DmC: Devil May Cry - Uno sguardo a mente fredda

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Un blog che porta quel nome, non poteva non esordire con una analisi di DmC: Devil May Cry.
Arrivare per ultimi e pensare di poter dire qualcosa di realmente inedito su un gioco già fruito, chiacchierato ed analizzato un pò ovunque, sarebbe da gente abbastanza presuntuosa, piuttosto preferiamo in questa sede riepilogare, lontani ormai mesi dall'euforia del day one, ciò che il parto Ninja Theory rappresenta nell'attuale panorama videoludico, non lesinando sulle comparazioni col vecchio corso della saga e promettendovi sin da ora che di DmC torneremo a parlare più avanti con tutta una serie di doverosi approfondimenti.

Rompiamo gli indugi: Ninja Theory ce l'ha fatta, ha confenzionato un reboot convincente tanto nel modo di reinterpretare la mitologia della saga, quanto nel rispalmarne ed in parte aggiornarne i fondamentali connotati ludo-meccanici.

Nel rifondare l'universo di Dante e Vergil, il team britannico ha avuto cura di non violare oltre il dovuto la genesi dei personaggi e le relazioni tra essi intercorrenti. Nessun finale con plot twist azzardati a la Mercury Steam, anzi, come i più attenti hanno acutamente osservato, se non fosse per la prematura dipartita di un certo antagonista, la chiusura della trama di questo (speriamo non ultimo) DmC potrebbe benissimo fare da preludio ad un reimagine occidentale di Devil May Cry 3, tanto risultano vistosi certi riallanciamenti al capitolo zero della vecchia saga.
Diverso a dirsi per gli influssi culturali che hanno plasmato l'opera.


Inutile cercare in questo nuovo universo rimandi alla cultura giapponese. DmC è un titolo fieramente gaijin: in esso rivono il They Live di John Carpenter, il Gordon Gekko di Wall Street, il V(ergil) for Vendetta di Alan Moore, le distopiche suggestioni orwelliane, la New World Order theory, la mitologia dei Nephilim, la pittura surrealista e del Caravaggio, le architetture ora di Venezia, ora di Barcellona, il dieselpunk, la Slurm Factory di Futurama, la Fox News, e perchè no, anche Emilio Fede.
In questo mondo tutto occidentale e soprattutto britannico, musicato ora dalla aggrotech dei graffianti Combichrist, ora dalla dubstep e dai suggestivi tappeti elettronici dei Noisia, si muove il nuovo Dante che da Misfits mutua il gusto per l'humor nero, l'impronta del dark hero disadattato ed un occasionale talento per i siparietti trash all'insegna delle volgarità gratuite.
Sebbene minato quà e là da occasionali eccessi di pretenziosità e cadute di stile, il complesso mosaico architettato dal team funziona, appare estremamente coeso e non crolla mai sotto il peso delle sue smodate ambizioni: a dodici anni dal primo Devil May Cry che sulle fondamenta di Hellsing e di Versus eresse uno stiloso monumento imbevuto della pop-culture giapponese (e non solo) degli anni '90, l'evento si è ripetuto con un nuovo monumento eretto sulla cultura  occidentale, con un occhio di riguardo in particolare per gli sviluppi dell'ultima decade.

"A dodici anni dal primo Devil May Cry che sulle fondamenta di Hellsing e di Versus eresse uno stiloso monumento imbevuto della pop-culture giapponese (e non solo) degli anni '90, l'evento si è  ripetuto con un nuovo monumento eretto sulla cultura  occidentale, con un occhio di riguardo in particolare per gli sviluppi dell'ultima decade."









Il lavoro di Ninja Theory ha dimostrato come Devil May Cry possa andare oltre la mera sostanza cristallizzata per assurgere a metodo applicabile in qualsivoglia epoca su qualsivoglia cultura.

A trarre vantaggio da siffatta operazione più che la sceneggiatura, abbozzata negli sviluppi come da tradizione del genere, sono state senz'altro le ambientazioni, certamente le più riuscite e le più sperimentali nel brand dai tempi del capostipite, importando proprio da quest'ultimo quel senso di vita infuso nello scenario. Se DMC1 ricorreva ad elementi organici incastonati nelle sue architetture gotiche (chi si ricorda le colonne "viventi" nella sala dove avviene il primo incontro con Phantom?) per suggerire la presenza di un'entità sinistra nella pietra stessa, DmC immagina questa dimensione alternativa sovrapposta alla nostra e chiamata Limbo
(citando in parte anche Bayonetta), come un'essere ostile che interviene alterando l'ambiente ora con la comparsa di minacciosi  graffiti, ora allungando corridoi, ora distruggendo i passaggi utili, incasellando di fatto funambolici set-pieces e imbastendo micro eventi di ludonarrativa.


Merita menzione la scelta di aver costruito buona parte degli scenari su scale cromatiche, dal gusto sempre molto acido,  prevalentemente di rosso e di blu, dicotomia che è un riflesso e della natura di Dante e del combat system.

Passando infatti a quello che è l'aspetto centrale in una produzione action, è d'uopo segnalare  come l'intera community sia rimasta spiazzata di fronte a questa rivistazione heavelyswordiana del combat della saga, al giocatore è stata infatti imposta la costante pressione di un trigger del pad per utilizzare il corrispondente rampino e set di armi in luogo della classica spada Rebellion.
Sulla  configurazione di default del pad abbiamo il trigger sinistro per gli strumenti angelici blu, vale a dire il rampino che permette di avvicinarsi al nemico e le due armi leggere votate al crowd control; sul trigger destro trovano invece posto gli strumenti demoniaci rossi, ossia il rampino che consente di trascinare il nemico a sè e altre due armi potenti ma sprovviste di combo aeree.
Se tale rivisitazione ha in un primo momento generato smarrimento nella storica utenza della saga, i più avveduti hanno subito trovato conforto nel raziocinio con cui le facoltà offensive di Dante sono state ridistribuite sul pad, nella presenza di cinque armi (cui son da sommarsi tre armi da fuoco) costantemente switchabili on the fly e dunque incastonabili in un'unica combo senza passare per alcun menù di selezione, nonché nella riprosizione delle meccaniche di pull che hanno debuttato nella serie con il Devil Bringer di Nero in Devil May Cry 4.




Un successivo approfondimento del combat ha rivelato poi come la dipartita degli stili switchabili, non abbia affatto comportato una perdita di tutte le principali tecniche e meccaniche ad essi un tempo associati: i colpi del Gunslinger sono ancora lì, disponibili su combinazioni di tasti una volta acquistati; peculiarità schermistiche di Swordmaster quali il Prop Shredder appaiono rivisitate ed accompagnate da launcher inediti e dalla solita quantità di Aerial Combo; i dash di Trickster sono reinterpretati come Angelic Evade (LT+ doppia pressione del dodge); non è venuta meno neppure la logica tutta parry e counter di Royal Guard, seppur rispalmata sul concetto di fendente da blocco già visto in DMC1 contro alcuni boss e nemici.
Non mancano ovviamente i classici affondi per accorciare le distanze come il leggendario Stinger, e ancora troviamo rivisitazioni dello Streak e del Caliber di Nero, colpi caricati come l'Overdrive e la tecnica di crowd control Round Trip.

"Un successivo approfondimento del combat ha rivelato poi come la dipartita degli stili switchabili, non abbia affatto comportato una perdita di tutte le principali tecniche e meccaniche ad essi un tempo associati"


La grandezza di un combat system non si misura tuttavia nella quantità lorda di tecniche acquistabili quanto nella presenza di meccaniche avanzate che consentano ai giocatori più abili di distanziarsi in termini di skill-gap dai fruitori occasionali.
Cancels, cancels e ancora cancels. DmC, come i suoi predecessori si è rivelato un pozzo di cancels pensate per consentire ai più skillati di non restare incastrati nei frame della tecnica in esecuzione, scongiurando così quei colli di bottiglia tipici delle produzioni occidentali e consentendo un'offensiva senza soluzioni di continuità: il salto, la schivata, le armi da fuoco, tutta questa roba cancella il colpo melee in corso, e non mancano attacchi melee che cancellano altri melee. Il buffering, il jump cancel e i just charged? Sono presenti anche loro.

 

DmC, come i suoi predecessori è un pozzo di cancels pensate per consentire ai più skillati di non restare incastrati nei frame della tecnica in esecuzione

Insomma, Ninja Theory ha fatto un gran lavoro nel recuperare tutto ciò che rendeva il gameplay di DMC spesso e pieno di sfumature invisibili ai più.
Unico elemento banalizzato è a mio avviso il Devil Trigger, trasformato in un'animazione che rallenta il tempo (non Dante però) e scaglia in aria i nemici consentendo di inanellare aerial estremamente sgrave.
Una rivisitazione del Quicksilver di DMC3 solo nelle intenzioni insomma, di fatto trattasi di una modalità di attacco estremamente dumb che così com'è realizzata manda a casa la meccanica del DT-cancel e i Distorted Real Impact. Alla luce di quanto analizzato, sono giustificati i pregiudizi di tutti quei giocatori che hanno tacciato il gioco di casualizzazione senza averlo approfondito e magari neppure mai acquistato e fruito? Sicuramente fare certe cose in DmC è più facile che nei passati DMC, vuoi per le hitbox più generose, vuoi per l'allagamento delle frame windows utili a piazzare parry, schivate e schivate "perfette", vuoi per l'area di effetto maggiorata di certi colpi ed abilità, in particolare di quell'enemy step che rende significativamente più agevoli (e decisamente più anti-estetici) i celeberrimi jump cancels.




Il bestiario, peraltro non particolarmente brillante da un punto di vista squisitamente estetico, ci ha messo del suo presentando avversari dai pattern piuttosto telefonati.
Discorso analogo può essere fatto per i boss, il vero anello debole della produzione: sia chiaro, nessuno di questi scontri risulta broken o promotore di approcci cheap come la roba più brutta e rotta che popola dal 2004 il brand Ninja Gaiden, e anche certa roba poca riuscita di DMC3 appare fortunatamente un lontano ricordo, tuttavia non c'è stata in questo gioco una boss fight che abbia brillato in modo particolare per inventiva e ritmo.
Il primissimo boss, dalla difficoltà Son of Sparda in sù, si conferma una buona rivisitazione current gen del Beowulf di DMC3, ma solo il terzo buca davvero lo schermo per trovate visive e solo l'ultimissimo per gameplay puro, risultando comunque la versione ridimensionata del corrispettivo di DMC3.
Il resto è una sequela di pattern banalotti , dall'esecuzione sempre telefonata, che fà il compitino senza imprimersi nella testa del giocatore, nè per fastidio, nè per meraviglia.

Questo livello non avrebbe sfigurato in un Suda-game per quanto è fuori di melone...


A farne le spese in tutto questo è stato sicuramente quella sfida per la sopravvivenza tanto cara a Ninja Gaiden e a DMC3, che pure conseguivano certi picchi di difficoltà con mille scorrettezze di game design.
Masterare DmC non significa tuttavia arrivare in scioltezza ai titoli di coda, nè scalarne le difficoltà, nè conseguire le valutazioni SSS (molto meno esigenti che in passato nei requisiti, anche se per alcune da Son of Sparda in su c'è da vendersi l'anima...), significa esplorarne ogni anfratto del combat system per distanziare potenziali rivali nelle leaderboards online e meglio ancora per dare sfoggio di stile su youtube che da anni è l'arena di misurazione del p**e (perdonate, ma la scurrilità di Vergil mi ha contagiato) per antonomasia tra i pro gamers del brand.
L'approfondimento del gioco risulta incentivato da situazioni di battaglia comunque stimolanti, infatti, sebbene come già anticipato il singolo nemico a sè considerato non risulti foriero di particolari gratticapi (con l'eccezione degli ispiratissimi Dreamrunners), ciascuna tipologia avversaria è portatrice di tante sotto-meccaniche con le quali il giocatore è chiamato a confrontarsi, e la perizia con cui le fila nemiche sono state mixate e remixate nei livelli di difficoltà superiori, costringe ad una continua rimodulazione del proprio atteggiamento offensivo, specie alla luce di due particolarità non da poco.







La prima è la presenza di nemici sensibili esclusivamente alle armi di un preciso colore: ha fatto e continua molto a far discutere la presenza di avversari che limitano il bagaglio tecnico esperibile in un gioco che sposa la filosofia freestyle delle custom combo, trattasi tuttavia di una soluzione non estranea al vecchio corso della saga (si pensi agli Shadows, Scythe, Hell Wrath, ecc...), solo particolarmente schematizzata ed esplicitata, mai mal implementata.
Trovarsi al cospetto di un nemico color-coded significa poter impiegare comunque non meno di due armi, con jump cancels annessi a rimpolpare le facoltà aeree e col conforto che nella maggior parte dei casi tali creature sono affiancate da altre di opposto colore e/o color-free, il che significa poter inserire tutte e cinque le melee weapons in un'unica combo, a patto di prestare attenzione alla distribuzione in mischia degli attacchi. Tale pratica, risulta coadiuvata dalla facoltà, come in Bayonetta, di iniziare talune tecniche con un'arma per concluderle con un'altra. Così è possibile ad esempio assestare due colpi di arma rossa al nemico red-coded a destra, per chiudere la tecnica con un colpo di arma blu all'indirizzo del nemico blu-coded che nel frattempo si sarà avvicinato da sinistra. Insomma, giusto i pochi scontri popolati da soli demoni sensibili alle angelic weapons sono forieri di una certa ridondanza, conseguente alla lungaggine della battaglia, a sua volta conseguenza dei pochi danni che tale set di armi mediamente infligge. E' in questi casi che conviene scatenare il Devil Trigger che, oltre agli effetti già discussi, consente di colpire i color-coded indistintamente con tutte le armi.



L'altra importante particolarità la si ricava dalla ricalibrazione dello score system che in questa sua nuova versione scoraggia l'abuso di combo aeree, ora frenando gli incrementi del moltiplicatore, ora impedendo la conservazione di un x8 da SSS. La scelta risulta assolutamente sensata in ottica di bilanciamento alla luce della facilità con cui in questo DmC è possibile restare in aria, trattenendo con sè uno o più avversari per interminabili juggles, con approccio smaccatamente safe.
Per il conseguimento dei punteggi e dei posti in classifica più alti è insomma necessario passare per il combattimento a terra e perdurarvi. Scelta di design coraggiosa, quasi una cesura netta con l'epoca post-DMC3 insistentemente orientata al gioco aereo.
In un solo colpo Ninja Theory ha sia ridirezionato il baricentro del combat, sia conseguentemente rinvigorito l'importanza dello spacing, dopo lo svilimento dallo stesso subito col Nero di DMC4, perchè per forza di cose l'approccio meno garantista dello scontro a terra, costringe al continuo riconsiderare la propria posizione sul campo per dribblare i pericoli, specie in presenza di avversari non facilmente sollevabili e arpionabili. Spacing e pull finalmente convivono sereni in DmC.

Vieni su...

...Ancora più su!...

...Sempre più su!

Prima di tirare le somme, mi si conceda un'ultima riflessione sulla rimozione dell'hard-lock manuale, così aprioristicamente mal vista dalla frangia più conservatrice della community: in un gioco così fortemente basato sulla distribuzione in mischia dei colpi, che accoglie solo in via residuale la focalizzazione sul singolo avversario, l'hard-lock sarebbe stato un tanto gradito quanto inutile di più; il soft-lock automatico di DmC funziona egregiamente, non reinderizzando mai ad esempio i vostri colpi sul più vicino nemico frontale quando con lo stick tentate invece di spostare i colpi sul leggermente più lontano avversario a destra (come tristamente accadeva in Ninja Gaiden Sigma 2).
Gli input delle vecchie tecniche sono stati riscritti per adattarsi all'assenza dell'hard-lock, è comunque presente un tasto per switchare target (semmai pesa la mancanza di un indicatore visivo che renda immediamente percebile il nemico lockato quando in situazioni particolarmente affollate si vorrebbe hookare un ben preciso avversario) ed occasionali fastidi si avvertono solo quando ci si vorrebbe allontanare dalla mischia per spostarsi su di una piattaforma e l'inquadratura della telecamera viene reindirizzata sul nemico automaticamente soft-lockato mentre magari la si vorrebbe spostare altrove.

Tirando finalmente le fila del discorso, DmC è risultato senz'altro un capitolo più accessibile, con uno skill-cap sicuramente inferiore a quello di DMC3 e 4, ma quanto inferiore? In una misura in cui limitati ad esprimere tutta la propria skill sono solo quelle poche decine di super-pro della saga che per anni si son dati battaglia via video nei True Style Tournaments e si ostinano a cercare la vera competizione, invece che in un picchiaduro ad incontri,  in un arcadone single-player, per definizione a competizone indiretta. Peraltro anche così semplificato, DmC rimane un pozzo di gameplay che ammette al suo fondo sì e no l'1% degli acquirenti. Chi non è mai riuscito ad infilare un jump cancel in vita sua, non diverrà certo ora  maestro in questa nobile arte, chi le uscite del brand non le ha mai particolarmente approfondite difficilmente scalzerà un veterano nelle leaderboards.

"Anche così semplificato, DmC rimane un pozzo di gameplay che ammette al suo fondo sì e no l'1% degli acquirenti" - The Metaller


I collectibles sono seminati in maniera più sensata che in passato. Richiedono di comprendere la spesso insolita morfologia dello scenario, richiedono un orecchio attento e talvolta pure l'uso di facoltà peculiari facoltà atletiche di Dante, come sopra con questa  applicazione del jump-cancel. Fortunatamente non è più necessaria la noiosa pratica del raccogliere orb rossi ad ogni run di un livello per aggiudicarsi un SSS rank.
























Insomma, DmC è un titolo realizzato benissimo, easy to learn, difficult to master, rispettosissimo verso il nucleo meccanico dei suoi predecessori, seppur ne abbia parzialmente riletto alcuni aspetti, come peraltro è giusto faccia una nuova uscita; merita pertanto a mio avviso un posto nella serie A degli action-picchiaduristici, pure non occupando oggi, è d'uopo precisarlo, le medesime posizioni in classifica che al tempo delle rispettive uscite occuparono DMC1, 3 e 4.

Il confronto col primo DMC è pleonastico: stiamo parlando del Super Mario 64 degli action, quindi puoi evolverlo, rideclinarlo, non puoi però ripeterne il deflagrante impatto storico.
DMC3 è un gioco sì molto discontinuo nell'estetica, peccato tanto grave per uno stylish, sì ad oggi meno godibile alla luce di alcune scorrettezze di design, di certa roba poco polished e della compartimentazione delle meccaniche dovuta agli Stili non switchabili on the fly ed assimilabili a classi ruolistiche basate su EXP, ma era anche un titolo che inventava tante più cose di quanto oggi non faccia DmC, che al tempo dell'uscita detenne il primato in materia combat system, primato che ora non è sicuramente da ricercarsi in capo a DmC, e ancora adesso, nei suoi picchi qualitativi, offre battaglie molto più spesse e stimolanti del parto Ninja Theory.

DMC4 già al tempo dell'uscita tradiva molti strati di polvere sulla mobilia e insisteva con noncuranza sul riciclaggio di se stesso, ma rimane un pò un best of della vecchia saga, recuperava infatti le meccaniche di DMC3, ne superava le compartimentazioni, in parte le ampliava attraverso la presenza di un inedito e peculiare personaggio tutto pull e just frames, ci cuciva addosso un'estetica ed un parco avversari convincenti, mutuando il meglio da DMC1, e si presentava come un gioco maledettamente polished, detentore ancora oggi di alcune delle battaglie più belle di tutta la storia dell'action moderno.

Le "missioni segrete", a parte qualcuna, son troppo facili e poco interessanti rispetto al passato... Se non altro trovarle è pratica più intuitiva e meno foriera di noia e tempi morti in giro per i livelli.



DmC, comparazioni a parte, ci mette tanto del suo per non aggiudicarsi un posto nella zona scudetto: in aggiunta ad alcune delle pecche già evidenziate nel corso di questa analisi merita infatti menzione una missione 18 decisamente anticlimatica (mai quanto il gioco dell'oca di DMC4) con la sua estetica poco ispirata, le sue battaglie un pò buttate lì senza particolare ispirazione e l'unico noioso puzzle che il gioco ospiti; impossibile non spendere poi qualche riga sul ritmo a tratti singhiozzante che mina certi stage, dovuto ora all'abuso di pseudo-platforming, ora ad un paio di passeggiate filo-unchartediane, tutta roba che, pur d'atmosfera, diluisce l'azione ad una prima tornata del gioco (nella quale per di più c'è da curarsi degli immancabili collectibles), e si rivela zavorra non skippabile alle tornate successive, quando si vorrebbe tentare e ritentare lo score attack dei livelli senza battute d'arresto nell'azione.

Malgrado ciò, DmC è stato una vittoria.



E' una vittoria per Capcom che dopo anni è finalmente riuscita ad immettere nel mercato una produzione AAA che è tale non solo nel budget e nelle intenzioni ma anche e soprattutto nell'esecuzione.
E' una vittoria per Ninja Theory che ha sviluppato quello che è non solo un gran gioco, ma di gran lunga il miglior action occidentale, in grado di mettere un baratro tra sè e God of War III in termini gameplayistici e di confrontarsi ad armi pari con molte produzioni nipponiche, senza per questo lesinare su di un certo tipo di spettacolo. E' una vittoria per il mondo dei reboot videoludici, un mondo che finalmente può fregiarsi di un esponente in grado di riscrivere, traslare ed attualizzare la mitologia di una saga, senza intaccarne alcuni fondamentali pilastri e soprattutto senza scollarla dalla formula di gameplay che ne ha decretato il successo.
E' infine e soprattutto una vittoria per gli action gamers che hanno potuto/possono sollazzarsi con un validissimo esponente del proprio genere preferito.

Eppure, proprio questi ultimi potrebbero essere la causa della prematura dipartita del brand, perchè DmC è sì una vittoria ma solo sul piano morale.

A fronte di dati vendite non all'altezza degli obiettivi fissati da Capcom, il timore che la collaborazione con Ninja Theory possa prematuramente interrompersi e il brand venire ibernato a tempo indeterminato come successo ad esempio con Onimusha, appare tutt'altro che infondato (si ricordi che l'Itsuno-team è totalmente assorbito in progetti fantasy rpg).
Quella che è sinora la più grande vittoria in questo 2013 degli action, potrebbe trasformarsi a lungo termine in una Waterloo. Perchè una certa ala di fan in DmC non ci crede. Perchè a volte la qualità non basta. A volte i fan meritano di più. A volte i fan hanno bisogno che la loro fedeltà venga ricompensata. Perchè DmC è il gioco che il mondo degli action merita ma non quello di cui ha bisogno adesso. E quindi viene boicottato. Perchè lui può sopportarlo. Perchè non è fan-service, è un'opera oltranzista finemente cesellata. Uno stylish occidentale.

Fatto, finito, unico.





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5 Commenti

  1. Complimenti, le ultimissime righe finali mi hanno messo i brividi... un argomento che prima di arrivare al termine della rece non pensavo si sarebbe affrontato, mi fa riflettere se tante critiche (look,'presunto' non rispetto del Dante classico,ecc ) siano solo un segno che il mondo dei fan accaniti è un mondo pieno di contradizioni, di gente che fa il muso duro sulla base di tradizioni che non vogliono mai veder sfiorate. E ciò dispiace, dispiace che a 'rimetterci' (in parte 'per fortuna', perchè c'è ancora chi se ne intende di vg) debba essere un action di primissimo livello come Dmc. Intanto godiamocelo e fiducia over 9000 per i Ninja Theory, poi chi vivrà vedrà, non ho aspettative rosee perchè in fondo si è in mano a un mercato che vuole determinate cose, quindi certezze non ne ho ma al contempo ho una certa speranza che la qualità possa non esser sacrificata ad altro in futuro

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  2. DmC rappresenta una sconfitta per il gamer interessato al GIOCO.
    Quintali di insulti e minacce di morte solo per via di un cambio stilistico.
    Eppure gli sviluppatori hanno sempre scritto ''reboot'' prima di dmc.
    Io lo vedo come un piccolo miracolo. Visti i precedenti, nessuno si aspettava da questo team occidentale un ottimo lavoro in un genere (l'action) in cui ha sempre mostrato il fianco.
    Una sconfitta su tutti i fronti, sia per il futuro degli action, sia per la credibilità del giocatore odierno, interessato principalmente a tutto, tranne quello per cui si dovrebbe comprare un action stylish puro.

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    1. Beh Ryo viviamo in un mondo in cui l'apparenza conta più della sostanza e i risultati questi sono, non c'é mica da meravigliarsi! Io stesso non ti nego che preferisco mille volte il Dante vecchio perché oramai é un personaggio che in quanto a carisma é entrato nei cuori di tutti i gamers, però ecco ha anche avuto 4 capitoli alle spalle eh. E ciò non deve o non dovrebbe nuocere a questo Dmc, reboot riuscitissimo, e che fa felice i veri intenditori di action. Jappo in alcune meccaniche di gameplay ma occidentale come stile, esperimento riuscitissimo anche se non privo di difetti (su tutti non ho gradito il nuovo devil trigger e parte dell'enemy design, dmc4 aveva un bestiario esteticamente e forse ludicamente superiore). Io spero solo che sta saga non venga abbandonata, questo é quello che mi preme maggiormente, non resta che sperare in positivo

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  3. Fa piacere vedere scambio di pensiero tra i visitatori già al giorno del debutto.

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  4. Imperdonabile. Imperdonabile, davvero da parte mia, aver concluso le gesta del britannico Dante dei Ninja Theory solo ieri, in una fredda e inospitale domenica sera, uggiosa, con raffiche di vento che minaccivano l'intergrità delle mia vecchie persiane, con tuoni che rombavano minacciosi dinnanzi all'uscio di casa, e feroci saette che sferzavano fin troppo vicine alla mia tetra dimora. Una serata perfetta dunque per macinare gli ultimi livelli lasciati in sospeso, dopo un breve ripasso, s'intende, onde non essere pestato come un tappetino del bagno o finire malconcio in un angolo di una strada dalle orde demoniche che mai sono state così belle, così Metal Hurlant o come dico io Moebius "deranged" style.
    Confesso che quello che mi è stato regalato dai Ninja Theory, anche stavolta ha superato di gran lunga le mie aspettative, alte come sempre, quando si tratta di giochi di questo peso.
    Certo, il finale "DarkSideriano" non mi ha garbato moltissimo, coscio del fatto che i Ninja hanno classe e stile, mi aspettavo qualcosa di più "spiazzante"...conscio pure del fatto che di una "Titan" battle ne avrei fatto volentieri a meno, specialmente in questa gen che all'insegna del "Bigger then Better" ha siglato un modo di fare che non mi piace poi moltissimo a dirla tutta, uno stile cine-videoludico che rende (o vuole?) ogni "chiusura" di gioco immancabilmente direzionata al Bossone Grossone, ovvero al più ciclopico nemico incontrato, incazzato più degli altri e pure più grosso. A parte queste "pare" da oldgamer, vecchio e consunto, bisogna proprio ammettere che il finale vero di DMC mi è davvero piaciuto molto, un fracco, parafrasando un caro amico gamer.
    I Ninja Theory ci sanno fare, pochi cazzi, anche solo l'idea di "twitterare" i demoni, nel collasso finale, nella collisione dei due mondi, nel climax dello scontro, nel "reprise" storico dell'incazzatura eterna tra Virgil e Dante...è stata superba come trovata.
    E' tutto grandioso, come il finale di ENSLAVED, forse persino di più, anche se pure quello era un dannato capolavoro, ma allo stesso modo è l'ennsima buona/ottima chiusura di un loro gioco, ennesimo sinonimo di cura manicale nei dettagli, nel concept art, nella visual art, nel level design, ogni aspetto urla al miracolo se non lo fa ci arriva vicino, molto.
    Sono a dir poco orgoglioso di avere nella titolazione di GMC l'assonanza con il DMC dei britannici iconoclasti.
    ~
    Una nota a piè di margine, forse gratuita, forse leggermente piccata, vedete voi come interpretarla cari gamers.
    Ho un misto di pietà e commiserazione per i videogamers attuali, leggasi giocatori al soldo.
    Seriamente. Tutti quelli a cui DMC non è piaciuto, dovrebbero quantomeno far cadere il discorso in un dignitoso silenzio, per loro convenienza, s'intende.


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