SPECIALE - The Vanishing of Ethan Carter: un nuovo Alan Wake più di Alan Wake? - PARTE 2

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Layer 2: Narrative Goal

Thomas Grip osserva come la tradizionale partizione gameplay-narrazione finisca col dissociare il giocatore dalla storia; questo si dimostra particolarmente vero quando un certo picco di difficoltà finisce col creare nella mente del giocatore
un astratto sotto-traguardo prestazionale perseguito con logiche difficilmente attribuili al personaggio nelle nostre mani, personaggio che finisce così con l'essere un fantoccio vuoto, il veicolo ludico tra una cut-scene e l'altra.
Ora si è nel gioco, poi nella storia, ora di nuovo nel gioco, poi di nuovo nella storia. Il problema si fa ancora più accentuato quando si è per troppo più tempo nella storia che nel gioco (vero MGS2 e 4?) o al contrario per troppo tempo in un gioco che esaurisce prima dei credits ciò che ha da dire a scapito di una storia che frecce al suo arco ne avrebbe ancora o avrebbe necessitato di ulteriori spazi per metterla meglio a fuoco (vero Alan Wake?), senza per questo dover necessariamente estromettere l'interazione, si badi.

Si accennava alla fine della prima parte di questa disamina a come, in un gioco che pretenda di fondere le due dibattute dimensioni senza rendere percepibili stacchi tra la fruizione del gameplay e la fruizione della storia, il reward ludico debba evidentemente coincidere col reward narrativo.
Il risultato più importante conseguito da TVOEC è esattamente questo: giocato e narrato sono pienamente integrati attraverso una piena coincidenza tra gli uni e gli altri reward (Goal direbbe Grip), ogni piccola tessera di un puzzle messa al suo posto rivela/suggerisce infatti un frammento di storia, ogni enigma completato comporta il riordino (nel senso letterale del termine) di "ciò che è stato", e il giocatore si scopre calato in costante rapporto dialettico col plot.

E' il vantaggio di poggiare su di un soggetto a base di investigazione, misteri e sovrannaturale: ricostruire a mezzo di esplorazione e puzzle solving la scena di un delitto significa per forza confrontarsi con la storia e ricostruirla. Certo, tantissime avventure grafiche propriamente dette restituiscono apparentemente altrettanto, eppure, a ben vedere, si tratta il più delle volte di prodotti mossi dall'esigenza di essere giochi-giochi, giochi-sfida, artificiosamente dilatati e complessificati nella enigmistica che propongono, col vantaggio perciò di soddisfare certamente il parametro "longevità" tanto caro a chi vive col medium un rapporto esclusivamente merceologico, ma sovente rei di annacquare il cuore della narrazione.

La forza e la debolezza di TVOEC stanno entrambe qui, nel sacrificare gli obiettivi "comuni" del vg, per inseguirne degli altri.
Adrian Chmielarz era ben conscio di ciò che faceva mentre dirigeva il progetto: come da lui stesso esplicitato in un'intervista, uno degli obiettivi era "realizzare un gioco per coloro che amano i giochi ma che ne hanno giocati così tanti da avere poi il problema di trovare qualcosa che valga davvero il loro tempo ed il loro denaro", un gioco per coloro che hanno esperienza col gameplay (da qui l'assenza di hand-holding previamente trattata) ma alla ricerca di una esperienza alternativa che li stimoli su altri fronti, per questo il giocare per la problematica, per la sfida, viene accantonato, in nome di un flusso narrativo mai spezzato.

Eppure si diceva, il suddetto flusso appare quantomeno incerto nel momento in cui il giocatore, mancando di rinvenire un puzzle, si ritrovi costretto a fare backtracking. La questione merita di essere riesaminata in un bilancio complessivo sull'esperienza che tenga conto di un ulteriore "strato" della esperienza, direttamente connesso al Narrative Goal ed amplificatore dello stesso.


Layer 3: Narrative Background

Costruire un corposo background narrativo è condizione necessaria per l'adeguata contestualizzazione del gameplay che, come osservato a proposito del Layer 1, deve essere, pur nella sua modesta portata, sempre presente e sempre coerente con storia, pg e mood del gioco. Il suo corpo deve essere inoltre sufficientemente esteso per consentire l'effettiva presenza di tanti narrative goals come auspicato in base al Layer 2.
TVOEC struttura questo "strato" percorrendo tutte le vie indicate dal modello Grip-Chmielarz.

Innanzitutto la storia è come detto frantumata in tasselli da rimettere assieme puzzle dopo puzzle e il rinvenimento non passa per attività collaterali quali la raccolta dei sempreverdi ma ormai abusatissimi audiologs e file di testo, costituisce bensì il core della componente interattiva nei panni dell'investigatore Paul Prospero.
Background ed interazione sono inoltre stratificati e distribuiti lungo l'area giocabile di modo che oltre a quanto "obbligatorio" ai fini del completamento del titolo, sia possibile "approfondire" attraverso l'esplorazione e l'osservazione di tanti, tantissimi dettagli seminati lungo l'ambiente di gioco in qualche modo forieri ora di dettagli più o meno rivelatori, ora di dubbi e possibilità interpretative alternative.

Si tratta di immergersi, di esplorare, di direzionare lo sguardo in ogni dove, di rivestire di importanza anche il più apparentemente insignificante elemento a schermo.

Alla maniera di Dear Esther al passaggio per taluni punti vengono inoltre attivati alcuni piccoli monologhi del protagonista.

In una mappa così densa di narrazione, suscettibile di letture e riletture, il backtracking eventuale con conseguente supposta interruzione del flusso narrativo, non può che ridursi ad una questione formale, giocoforza relativizzata nella portata alla voglia di approfondimento del fruitore, con solo un paio di punti davvero critici da segnalare per il caso di ripercorrenza.

Con riguardo a tutto ciò che è decifrazione del tessuto unico ed ibrido del narrato-giocato, sia esso "obbligatorio" oppure opzionale di "approfondimento", è fondamentale infine rilevare come tutti e tre gli strati finora discussi debbano convergere aderendo perfettamente l'uno agli altri, solo così si concretizza nel miglior modo possibile quello che Grip indica come quarto Layer.


Layer 4: Mental Modeling

Semplificando il più possibile il discorso, è pacifico affermare che il fruitore, attraverso ciò che vede, ciò che sente e ciò con cui interagisce in un mondo di gioco, ricostruisce nella sua mente un modello astratto del gioco medesimo, una sua interpretazione del gameplay se vogliamo, dettata da ciò che ha effettivamente testato sul campo, ed in base a quella pianificherà la sua prossima azione.

Esemplificando, nel momento in cui in un action ho consapevolezza del mio moveset, dei pattern e della aggro dei nemici, di cosa posso fare in un certo spazio calpestabile/giocabile, magari anche dei punti di spawn, elaboro un mio modello astratto, una sorta di strategia che, se ho ben interpretato il gameplay, al netto di errori nella messa in atto, dovrà risultare più o meno efficace.
E' insomma quella parte del rapporto giocatore-gioco che pur non consistendo in una relazione input-output a mezzo tasti risulta ben presente nella mente di chi fruisce ed è in fondo propedeutica ad una effettiva azione.

E' importante che un titolo, qualsiasi titolo, assicuri del buon mental modeling; ciò è possibile quando il tessuto ludico è leggibile, coerente con se stesso, sì da non tradire l'aspettativa e l'elaborazione astratta che il fruitore si è dato.

Come TVOEC flette questo aspetto di design in un'esperienza storytelling based?
Banalmente ma efficacemente, quando il giocatore trova una chiazza di sangue inizia ad elaborare la sussistenza della scena di un delitto, si rappresenta la presenza di un corpo, magari di un'arma o dei segni di una lotta, e tutto ciò che la scena stessa suggerisce.
Certo, non necessariamente l'intuizione deve risultare corretta, non tutte le sezioni interattive si risolvono in vere e proprie indagini (un paio di misteri si "completano" praticamente da soli, senza passare per una vera e propria enigmistica) ma il modello astratto, nelle sue linee più generali non è mai tradito e soprattutto, aspetto davvero decisivo per una produzione di siffatto tipo, ogni elaborazione, ogni ipotesi del giocatore ha un valore sia sul piano dell'avanzamento giocoso, sia su quello della narrativa.



4 strati, 1 evoluzione?

Quattro strati di design, tutti apparentemente ben finalizzati, con una sola ed oltremodo relativa antinomia segnalata: parrebbe il biglietto da visita perfetto per un'opera con tali pretese evoluzionistiche in materia di storytelling, eppure l'analisi sin qui condotta non rende giustizia a TVOEC, non rende giustizia al dibattito sulla sperimentazione ed il rapporto tra vg e narrazione, non rende giustizia al parallelismo suggerito dal titolo di questo post ed in fondo non rende davvero giustizia a ciò che è nella sostanza un vg.

Ha senso parlare del 4-Layers Approach perché
a) è stato il manifesto di design più suggestivo del da poco concluso 2014 ed appare destinato a riecheggiare per tutto il 2015 tra la release di TVOEC su PS4 (che analogamente all'uscita su console di Outlast, sarà occasione di maggior visibilità) e il debutto di SOMA;
b) è sempre interessante per chi vi scrive abbracciare la prospettiva dell'autore stressando i meccanismi della dialettica.
Cionondimeno realizzare un vg non significa semplicemente aver cura di aderire ad un prefissato indirizzo programmatico, a maggior ragione quando a fronte di ambiziosi intenti e complesse concettualizzazioni ci si ritrova tra le mani con un qualcosa che da giocare è... Ehm... Poca roba.
Ed è lì che ti chiedi se ci fosse davvero bisogno dell'ennesimo esperimento su due mondi, gameplay e storytelling, da conciliare a tutti i costi; se fosse il caso di cedere ulteriormente a questa sin troppo sofferta e del tutto ingiustificata sudditanza verso linguaggi meglio impiegati da altri media a scapito dello spessore del linguaggio fondante del vg.

Il punto è che un vg deve avere dignità a prescindere dal rispetto o meno del prospetto ideologico tracciato dal suo stesso autore. Il punto è che TVOEC non rappresenta la tanto invocata (non da me) evoluzione dello storytelling nei vg, che poi la questione circa l'interruzione del flusso narrativo a fronte di un gameplay maggiormente strutturato è un problema che esiste solo nella testa del designer di turno e non proprio di un medium che, esattamente nel suo genere più diluito, il gdr, trova, a parere di chi vi scrive, la sua massima espressione in termini di narrativa interagibile a fronte di complessi sistemi Choice & Consequences (no, le produzioni Telltale Games o di Quantic Dream non sono neppure l'unghia di questo concetto).
Non si vive tuttavia di assoluti e non credo perciò esista il contenitore perfetto per tutto, esiste però quello più adatto ad un certo contenuto, e TVOEC è suo modo perfettamente compiuto in questa forma.


Un nuovo Alan Wake più di Alan Wake?

Al netto di qualsiasi elucubrazione di game design, disadornato dei dibattiti ideologici che ne hanno comportato la genesi, accompagnato l'uscita e decretato la ricezione, TVOEC è innanzitutto una riflessione sul ruolo dello scrittore. Come del resto lo è stato Alan Wake.

Andiamo per gradi.

Entrambi i titoli attingono dalla weird fiction di fine '800/inizio '900 incentrata sul mistero, preferibilmente a sfondo orrorifico; nello specifico entrambi, inevitabilmente direi, scelgono Lovecraft quale fonte suprema di ispirazione, che poi l'uno prediliga H.G. Wells ed Edagar Allan Poe e l'altro invece Stephen King mutuando al contempo da TV e cinema nel tentativo di centrare il compromesso ideale tra il mistero serializzato twinpeaksiano ed il blockbuster nolaniano, è questione ultronea che non inficia la bontà della premessa circa la comunanza del patrimonio culturale scelto come riferimento.

In entrambi i titoli si ha la straniante sensazione che le storie scritte rispettivamente da Ethan e da Alan prendano corpo innanzi all'avatar di turno impersonato dal fruitore.

Entrambi insistono ancora sul concetto di oscurità e fanno dello scenario in cui si svolgono gli eventi dimora di un'entità sovrannaturale (The Sleeper in TVOEC, The Dark Presence in AW) in grado di corrompere i suoi abitanti.
Naturalmente in entrambi nulla è esattamente come sembra, per cui accettate con beneficio di inventario le informazioni elargite in questa sede.

Entrambi spingono poi sulla tematica del risveglio ("Wake up!"), flettendola su più livelli di lettura.


Entrambi fanno inoltre dei picchi montuosi, dei boschi e dei laghi di twinpeaksiana memoria setting d'elezione in cui inscenare quanto su, ed entrambi, per vie stilistiche e tecnologiche abbastanza diverse oltretutto, conseguono i picchi massimi mai raggiunti in questa tipologia di environment.


Red Creek Valley è, come Bright Falls, uno scenario a dir poco evocativo e costruito con coerenza topografica ed estrema concretezza; il secondo predilige il buio e colpisce per la potenza immaginifica di ciò che viene mosso al suo interno, il primo, chiaramente influenzato dalla lezione di Dear Esther, predilige il malinconico tocco autunnale e la rappresentazione tendente al fotorealismo di soggetti statici.

Impossibile a tal ultimo proposito non menzionare con note di assoluto encomio la tecnica di photogrammetry messa a punto dai The Astronauts: semplificando il più possibile il concetto, si tratta di una tecnica che consente di ottenere, a mezzo di un software appositamente studiato, modelli poligonali texturizzati dalla resa estremamente verosimile partendo da scatti fotografici a soggetti reali.

La cosa che più lascia di sasso non è tuttavia la resa incredibile di taluni materiali, né la plausibilità del tutto, e neppure il fatto che questo risultato visivo oltremodo "nextgen" sia stato conseguito su di un motore inflazionato e mediamente associato a risultati cartoonosi quale è l'Unreal Engine, quello che davvero fa di TVOEC una delle esperienze visive più potenti di sempre è come ogni dettaglio sia stato opportunamente stilizzato; non c'è davvero un singolo fotogramma in cui la mano degli artisti non diffonda calore nell'altrimenti freddo fotorealismo della photogrammetry.

La cosa però in cui TVOEC più si avvicina ad AW è nel modo in cui tutte le già ravvisate affinità convergono in termini di strumentalità rispetto al tentativo di mettere in scena una riflessione interagibile sul ruolo dello scrittore.
Tutto, dal 4-Layers Approach, al materiale letterario citato ed omaggiato, passando per il lavorio tecnologico è in TVOEC funzionale a questo ultimo meno sensazionalistico e certamente più intimistico scopo. Quanto, se non più, di quanto non fosse in AW in relazione ai suoi di mezzi.

Se l'opera Remedy portava sullo schermo il disagio e le nevrosi di chi, già affermato, incappa nel "blocco creativo", il parto dei The Astronauts esamina il rapporto autore-creazione dalla prospettiva di chi, non ancora emancipatosi, patisce forme di "inibizione della creatività".
Curioso che l'un titolo sia effettivamente a sua volta l'esito di una gestazione travagliata e l'altro la conseguenza della cesura netta con l'ingabbiante e repressivo mondo dello sviluppo AAA.


In estrema sintesi, TVOEC si riduce a questo: troppo poco per segnare la storia del nostro medium o conquistare le luci della ribalta, troppo fiero ed elitario per curarsene, eppure la sensibilità artistica con cui il discorso viene portato avanti e la padronanza dei mezzi all'uopo predisposti scaldano in più di un'occasione il cuore.

Certo, come in tutte le cose, anche in questo vg tutte le percezioni, tutte le suggestioni, l'impatto di ogni messaggio risultano condizionati e filtrati dalla sensibilità di chi fruisce quale risultante del suo vissuto e delle sue pregresse inclinazioni, è proprio per questo che per tanti capoversi di questa analisi ho portato avanti con estremo ed ammorbante rigore formalistico una ricostruzione il più possibile obiettiva dell'opera.

E tuttavia il rigore formale non rende mai del tutto giustizia, non tutto ciò che è sostanza risulta adeguatamente argomentabile e razionalmente giustificabile, ma va bene così, in fondo i grandi vg non sono mai soltanto il piccolo lago del buon documento di design e del codice ben scritto, sono piuttosto un soverchiante oceano d'altro. TVOEC è una goccia in quello oceano.



Rileggi PARTE 1
[IN-DEPTH] The Vanishing of Ethan Carter: un nuovo Alan Wake più di Alan Wake? - PARTE1

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