STEP BY STEP - No Man's Sky: Primo Salto

PS4
 
Il mio viaggio comincia su un pianeta dal nome improbabile, generato casualmente dal mio cervello artificiale. Efferspas Wison. È un luogo mite, dalla vegetazione e fauna rigogliose. Bassi livelli di tossicità e di radiazioni, il mio corpo sintentico non dovrebbe avere problemi a resistere.



Viaggio di un androide che lacrima metallo

Sono un androide da ricognizione e il mio compito è quello di raccogliere dati. Purtroppo la matrice positronica del mio cervello artificiale sembra danneggiata... sta disfunzionando. Ricordo il mio scopo, raccogliere dati, ma non la mia missione. Non ho una direzione da seguire né una casa a cui tornare.

Sento una voce bassa e distante... si presenta come l'Atlante e mi dice di seguirlo.
Questa voce sta facendo qualcosa al mio cervello... mi ispira pensieri che non ho mai avuto prima: ciò che un tempo era solo una vuota raccolta di dati ora mi rende... felice. Osservo gli arbusti che si muovono al vento e guardo estasiato le bestie mansuete che pascolano su questo mondo isolato. Ne accarezzo una, le offro del cibo. Mi lecca una mano. Non che io senta veramente la sensazione della lingua sulla mia mano sintentica però... avete capito. La bestia, a modo suo, mi sorride.



Procedo a raccogliere i materiali indispensabili a riparare il mio corpo danneggiato e la navetta che mi permetterà di abbandonare questo luogo. Mi allontano non più di un chilometro, non mi fido a lasciare la navetta incustodita e non posso conoscere quali minacce si annidato su queste terre aliene. Frantumo rocce estraendone i minerali. Incontro i segni del passaggio di qualche esploratore, ma ormai non è rimasto nessuno. Sono solo.



Continuo il mio pellegrinaggio senza meta. Non sento più la voce dell'Atlante. Che ne sarà di me? Perso su un mondo sconosciuto e dimenticato.
Calpesto l'erba e osservo la condensa che si raccoglie sulle mie gambe metalliche. Sta scendendo la notte e nuove sfumature ispirano la mia mente.
È nel momento in cui vedo una roccia svettare fiera contro il cielo che decido di battezzare questo luogo con un nome che possa ispirarmi: Magellano.



Nella mia mente sono immagazzinati milioni e milioni di dati, su ogni minerale, animale o vegetale che abbia mai incontrato, ma solo adesso queste nozioni acquistano un senso. Solo grazie all'Atlante riesco a capire la bellezza delle ombre che danzano al chiarore delle lune di questo mondo, la musica del frusciare delle foglie, le sfumature emotive dei versi delle bestie.

In quel momento succede: sto risalendo una collina erbosa e vedo un essere che cammina fiero, la cui sagoma si staglia contro il cielo infinito. In questo momento, come mai prima, invidio gli esseri di carne e vorrei poter piangere di gioia per render tributo alla meraviglia che chiamano vita.



Finalmente ho raccolto materiali a sufficienza per lasciare il pianeta e perdermi nelle immensità del cosmo. Eppure... qualcosa mi frena. È qualcosa che provo, qualcosa che sento. Credo di non voler decollare, credo di non voler abbandonare questo luogo, dove ho cominciato a capire chi sono veramente...

Sono fermo da ore e infine decido di muovermi. Abbandonerò il primo mondo di cui ho ricordo e memorizzo un'istantanea del luogo in cui sono rinato. Qui sono precipitato. Da qui ripartirò.



I materiali raccolti sono stati sufficienti non solo a riparare la navetta ma anche a spingerla a velocità impulso. Attraverso le nuvole e gli strati superiori dell'atmosfera di Magellano e poi più su, fino a vedere le stelle. Viro la nave per dare uno sguardo al posto che chiamo Casa.
Come è possibile tanta bellezza?



Raggiungo il pianeta vicino. Spero di prendere contatto con qualche forma di vita evoluta. Ho bisogno di ritrovare il contatto con l'Atlante, forse un po' di aiuto mi sarebbe utile.
Scendo su un pianeta caldo e desertico. È molto diverso da Magellano eppure questi cieli ambrati, le strutture coralline e le imponenti creature che fluttuano nel cielo lo rendono uno spettacolo incredibile.



Ancora nessuna traccia di vita evoluta, ma trovo i segni di un passato antico e fulgido. Le antiche rovine di una civiltà avanzata. Interagisco con essa e alcuni dei vocaboli che prima mi erano incomprensibili ora mi sono noti. Se ci sono altri dispositivi di questo tipo, farò mia la conoscenza di questa lingua aliena.



Continuo a girovagare, raccogliendo materiali utili ma soprattutto rintracciando i monoliti e le steli disseminate ogni dove, su questo globo, che stanno aggiungendo vocaboli della lingua antica al mio dizionario. Su una di queste rovine ancestrali, trovo un enorme globo dorato. Pare non avere nessuna funzione specifica. Sento un impulso strano, qualcosa che non avevo mai provato prima. Spingo il globo già dal parapetto e lo faccio rotolare fino al bordo di un declivio e infine lo lascio precipitare lungo la parete scoscesa. Mentre guardo il globo, che lanciato nella sua folle corsa spaventa le bestie, un fremito elettrico guizza fra i miei circuiti. Credo che gli umani lo chiamerebbero: divertimento.



Infine raggiungo ciò che cercavo. Un avamposto umano. Forse lì troverò aiuto...
No... solo desolazione. Qui tutto è morto da tempo, ma la tecnologia è più duratura della carne. Armeggio con la console di controllo e risolvo l'enigma logico che il sistema di sicurezza ha predisposto per menti più semplici della mia. Il dispositivo rivela una destinazione verso un nuovo manufatto alieno, credo che andrò in quella direzione.



Ho trascorso giorni a raccogliere dati e catalogare flora e fauna. Ancora nessuna traccia di esseri senzienti. Manometto una sonda di segnalazione, questo dovrebbe permettermi di localizzare avamposti umani. Vale la pena tentare... ce l'ho fatta, anche se l'alterazione di queste sonde è un operazione illegale. Ma non so nemmeno più se la Fondazione esiste ancora... potrei essere rimasto disattivato per migliaia e migliaia di anni.
Raggiungo l'avamposto. Sembra in buono stato, spero di trovare qualcuno...



Attraverso il corridoio dell'avamposto con pensieri che si affastellano uno sull'altro. Cosa potrei fare se fossi davvero solo in questo quadrante dell'universo? Potrei trascorrere interi eoni solo... prima non mi sarebbe importato ma ora che ho incontrato l'Atlante non penso che potrei accettare un'eternità di solitudine.
Sono i passi più difficili che ho mai fatto da che ho memoria...



Finalmente! L'alieno parla una lingua gutturale, sputa sul mio petto metallico e ringhia. Riesco ad afferrare qualche parola qui e là e abbozzo una trattativa commerciale. Ottengo un prezioso dispositivo che mi sarà utile per attivare l'iperguida, indispensabile per muoversi fra le galassie.
Saluto l'alieno con un verso che spero non sia inteso come un'offesa ai suoi avi...



Abbandono anche questo pianeta, dalle risorse limitate. Subito oltrepassata la stratosfera individuo una stazione spaziale. Potrebbe essere una buona occasione per terminare le modifiche alla nave affinché possa raggiungere la velocità curvatura. Oltrepasso il portale d'accesso della stazione e la torre di controllo mi accompagna fino ai dock di stazionamento.



Raggiungo l'ufficiale commerciale che mi indica il terminale dove effettuare vendite e acquisti. Devo recuperare gli ultimi componenti che mi servono per l'iperguida. Dopo la trasazione cerco di scambiare due parole con l'ufficiale ma la mia conoscenza della loro lingua è ancora troppo scarsa, capisco poco e nulla e la mia risposta non sembra averlo soddisfatto.



Raccolgo i miei materiali, assemblo il tutto e raggiungo la mia navetta.
Subito dopo aver installato l'iperguida sulla nave, un altro velivolo atterra accanto al mio. Provo a scambiare due chiacchiere con il pilota e decido di chiedergli se è interessato a separarsi dalla sua nave, in cambio di una congrua cifra. L'alieno accetta e io mi siedo sul sedile della mia nuova nave, già equipaggiata con l'iperguida e molto più capiente.
Ho sprecato un buon numero di risorse per montare l'iperguida sulla mia vecchia nave ma posso conviverci, soprattutto pensando al mio nuovo... un umano direbbe "bolide"?



Raggiungo un nuovo pianeta. Tossico. L'acidità nell'aria corrode i miei componenti, non potrò trattenermi a lungo. Nonostante l'atmosfera venefica, questo luogo è colmo di meraviglie. Incontro delle rovine. Nuove parole si aggiungono al mio vocabolario, oltre a nuove indicazioni su punti di interesse che potranno di sicuro facilitare il mio viaggio.



Ho ritrovato un buon numero di artefatti antichi, risorse e dati. Posso tornare alla navetta ma dovrò trovare un percorso alternativo perché il jetpack non riesce a farmi scalare la parete che ho disceso arrivando qui. La strada ignota mi conduce ad una struttura recente ma disabitata. Le porte sono sigillate con ganasce d'acciaio. Uso la mia arma per scardinare le porte ma subito vengo raggiunto da una delle Sentinelle, droni artificiali che pattugliano diligentemente la galassia. La distruggo. Ne arrivano altre due. Distruggo anche quelle.



È tempo di lasciare anche questo pianeta... Mi inerpico lungo la collina dove sono atterrato con la mia nuova navetta. Osservo la luna che splende nel cielo e vedo i suoi riflessi sulla fusoliera.
La stessa luce sta brillando anche sulle mie forme metalliche, ma io ormai sono ben più di una macchina...



Ho lasciato la superficie del pianeta da pochi minuti quando tre navicelle fuoriescono da una distorsione spaziale e mi attaccano. I miei armamenti sono ancora inefficaci e non mi conviene tentare la sorte. Sono sintetico, non immortale.
Attivo l'iperguida e lungo la via di fuga, di fronte a me, incorniciato dalle stelle, mi ritrovo a osservare Magellano.
Casa dolce casa...



Nemesis Divina

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