fare qualcosa, c'è sempre una certa apprensione da parte dei capi che supervisionano il tutto. Sono stato chiamato come consulente - per aiutare a spiegare il gioco con carta e matita di D&D - quindi naturalmente erano un po' più diffidenti quando ho iniziato anche a scriverne la storia e il flusso di progettazione per il gioco. La fusione tra il gioco di ruolo fantasy occidentale e la sensibilità al design giapponese ha provocato un certo attrito, almeno inizialmente, non mi sono sorpreso di questo. C'erano alcune grandi differenze di opinione su come sarebbe stato il gioco nella sua forma finale

Ricorda Jimenez.

Capcom riteneva che il gioco dovesse avere un sapore più asiatico, con uno stile più simile alla serie anime Record of Lodoss War, e molti dei primi concept design dei personaggi riflettevano esattamente questo. D'altra parte però, la TSR voleva che riflettesse lo stile di gioco di un D&D occidentale più tradizionale e classico quindi...io l'ho preso proprio nel mezzo! Con un po' di diplomazia - e molte chiacchiere veloci che fanno molto in questi casi e risolvono parecchi problemi; col tempo abbiamo superato la diffidenza reciproca e abbiamo iniziato a lavorare come una squadra coesa ed in piena sintonia. C'è voluto un po' di impegno, ma alla fine, ci siamo arrivati. La barriera linguistica era formidabile, ma fortunatamente abbiamo avuto un ottimo aiuto in quel reparto.


Sebbene quasi tutti i titoli di D&D fino a quel momento avessero aderito pedissequamente al modello di gioco di ruolo collaudato, di stampo occidentale, il titolo di Capcom avrebbe osato però essere diverso. Facendo appello alla considerevole esperienza dello sviluppatore nel campo dei brawlers 2D a scorrimento laterale - giochi come Final Fight, Captain Commando e Cadillacs and Dinosaurs - si decise di far fare al mondo di D&D un metaforico calcio volante. Tuttavia, come rivela Jimenez, le idee di sviluppo provenivano anche dall'esterno dell'azienda giapponese, da parte di altre softcompany.

Le mie ispirazioni personali provenivano dal Golden Axe della Sega, che amavo, e da un vecchio gioco Laserdisc chiamato Thayer’s Quest, che per quanto ne so è stato il primo coin-op a utilizzare un sistema di inventario. Thayer’s Quest ha anche utilizzato il sistema di percorsi multipli che ho adottato nei due giochi di D&D.

Alcuni concept art forniti da Alex Jimenez che mostrano bozzetti iniziali dei chara del gioco



Il buon senso potrebbe suggerire che il tipico giocatore di D&D non è probabile che sia un appassionato di picchiaduro arcade, ma come spiegò Jimenez, convincere i fan più radicali non era necessariamente l'obiettivo principale del loro operare.

 

Durante l'intero sviluppo di D&D avevamo un obiettivo comune: riprodurre il più fedelmente possibile per il giocatore l'esperienza di giocare, in effetti, a D&D. Volevo persone che interpretassero D&D a persone che non l'hanno mai giocato. Volevo che entrambi i gruppi di lavoro abbandonassero il gioco originale e si concentrassero sulla costruzione e progettazione non solo su un gioco arcade, ma anche su un vero gioco della saga di D&D.

Anche se Tower of Doom era chiaramente un passo indietro in termini di complessità rispetto a un legittimo gioco da tavolo di D&D - con la sua penna, carta e dadi a più facce, oltre che ad un pesante regolamento (manuale del giocatore e manuale dei mostri ndr) - Jimenez e il suo staff volevano che contenesse comunque molta più profondità, specialmente nei combattenti, nonostante la mancanza di qualsiasi presa o lancio da parte dei personaggi. Tale complessità ha causato diversi grattacapi al team di progettazione in sede di sviluppo del gioco, anche per via della sua forma contemporanea.

I problemi maggiori furono come spiegare i diversi punti di forza delle classi dei personaggi e il concetto di un sistema di inventario...Ricordo che quest'ultimo era un grosso problema nelle prime fasi di sviluppo. Usarlo avrebbe reso il gioco molto più complicato di quanto originariamente previsto; Tower of Doom doveva essere un gioco con un joystick a 2 pulsanti. Con un sistema di inventario dovevi aggiungere altri due pulsanti, uno per "seleziona" e uno per "utilizza". Nel mondo arcade, più pulsanti significano un costo unitario più alto e rende anche più difficile vendere il gioco come conversione, poiché i proprietari dovrebbero praticare fori extra nelle loro macchine per adattarsi al gioco. Abbiamo passato molto tempo a discuterne in sede interna, ma alla fine li abbiamo convinti che avrebbe migliorato molto il gioco e così decidemmo che avrebbe avuto più di due pulsanti.

Significava anche che Tower of Doom avrebbe richiesto molta più dedizione da parte del giocatore rispetto a un normale combattente a scorrimento laterale, ma questo non turbava minimamente Jimenez.

Ricordo che mi fu detto che Street Fighter II era stato originariamente rifiutato perché i capi di Capcom pensavano ed erano fermamente convinti che avere sei pulsanti sarebbe stato troppo da imparare per un giocatore.
"
Ci sono troppi tasti, troppe combo e troppe mosse speciali, il giocatore medio non le imparerà mai" così mi dissero i capi. Eppure Street Fighter II è stato un enorme successo. Una regola importante del settore, che ho imparato presto, è stata quella di non sottovalutare mai il tuo giocatore; dagli un buon gioco e lo scopriranno da soli se ha troppi tasti, o troppo pochi. Ecco quello che dico.

Lavorare con una licenza come D&D è emozionante e allo stesso tempo incredibilmente restrittivo; sebbene tu abbia un intero mondo prefabbricato con cui giocare - comprese più razze, incantesimi, mostri e luoghi - devi assicurarti come sviluppatore di non abusare mai dell'argomento o di creare situazioni che potrebbero essere paradossali o fuori luogo posto. Questo era un equilibrio difficile da mantenere e raggiungere, anche per un fan sfegatato di D&D come Jimenez.

Avevo la libertà di fare quello che volevo con la IP di TSR, purché rimanessi nelle aree definite del mondo di D&D. Anche allora, c'erano alcune aree che volevano che evitassi, come il regno degli Elfi - pare che avessero dei piani in quel momento dentro Capcom. Oltre a ciò il cielo era il solo limite artistico, per così dire. TSR e SSI erano fantastici; mi hanno mandato così tanto materiale da cui attingere. Il mondo di D&D è sempre stato ricco, fin da allora, quindi scrivere la trama è stata la parte più facile, in assoluto. Ottenere l'approvazione di quella storia, sia da Capcom che dalla TSR è invece stata tutta un'altra storia...

  

In effetti, convincere i suoi colleghi giapponesi a cogliere alcuni elementi tipici del mondo di D&D non fu affatto facile...
 

Avevano più difficoltà con l'ambientazione rispetto a qualsiasi concetto di gioco contenuto. C'era in effetti una versione giapponese di Advance D&D nei loro negozi, ma non del D&D base, che invece era ciò con cui stavamo lavorando. Nessuno dei materiali di gioco Mystara - davvero superbi - che tra l'altro faceva parte della campagna in cui si sarebbero svolti i titoli Capcom - è stato stampato in giapponese. Mystara era un mondo così vasto con così tante ambientazioni; è stato difficile per me mantenere l'avventura contenuta in così pochi paesi ed è stato difficile per i designer di Capcom non voler introdurre il proprio gusto in questi domini già consolidati, anche a livello artistico e concettuale.
Ad esempio, c'è un livello che si svolge su una nave in mezzo al mare con i giocatori che combattono creature marine sui rispettivi ponti. Capcom Japan ha pensato che sarebbe stato bello se la nave fosse stata un piroscafo a vapore, qualcosa che in effetti, non esiste nel mondo di D&D (ora sì ndr). Hanno pensato che fosse una bella idea e volevano che convincessi TSR ad accettarlo. Ebbene, quando la TSR diceva "No" significava davvero no. E avevo lavorato con loro abbastanza a lungo da sapere che quando lo dicevano, lo intendevano sul serio, senza alcuna eccezione. Ma Capcom non accettava un semplice "no" come risposta: continuavano a spingere per riuscire ad ottenerlo e non riuscivano a capire perché non potevano averlo. Continuavo a cercare di spiegare che la TSR non stava cercando di ostacolarli o prevaricarli, era solo che un battello a vapore con pale laterali, non si adattava bene ad un'ambientazione di natura fantasy da europea medievale. Eppure continuavano a dirmi quanto sarebbe stato bello e quanto ci sarebbe stata bene. Il concetto di anacronismo era qualcosa che non potevano - o non volevano - accettare ed afferrare.
Alla fine ho detto loro che dovevano cedere ai desideri del licenziante o il gioco non sarebbe mai stato approvato. C'erano alcuni sentimenti focosi e un bel po' di ego feriti, ma alla fine i giapponesi hanno ceduto...

Dati i capricci, le lacrime e il lavoro spesi per la produzione di Tower of Doom, c'era comprensibilmente un certo grado di trepidazione prima del suo rilascio. Questo è stato un nuovo modo coraggioso di rappresentare l'amato universo di D&D ed è stato il primo titolo basato sulla licenza ad essere prodotto da una società giapponese; c'era un pericolo molto reale che i fan lo odiassero e i frequentatori di sale giochi tradizionali lo percepissero come troppo nerd-geek. Tuttavia, tali sentimenti di disagio erano in gran parte ingiustificati, come dimostrò la prima mostra pubblica del gioco.

Abbiamo fatto l'anteprima al Gen Con, una convention annuale sui giochi che è stata avviata dal fondatore di D&D Gary E. Gygax. La TSR doveva avere un enorme castello che dominava l'expo, e quell'anno Capcom ricevette uno spazio privilegiato nel suo castello. Ben presto ricevemmo una folla enorme e tutti erano molto eccitati per la presentazione. Stavo discretamente monitorando e ascoltando la folla, che giocava, sia per le loro reazioni che critiche, quando improvvisamente due giocatori litigarono su chi avrebbe dovuto ottenere il tesoro appena ricevuto. Proprio in quel momento uno dei ragazzi in mezzo alla folla - che non sapeva chi io fossi - si è avvicinato a me e mi ha detto: "Cavolo, chiunque l'abbia fatto sa come catturare l'essenza di una sessione di D&D! Lo considero il massimo dei complimenti che abbia mai ricevuto sul nostro gioco!

Tower of Doom è stato finalmente rilasciato nel 1993 ed è diventato un modesto successo per Capcom. Certo, non giocava nella stessa lega di Street Fighter II o Final Fight non fu incredibilmente redditizio, ma i proprietari delle sale giochi scoprirono presto che la macchina produceva profitti costanti grazie alle sue meccaniche di gioco profonde e ai percorsi ramificati che spingevano a rigiocarlo diverse volte. È stato un coin-op davvero unico, che premiava il re-play e manteneva i giocatori in costante adrenalina. Tenendo conto di ciò, oltre al fatto che Capcom desiderava ottenere il maggior numero possibile di licenze D&D, non sorprende scoprire oggi che un sequel era in fase di sviluppo prima ancora che una singola moneta fosse stata inserita in una macchina di Tower of Doom.

I lavori su Shadow Over Mystara sono iniziati quasi immediatamente dopo il primo gioco e sono durati circa sedici mesi, rispetto ai venti mesi necessari per  D&D Tower of Doom. Avevamo un'idea abbastanza chiara della meccanica da offrire, quindi era solo questione di ottenere una nuova veste grafica ed una storia nuova che gettasse nuovamente i giocatori dentro una sessione di D&D. Le cose andarono straordinariamente bene; abbiamo ottenuto l'approvazione della storia al primo passaggio dalla TSR. Ancora oggi ho quell'approvazione incorniciata, solo per dimostrare che è successo davvero. Il sequel del 1996 ha permesso a Capcom di risolvere alcuni dei problemi che esistevano nel primo titolo, il più urgente dei quali era la mancanza di personaggi. L'elegante Ladra e lo Stregone in stile punk-rocker sono stati arruolati nel gruppo, ed accettati subito da TSR, ampliando ulteriormente la varietà offerta ai giocatori. Tuttavia, molto lavoro è stato dedicato ad aspetti del gioco che non erano così immediatamente evidenti ai giocatori.

Oltre a mantenere i percorsi ramificati, il gioco conteneva un numero impressionante di possibili finali. Ogni personaggio aveva ben quattro finali separati ed unici, tranne il nano, che ne aveva solo tre (è più piccolo ndr). Ogni finale si basava su quanti punti esperienza un giocatore aveva guadagnato nel corso del gioco. L'importo variava anche in base al livello di difficoltà scelto per cui l'operatore aveva impostato il gioco. Fondamentalmente si traduceva come un blando "più soldi guadagnavi, più il tuo finale sarebbe stato felice, più monete spendevi per conservare PE, più saresti stato ricompensato" - forse con il senno di poi è stato un po' superficiale, ma dopotutto questo era D&D.
Sono stati aggiunti altri elementi che hanno conferito al gioco una sensazione di gioco di ruolo ancora più forte, come la presenza di oggetti ultra-rari, tra cui la "Skin of the Displacer Beast", "Eye of the Beholder" e il leggendario "Staff of Wizardry". Il bastone dave un bonus ai danni ai tuoi incantesimi, ma funzionava solo per i chara in possesso di magia. Inserimmo anche il famoso "Colpo di punizione" (Colpo Arcano ndr), in cui un mago rompe il suo bastone magico, rilasciando tutta la sua energia in un colpo massiccio verso un nemico. Tuttavia, le condizioni necessarie per ottenere questo risultato erano a dir poco difficili. C'erano altri oggetti magici che sarebbero stati inclusi nel gioco, ma sono stati tagliati a causa dei limiti di tempo e di spazio.

I due giochi di D&D di Capcom sono diventati dei classici di culto, venerati da innumerevoli giocatori in tutto il mondo. Jimenez ha goduto di una proficua carriera dentro Capcom, collaborando alla produzione di alcuni dei più grandi titoli in 2D dell'azienda e, sebbene da allora sia passato ad altri impieghi nel settore, questi due primi progetti occupano un posto speciale nel suo cuore.

Sapere che ho contribuito a creare qualcosa che così tante persone hanno apprezzato ed amano ancora oggi, mi ha riempito di un grande orgoglio personale...Con la possibile eccezione dei picchiaduro dedicati ai Supereroi Marvel, considero i titoli di D&D i migliori giochi su cui abbia mai lavorato, anche dopo due decenni nel settore. Il fatto che le persone ancora li giochino e si divertano non smette mai di stupirmi e di deliziarmi. Quando le persone si avvicinano e mi ringraziano per aver creato un gioco che gli è piaciuto così tanto, io giro subito questo complimento a loro e li ringrazio. Come sviluppatore di giochi, il mio lavoro è intrattenere; per accontentare i giocatori. Quando mi dicono che l'ho fatto, quelli sono i giorni in cui torno a casa con un sorriso sulle labbra. Lo confesso.

L'approfondimento che avete appena letto è apparso originariamente sulla rivista Retro Gamer di Imagine Publishing. Successivamente è stato ospitato da Nintendolife.
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