STEP BY STEP - Bloodborne: Let us clean these foul streets

PS4

Quello che segue è un resoconto, step by step solo fino ad un certo punto, per non scendere troppo nei dettagli, della mia prima partita a Bloodborne, nuova creazione di From Software in collaborazione con Sony Japan, diretta da Hidetaka Miyazaki per Playstation 4, erede spirituale, se non di nome, di Demon's e Dark Souls.
Cercherò di essere il più vago possibile nella descrizione di luoghi, incontri ed eventi ed eviterò di
accennare a lore e storia. Inutile comunque dire che se avete in mente di giocare al titolo ad un certo punto, è consigliabile farlo prima di leggere.
Lì dove possibile, sarà comunque più un resoconto di impressioni. Ci saranno istanze in cui salterò piè pari intere sezioni, sia per non andare troppo per le lunghe, sia per preservare il piacere dell'esplorazione ai lettori più temerari.
Vediamo se la formula può funzionare, e fin dove può arrivare.
Chiarisco inoltre che questo inizio di run è in realtà col mio secondo personaggio creato. Il primo finì la sua avventura dopo un'oretta circa, quando decisi di scartarlo e considerarlo solo una sessione di pratica. Integrerò comunque nel racconto iniziale alcune delle esperienze vissute con lo stesso.
Chiudo l'introduzione ringraziando The Metaller per l'ospitalità.
NB: Il post verrà aggiornato man mano, con la parte più recente sempre in cima. 
PS: Dalla parte 5 in poi, sarò molto più esplicito nel nominare luoghi e boss dei vari livelli che andrò ad affrontare, assieme a descrizioni degli stessi. Eviterò comunque di scendere in dettagli.


Parte 6 e Finale - Una placida isola d'ignoranza nel nero mare dell'Infinito
(08/04/2015 - Ore 17.15)

Che Bloodborne attinga molto all'immaginario di Lovecraft, non solo in termini estetici e letterari, ma anche tematici, è qualcosa che non potrà sfuggire al giocatore anche solo superficialmente avvezzo alla cosmologia dello scrittore di Providence. Ho però trovato affascinante che questo richiamo avvenga anche a livello meccanico ed impattando direttamente il modo in cui il giocatore ed il suo avatar si relazionano con il mondo del gioco. Nelle opere di Lovecraft, sapere non è conoscenza, ma solo una maledizione. Un'acuta realizzazione della propria impotenza e del proprio reale peso nell'universo, che spesso porta ad invocare la follia come salvifica. In Bloodborne la medesima realizzazione è parte integrante del gioco, e se non è accompagnata da un uguale senso di impotenza, la disperazione che si porta dietro è innegabile.

Il lungo tratto finale di Bloodborne prende la brutalità di ciò che lo precede e lo aumenta sostanzialmente, e nel farlo qualcosa si perde per strada. Che si tratti di un level design a tratti meno elegante dei precedenti, di alcune tipologie di nemici che si distinguono più per l'enorme quantità di danni che possono infliggere e per la propria resistenza nei confronti dei colpi del giocatore più che per la strategia richiesta nell'affrontarli, diventando battaglie di mera attrizione, sopratutto se ripetute. Alcune situazioni possono ingenerare frustrazione considerevole, ponendo di fronte a set-pieces che dettano un ritmo spesso sbilanciato all'azione ed impediscono l'approccio ragionato che fino a quel momento il gioco incoraggiava.
Questa disamina può dare l'impressione di una maggiore negatività di quanto effettivamente ne sussista, ma è un peccato che anche Bloodborne ricada nell'archetipo  molto "Soulsiano" di avere una parte finale che spesso non riesce a reggere il confronto con quanto di meglio è venuto prima.
Ma facciamo un passo indietro.


Al combattimento contro Rom segue l'arrivo a Yahar'Gul. O il ritorno, a seconda del proprio approccio all'esplorazione nelle ore precedenti. L'area segna anche l'introduzione (Chalice Dungeons esclusi) delle Chime Maidens, gentili donzelle che si divertono a resuscitare i nemici della loro zona di competenza, ancora, ancora ed ancora, finché non vengono uccise. Compito non difficile, il problema è spesso trovarle, e raggiungerle senza eccessivamente impelagarsi nel combattere i nemici che si frappongo tra lei e la giusta ira del giocatore. Non riuscire a trovarne una significa spesso ritrovarsi in un'impasse in cui si cerca di esplorare accuratamente una determinata zona e si viene costantemente assaliti da nemici che continuano a tornare in vita un minuto dopo esser stati uccisi.
Diventa molto più gestibile una volta che si conosce il nascondiglio delle Chime Maidens, ma fino a quel punto il fattore frustrazione può essere abbastanza elevato.
In generale Yahar'Gul offre un discreto livello di sfida grazie anche l'introduzione di un paio di tipologie nuove di nemici e ampie possibilità di esplorazione. Non è memorabile come alcune delle locations che lo hanno preceduto, ma è dotato di un impatto scenico notevole, a partire dal sonoro.
Il boss è relativamente facile, andando giù in un paio di tentativi. E' una tendenza che senza grosse eccezioni proseguirà per il resto del gioco.

Sistemata la faccenda, mi dedico a due aree opzionali scoperte precedentemente. Il Lecture Building e Nightmare Frontier. Il primo è abbastanza lineare ma deliziosamente surreale, il secondo è invece un livello molto più esteso ed è probabilmente quello che offre l'ambiente più ostile tra quelli incontrati finora, sopratutto se si desidera esplorarlo completamente e non semplicemente sconfiggere il relativo boss. Quest'ultimo si rivela anch'esso non particolarmente impegnativo, ed alza bandiera bianca dopo due tentativi.



L'area che affronto successivamente è una delle meno godibili che abbia finora sperimentato, e buona parte di ciò ha a che fare con uno degli status introdotti negativi da Bloodborne, ovvero Frenzy. Trattasi di una bizzarra via di mezzo tra Bleed e Toxic per chi mastica Dark Souls. In determinate condizioni, si ha una barretta che si riempie man mano che l'effetto si accumula, e raggiunto il massimo della stessa si perde una percentuale enorme dei propri HP massimi. E questa percentuale può raggiungere il 100% se la propria resistenza non è adeguata. A questo si aggiunge però il fatto che può manifestarsi, in concomitanza, anche sotto forma di una perdita graduale di HP, prima ancora che l'effetto raggiunga il suo massimo grado. E' una combinazione spesso frustrante, e che sopratutto nella prima parte del livello può seriamente impattare la propria esperienza.
Per fortuna è qualcosa di limitato a determinate zone.
Il primo boss dell'area, Micolash, è il primo del gioco che riesco a sconfiggere al primo tentativo, il che la dice lunga sulla facilità dello stesso. Rimane comunque un set-piece notevole, sia per l'atmosfera che permea l'intero scontro sia per per l'arena in cui questo avviene.
Il pezzo di livello che ci separa dal successivo boss è il mio preferito dello stesso, grazie ad ottime situazioni di combattimento, un design immaginifico dei livelli, ampie opportunità di esplorare aree opzionali ricche di pericoli e ricompense, nonché di scorci inediti.
Il secondo boss è nella mia personale esperienza anch'esso abbastanza facile, ma comunque uno dei miei preferiti del gioco come design.

Siamo all'ultima pagina, alle ultime righe di Bloodborne. E' tempo di decidere, e forse più che in altri Souls non sono sicuro di capire le alternative che mi vengono offerte. E' un finale dolce-amaro, malinconico, un pò stralunato, come solo questi giochi sanno fare quando all'improvviso, violentemente, rescindono l'invisibile legame che ci unisce a quello che è stato il nostro avatar per tutta l'avventura.
Ripensandoci, Bloodborne è più ermetico nel suo svolgimento rispetto a quanto lo siano stati i suoi predecessori, ma paradossalmente è anche il più narrativo, almeno questa è stata la mia sensazione. E se è vero che la maggior parte delle cose che ho fatto le ho fatte perché erano la cosa da fare, piuttosto che per una reale comprensione del perché le stessi facendo (esperienza che accomuna per me questi giochi), con Bloodborne più che con altri ho subito trovato l'impulso di ricominciare. Nemmeno con il New Game+, ma un personaggio nuovo di zecca, imberbe ed ignaro di tutto. Per rivivere assieme quella partita di caccia, questa volta con l'intenzione di capirne lo svolgimento.


E' tempo di saluti, e ringrazio tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere questo interminabile fiume di parole. Non è stato semplice scriverle, e sicuramente non all'altezza nemmeno delle mie aspettative, ma è stato se non altro un esperimento interessante.
Emettere un giudizio complessivo sul gioco non è mai stato l'intento di questo "articolo", compito che lascio volentieri a qualche testo più approfondito che, perché no, apparirà proprio su queste pagine. Ma mi sembra giusto congedarmi dicendo che pur non rappresentando il Souls perfetto, pur soffrendo di innegabili mancanze, Bloodborne è probabilmente il ramo evolutivo della serie che sono più interessato in assoluto a vedere sviluppato.


Parte 5 - Picnic nel bosco
(05/04/2015, Ore 20.30)


Sto cercando di fare questa mia prima partita nel modo meno guidato possibile, senza quindi rivolgermi a guide od altro che non sia il solito chiacchiericcio da forum con persone che stanno affrontando le medesime sfide, e poco altro.
Tutto ciò per dire che arrivando nelle Forgotten Woods, l'unica cosa che sapevo di questa nuova location era che ci si perdeva con estrema facilità.
Da quel punto di vista, la mia reazione dopo cinque minuti è stata "Non capisco come qualcuno si possa perdere qua dentro". Dopo mezz'ora "Okay, forse avevano ragione. Ma basta stare un pochino attenti". Dopo un'oretta mi ero totalmente ed irrimediabilmente perso.
Ma andiamo per gradi.

L'impatto iniziale con l'area è relativamente "dolce", ma è un'impressione ingannevole. Dopo poco tempo mi sono sentito immerso in una giungla ostile, attento a controllare dietro ogni albero e scrutare da lontano ogni roccia per la paura potesse nascondere nemici. Nemici impegnati a tendere imboscate, trappole ambientali e non, visibilità ridotta dalla natura del terreno, sorprese varie atte a prendere alla sprovvista anche i più attenti. Il tutto mentre il livello si fa più intricato e più confusionario, Capita di prendere un sentiero laterale attratti dal baluginare di un oggetto nella distanza, cercare di tornare indietro, non riconoscere più il bivio dal quale si è partiti, andare leggermente nel panico, iniziare a girare in cerchio alla ricerca di qualche punto di riferimento, e rendersi conto di essere tornati al punto di partenza senza sapere come. Dopo aver debellato un consistente accampamento nemico mi trovo di fronte più opzioni possibili per proseguire. La prima mi conduce ad una cava, ma mi basta una rapidissima occhiata per decidere che le prospettive sono sin troppo pericolose. Sto accumulando Blood Echoes (punti esperienze) e non ho grande voglia di correre rischi eccessivi. Ritorno al punto iniziale, scelgo un'altra via e continuo la mia avanzata in territorio sconosciuto.
Sono momenti come questi in cui l'esperienza di giocare questi titoli si fa più angosciante. Si conquista metro dopo metro con la consapevolezza che da un momento all'altro si rischia la morte, il che significa perdere i preziosi punti esperienza accumulati. Il gioco offre la possibilità di recuperarli se si riesce a raggiungere il punto in cui si è morti senza venire uccisi nel mentre, ma è un rischio enorme. La prudenza detterebbe di tornare indietro e spendere i propri Echi in livelli, oggetti, equipaggiamento, ma senza aver prima aperto una scorciatoia che permetta di bypassare buona parte del terreno finora coperto, significa sottoporsi nuovamente agli stessi pericoli, e nemici ritornati in vita. Questo abbinato alla costante sensazione di minaccia che aleggia, produce sensazioni che solo i migliori survival horror sanno offrire.

Quando arrivo ad un edificio con una serie di piattaforme sospese nel vuoto da raggiungere lasciandosi cadere o saltando, e che sembrano promettere misteriose ricompense a giudicare dal luccichio di oggetti che scorgo, la tensione aumenta ulteriormente. Se c'è una cosa che non vorrei mai fare in Bloodborne, è del platforming mentre mi sto portando dietro decine e decine di migliaia di punti esperienza. Eppure ce la faccio comunque, pur rischiando la vita un paio di volte, ma quando riesco finalmente a sbloccare la prima shortcut, sono ormai un fascio di nervi. Ho il naso a trenta centimetri dallo schermo del televisore, le mie mani artigliano il controller, ho male al collo per la tensione. E' con un evidente sospiro di sollievo che torno al Hunter's Dream e spendo finalmente tutto.
La seconda parte delle Forgotten Woods è mille volte più confusionaria nella sua geografia, e se possibile ancora più pericolosa. Il sollievo per essere finalmente riuscito a sbloccare una scorciatoia e la voglia di farla finita mi rendono imprudente, cosa che mi costa la vita un paio di volte. Numero che aumenta quando incontro il boss dell'area. Combattimento teso, in grado testare la resistenza e il sangue freddo del giocatore. Quando ne esco finalmente vincitore ho il cuore che batte all'impazzata.
Mi si apre l'accesso alla prossima area, ma prima desidero esplorare un'area opzionale della quale sono riuscito precedentemente a garantirmi l'accesso.

L'arrivo a Cainhurst Castle ha un impatto scenico non dissimile da quello che offriva Anor Londo la prima volta che vi si arriva. Le due locations sono fondamentalmente diverse, in tutti i sensi. Ma il senso di maestosità e di imponenza sono tratti che condividono.
E' anche uno dei luoghi più inquietanti di un gioco che ne ha in abbondanza, e gran parte del merito è da ascrivere al sound design ed al design di alcune tipologie di nemici. E' un livello relativamente contenuto rispetto alle Forgotten Woods che mi sono appena lasciato alle spalle ma riesce, seppur in maniera diametralmente opposta, a convogliare quanto Yharnam sia stata devastata dall'invisibile peste che l'ha sopraffatta.
La Solid Snake di Yharnam
Il boss che aspetta alla fine del livello è probabilmente il più difficile da me finora incontrato, e mette a dura prova la mia tenacia. Ma come per Father Gascoigne e molti altri, la chiave è introiettare il fatto che la tagline di Bloodborne (un gioco più aggressivo) non è puramente propagandistica. Bisogna realmente evitare di subire, dettare il proprio ritmo al combattimento, non lasciare che il boss detti i termini dello scontro. Questo, e naturalmente la parry-riposte.
Conclusa la pratica, e fatto un incontro abbastanza significativo è ora di ritornare sul seminato.

Seguendo il filo apparente della trama, dopo Forgotten Woods c'è Byrgenwerth, area che si rivela un disappunto per le ridotte dimensioni e l'inesistente complessità rispetto a ciò che lo procede. Ma ciò non gli impedisce di offrire spunti e situazioni interessanti, che vanno a culminare in un combattimento contro Rom, il boss del livello, in una scenografia sinceramente mozzafiato. Il combattimento contro Rom non si rivela troppo complesso e/o difficile, ma è uno di quegli scontri che a seconda dell'approccio adottato dal singolo giocatore potrebbe sembrare a tratti impossibile e fondamentalmente ingiusto per struttura e svolgimento.

Il boss è storia, e viene il momento di rendersi conto di quanto Yharnam sia realmente maledetta e perduta. Molto aldilà di quanto le pur sinistre apparenze lasciassero presagire.




Parte 4 - Boss Rush
(02/04/2015, Ore 18.20)

Nella precedente puntata, ritornavo all'ingresso della Cattedrale, solo per trovarmi costretto a cambiare i miei piani. Non aggiungo altro perché è una bella sorpresa che meritate di vivere senza che vi venga anticipata.
Comunque sia, mi resta ancora molto da esplorare nella Gran Cattedrale, ed il boss che ho lasciato in sospeso è ancora lì ad aspettarmi. Ho nel frattempo acquisito qualche livello in più, migliorato le mie armi, ed è tempo di riprovarci con Vicar Amelia.
Nello svolgimento, e nell'altalena emozionale che lo accompagna non è molto diverso dal combattimento contro Padre Gascoigne. Aver aumentato la vitalità aiuta parecchio, aumentando il possibile margine di errore insito nel duello, un aiuto psicologico non indifferente. Individuare la strategia più efficace, applicarla a fondo, cercare di non diventare ingordi e rischiare di portare a segno quel fendente in più che rischia però di mettermi in una posizione di rischio. Prima di rendermene realmente conto, il boss è morto, e sono lì con l'adrenalina a mille.
Mi fermo qualche minuto in più nei paraggi per aiutare un paio di giocatori ad uccidere il medesimo boss, quindi proseguo le mie avventure.
Sull'ondata dell'entusiasmo decido di continuare la boss run, e ritorno nel Dungeon Chalice per il terzo boss ancora vivo. Lo faccio fuori al primo tentativo, e chiudo la tripletta facendo fuori anche un boss opzionale incontrato non moltissimo prima, con qualche fatica in più.
E' sopratutto con quest'ultimo che mi imbatto realmente per la prima volta nelle complicazioni insite in alcune delle scelte di design di Bloodborne, sopratutto per quanto riguarda le fiale curative. Da quel punto di vista, Dark Souls aveva raggiunto un equilibrio, perfetto a mia opinione, tra l'esigenza di non concedere al giocatore la possibilità di curarsi in qualsiasi momento senza restrizioni di sorta, e il non metterlo nella situazione di prosciugare le proprie risorse curative e doverle andare quindi a farmare. Gli Estus si rigeneravano ad ogni nuovo tentativo partendo da un bonfire, e allo stesso tempo il numero massimo trasportabile imponeva la prudente gestione degli stessi.
In Bloodborne invece, mi sono trovato in un paio di situazioni nella situazione di aver finito le fialette provando e riprovando un boss o una sezione, e dover andare a approvvigionarmi prima di tornarci. Non è un processo lungo, e ben presto si riesce ad individuare un preciso percorso che permette di raccoglierne una dozzina in qualcosa come tre minuti. Ma rimane una distrazione inutile, e sopratutto un complicare un aspetto che la serie sembrava già aver brillantemente risolto. Anche se rimane il dubbio che la stessa From non sia ancora convinta di aver trovato l'equilibrio giusto, visto che continua a modificare e stravolgere la gestione degli oggetti curativi con ogni nuova iterazione.
Comunque sia, per chiudere la sessione, ritorno ad un avversario che mi aveva tenuto fino a quel momento in scacco e regolo i conti anche con lui. Gli Hunter nemici sono la variante di Bloodborne delle invasioni degli NPC dei precedenti Souls. Si tratta di altri Cacciatori come noi, ognuno diverso in quanto ad equipaggiamento (non è in effetti impossibile imbattersi in Hunters muniti delle nostre stesse armi). Si incontrano in vari punti del gioco, e sono spesso una sfida non poco complessa. Hanno a disposizione gran parte del parco mosse e delle risorse dello stesso giocatore, e diventa quindi necessario tenere a mente considerazioni che con altri nemici non emergono, quali la concreta possibilità di subire una parry e la successiva, devastante riposte. Il loro alto numero di HP abbinato alla possibilità di curarsi ne fa battaglie di attrito, spesso logoranti.
Sistemato i conti, è tempo di proseguire.
Ho l'impressione che in Bloodborne il processo di comprensione circa la direzione verso la quale puntare per avanzare sia più ermetico di quanto sia mai stato in altri Souls. In Dark Souls, c'erano tre macro-obiettivi; Suonare le due campane, raggiungere Anor Londo, ottenere le anime di determinati Lords. Era vago, ma dava un'idea. In Bloodborne la cosa è persino più fumosa, sopratutto una volta che si è raggiunto il primo obiettivo che un certo personaggio fa intuire. Non è naturalmente da escludere che sia semplicemente perché mi sono perso qualcosa per strada. Anzi, è probabile.

Praise the Moon
Comunque sia, torno alla Cattedrale, e scopro che si è aperta una nuova via (non sono sicuro grazie a quali condizioni) portando a quattro le possibilità scelte di percorsi da seguire, partendo dal medesimo punto. La nuova strada finisce molto presto di fronte ad una gigantesca torre, e molto rapidamente mi trovo di fronte alla prima vera area in cui il platforming sia richiesto, naturalmente nella sua declinazione From Software, ovvero piattaforme dalle quale lasciarsi cadere e salti fatti pregando che la distanza non sia sufficiente ad ucciderci. Ci perdo comunque tre o quattro volte la vita, ma riesco a farcela. Ed il risultato vale sicuramente la candela, portando a scoperte sul mondo di Bloodborne che non mi aspettavo.
Ritorno alla Lanterna della Cattedrale, opto per il percorso alla destra dell'arena del boss principale, e mi ritrovo abbastanza rapidamente nell'opprimente Cimitero di Hemwick, con il suo carico di nuovi nemici. L'area è decisamente molto più piccola rispetto alla gran parte di quelle incontrate sinora, ma la ricompensa ottenuta dopo aver sconfitto il boss (interessante, ma anche abbastanza semplice) giustifica la visita da tutti i punti di vista.
Con le anime finora accumulate riesco a comprare una nuova arma che adocchiavo da tempo, le Blades of Mercy, che alternano tra una lama singola e due gemelle secondo la modalità scelta, in una delle animazioni più stilose che abbia visto in Bloodborne. La portata delle stesse è estremamente ridotta, ed il danno iniziale è inferiore ad altre armi, ma la velocità dell'attacco agisce da perfetto bilanciamento. Hanno inoltre la particolarità di avere un'animazione di attacco che accelera man mano che una combo di fendenti va a segno, il che li rende uno strumento devastante se usato al momento giusto.
Quello delle armi è stato a lungo un cruccio per molti, sopratutto quando una preview giocata di Edge parlò di sei armi trovate in qualcosa come 40 ore. Chiarito che in molto meno tempo ne ho trovate più del doppio, va anche considerato che ogni arma di Bloodborne si comporta sostanzialmente come due armi diverse di un Dark Souls a caso. Da quel punto di vista, è coperta praticamente ogni tipologia di arma disponibile nei precedenti giochi. Quello di cui invece si potrebbe sentire la mancanza in alcuni casi è la variazione all'interno della stessa tipologia, che almeno per ora mi sembra possa mancare all'interno di alcune famiglie di arme. Se è ad esempio vero che esiste una Katana, rimane comunque l'unica Katana del gioco, seppur la stessa offra due varianti.
Non è un limite ascrivibile a tutte le tipologie di armi, ma è sicuramente presente.
L'altro elemento che Bloodborne realizza secondo me molto bene è l'effettiva utilità di ogni arma. Era facile nei precedenti giochi imbattersi in armi interessanti, ma che a conti fatti risultavano molto meno efficaci di altre, rendendole scelto tutt'altro che ottimali. Questo problema in Bloodborne, almeno per quella che è la mia esperienza personale, sembra sia stato in gran parte sistemato.
Finita la divagazione, è tempo di rimettersi in viaggio. C'è una Foresta in cui perdersi che non attende altro che imprudenti Cacciatori da ghermire.

Un attimo di raccoglimento prima di partire


Parte 3 - Il posto perfetto per morire
(30/03/2015, Ore 16.00)

Un anno o due addietro un podcast britannico di cui sono affezionato frequentatore dedicò una puntata a Dark Souls. Ad un certo punto, uno degli autori descrisse il suo approccio al gioco come "Pushing and pushing, until you find the path of least (albeit still considerable) resistance". Quello di sondare il muro di granito dei Souls fino a scoprirne il punto debole, il percorso più adeguato alle proprie attuali abilità, è un concetto credo familiare a tutti i giocatori della serie; che si tratti di scegliere tra i vari livelli inizialmente disponibili di Demon's Souls e provarne due o tre fino ad optare per quello che offre minori ostacoli all'avanzamento, oppure arrivare a Firelink Shrine in Dark Souls, scendere verso il cimitero e le catacombe e rendersi conto di non essere ancora in grado di superare quella sfida, per poi scoprire che passando dall'acquedotto si ha a che fare con situazioni decisamente più agevoli.
E' un approccio di game-design estremamente interessante e coraggioso, e anche se frustra il giocatore, in quale incappa senza saperlo in una sfida di cui non si sente all'altezza, questi si renderà più tardi conto della libertà offerta dal sistema.
Questo rompermi il muso a ripetizione nel saggiare la consistenza del muro riassume bene o male le mie ultime ore a Bloodborne. Tornato all'area in cui avevo ucciso il secondo boss, proseguo per l'unico passaggio al momento disponibile ed arrivo ad una nuova Lanterna per poi soffermarmi ad ammirare la vista. 
C'è in  Bloodborne un senso di spiritualità e religiosità molto marcato, reso evidente sia dai rarefatti dialoghi in cui si incappa, sia dalle tematiche che emergono, e ancora più evidentemente nell'architettura. E' una religiosità barbarica, sanguigna (in tutti i sensi), con connotazioni che di solito associamo al tribalismo, ma che nonostante ciò non può mancare di risvegliare echi anche contemporanei.


L'edificio in cui mi trovo ha due uscite. Dopo averne provato una (che conduce a ciò che chiameremo livello A per discrezione) ed essere morto un paio di volte decido di provare a vedere dall'altra parte (livello B). La progressione è un pochino meno ostica, e vengo dopo poco al cospetto di una nuova area, con relativa Lanterna. Inizio ad esplorare e sono rapidamente confrontato ad una sfida inattesa. Tacerò naturalmente della natura della stessa, ma devo puntualizzare che si tratta del primo momento in cui ho pensato che qualcosa di Bloodborne fosse "cheap" o ingiusto. Il sentimento però non è durato a lungo, e mi sono rapidamente reso conto che si trattava solamente di tenere a mente quell'ulteriore elemento di disturbo e coordinarsi di conseguenza. Continuo a pensare sia trattato di una scelta non particolarmente riuscita, ma decisamente meno limitante o frustrante rispetto a quanto mi aspettassi. Comunque sia, riesco a raggiungere la fonte del problema e a neutralizzarla, per cui posso andare avanti .
Se mi si chiedesse qual è aspetto di Bloodborne che al momento preferisco, direi indubbiamente il level-design, non solo in termini artistici, estetici ed architettonici (elemento senza dubbio soggettivo), ma sopratutto per il modo in cui sono strutturate le singole aree. Se vi ricordate di Demon's Souls, e nello specifico del primo livello del Boletarian Palace (1-1), si esplorava l'intero livello, e a metà più o meno dello stesso si scopriva una scorciatoia che riconduceva direttamente all'inizio del livello. Si andava avanti, e si sbloccava la strada per il boss, permettendo di raggiungerlo molto rapidamente partendo dall'inizio. Al momento, tutti i livelli di Bloodborne che ho visitato hanno quella struttura, con la differenza di essere ancora più complessi e meno lineari. Ogni livello propone almeno un paio di shortcuts, e quando si sospetta di essere arrivati nei pressi di un boss, vale sempre la pena esplorare. Quasi sicuramente c'è una via alternativa che permetterà di affrontare le eventuali ripetizioni in maniera molto più spedita. Questo giustifica anche il fatto che in ogni livello ci sia generalmente un solo bonfire, a differenza ad esempio di Dark Souls II, che ne aveva due o tre per via della sua maggiore linearità.
E' un level design elegante, conscio della sua forza, e che non sacrifica la coerenza identitaria delle singole aree, ma che anzi usa la stessa per stupire il giocatore.
Giro e rigiro e mi sembra di aver esplorato tutto, ma c'è un dettaglio che stona. Un indizio abbastanza evidente che mi fa intuire che mi è sfuggito qualcosa, ma non riesco a capire cosa. Torno al bivio precedente e ritorno a sfidare il livello "A" che prima mi aveva fatto desistere. La progressione prosegue in maniera meno traumatica, e dopo non moltissimo mi ritrovo ad affrontare il boss. Un paio di tentativi, ma rinuncio ben presto ad insistere. Non mi sento pronto a fronteggiarlo, e non voglio finire nuovamente nel circolo vizioso di ripetizioni a non finire seguite da ulteriori morti.
Tornerò dopo.

Non sono stato io, giuro.
Ritorno nella precedente area, la "B", deciso a fare un'ulteriore tentativo per trovare il passaggio che mi condurrà nella parte del livello che so esistere. Trovo molto rapidamente l'ingresso che cercavo, chiedendomi come abbia fatto a mancarlo le prime volte. Quello che mi attende è un'ennesima dimostrazione della brillantezza del level-design, e un boss nuovo di pacca. Un paio di tentativi ed è storia. Mi si apre a questo punto una nuova opzione, il primo Chalice Dungeon. Questi sono una novità di Bloodborne. Livelli procedurali che si sbloccano con determinate condizioni e la cui morfologia ed aspetto sono creati in maniera casuale compiendo un determinato rituale. Si tratta di un contenuto puramente opzionale, ma tanto vale provarci ora. Mi servirà da distrazione prima di tornare a sfidare il boss lasciato in sospeso.
Il Chalice Dungeon (strutturato in tre piani) che mi si para davanti ha echi di Sen's Fortress (Dark Souls), zeppo com'è di trappole ambientali e non. La torcia diventa rapidamente essenziale in certi frangenti se non si vuole cadere vittima di qualche diabolico marchingegno. La presenza di nemici completamente nuovi rispetto a quelli incontrati sinora è una gradita sorpresa, e la conformazione del livello, seppur decisamente più lineare rispetto alla geografia di Bloodborne, non manca di estro. La difficoltà media è in linea con le sfide finora incontrate, anche se i nemici sembrano colpire con maggiore efficacia nonostante le apparenze. 
Il primo boss rappresenta un ostacolo non particolarmente ostico, ma gratificante. Il secondo boss è invece vittima di qualche bug, non mi è chiaro se comportamentale o specifico all'area in cui si trova, che rende lo scontro molto diverso da quello che era probabilmente l'intento originale. Non mi che lamenti. la prospettiva di affrontarlo al pieno delle sue capacità è vagamente inquietante.
Arrivato al terzo boss, gli dedico un paio di tentativi, ma devo desistere in quanto si sono prosciugate le mie risorse. Ritorno in superficie complessivamente soddisfatto dell'esperienza, ma reso leggermente perplesso dalla mancanza di tangibili ricompense.
Il Chalice Dungeon mi ha fatto spendere gran parte dei miei proiettili ed oggetti di cura, cosa che mi fa decidere di fare un paio di rapide run per ripristinarle almeno in parte, compito non particolarmente complesso o lungo. Non mancano comunque le sorprese per strada. 
La prima è ritornare nell'area in cui avevo sconfitto il secondo boss, e trovare una pessima sorpresa ad attendermi. Lascerò naturalmente sotto silenzio la stessa, ma mi porta a relativizzare, e di parecchio, la difficoltà stessa del boss ivi precedentemente presente. Ma la dinamicità del mondo e degli incontri possibili mi piace, parecchio.
Sentimento che viene ulteriormente acuito quando torno nel summenzionato livello A e vengo accolto da un nemico mai visto, in un punto in cui non era certamente presente nella mia precedente visita. Prima di capire esattamente cosa sia successo, avviene qualcosa che spazza via ogni altra mia priorità presente.
"No so cosa stia succedendo, ma se può sanguinare, posso ucciderlo"


Parte 2 - Non ce la posso fare
(28/03/2015, Ore 13.00)

Con la destinazione chiara in mente, rimane il dubbio non indifferente del come ritornarci. Pur dopo le ore passate a gironzolare per Yharnam, non sono più certo di ricordare dove si trovasse esattamente l'ingresso per le fogne. Ma cosa sarebbe viaggiare senza il gusto di perdersi? Armato della mia filosofia da due soldi ritorno a Yharnam e cerco di ritrovare i miei punti di riferimento. La ricerca dura per fortuna molto meno del previsto, e in men che non si dica sono lì dove volevo essere. Non è semplice discernere la funzione del luogo in cui mi trovo ora, se si tratti di fogne, canalizzazioni o acquedotti di qualche tipo. Non che abbia molta importanza, visto lo stato in cui sono ormai ridotte. La traversata è meno impervia del previsto, ma gli agguati nemici tengono sulle spine, e la scoperta di una nuova, disturbante tipologia di creature mi sprona a cercare di uscirne al più presto. Scorgere in lontananza un nuovo tipo di nemico nei Souls è immancabilmente per me fonte di un pizzico di paranoia ed ansia. "Cosa sarà mai quella... cosa...?" "Che attacchi può sferrare?" "Posso ucciderla prima di scoprirlo?" "Perché non ho speso le mie anime quando potevo?".
E a proposito di nuove creature, quella che vedo quando giungo alla fine del percorso, ferma in fondo ad un tunnel, accanto ad una scala che sembra potermi riportare in superficie, non sembra promettere nulla di buono. Sopratutto per via della somiglianza con certi miei vecchi amici dei tempi di Dark Souls. E' giunto il momento di prendere una boccata d'aria e salire a rivedere il sole e l'altre stelle, volendo citare il poeta.

In cima alle scale, mi trovo di fronte un lungo ponte, in fondo al quale posso distinguere minacciose presenze. Da un lato invece, qualcosa che riconosco all'istante. Con un sorriso allo stesso tempo sollevato e di ammirazione nei confronti del level-design, attivo il meccanismo che mi permetterà di risparmiare un bel po' di strada nel caso dovessi rifarmi il percorso, ed imbracciando il coraggio a due mani proseguo.
Non moltissimo dopo, stendendo un velo di riservatezza su ciò che succede nel mentre, mi ritrovo finalmente di fronte ad un immensa arcata, e cominciano a farsi insistenti messaggi minacciosi sullo stile "Formidable foe ahead", che sono l'ultima cosa che un giocatore vorrebbe sentirsi dire.
Lo scontro iniziale con il boss è una lezione di umiltà, brutale e senza pietà. E' un di quei perfetti momenti in cui giungi di fronte ad una sfida, ne vieni totalmente sopraffatto, e la tua prima reazione è "No, non potete pretendere che io riesca a fare qualcosa del genere. Ci dev'essere un errore." Ma non ci sono errori. Il gioco pretende realmente da me che sconfigga quell'avversario di cui non mi sento assolutamente all'altezza.
Riparto quindi dal check-point, arrivo al boss, e vengo nuovamente demolito.
Riparto dal check-point, arrivo al boss, cerco di attuare una nuova strategia che sembra funzionare finché non vengo fatto fuori per la terza volta.
Riparto dal check-point, cerco di correre oltre tutti i nemici per non perdere tempo, vengo chiuso in un angolo da una folla inferocita e massacrato.
Riparto dal check-point, dopo una ventina di metri da quest'ultimo vengo ucciso da un nemico comune che fino a quel momento avevo sempre trucidato senza fatica.
Riparto dal check-point, vengo nuovamente ucciso dal medesimo nemico di cui sopra.
Questo è un circolo vizioso che non è raro incontrare in questi giochi. Man man che la sensazione di impotenza nei confronti di un determinato ostacolo sale, assieme al numero di ripetizioni, aumenta la tentazione di mandare al diavolo la pazienza, la metodicità. Si cerca di ritornare al punto in cui si è bloccati nel minor tempo possibile per poter riprovare un'altra volta e nel farlo si commettono invariabilmente errori letali, che portano ad altre morti, e che conducono ad un continuo accumulo di frustrazione.
Decido di prendermi cinque minuti, rilassarmi un secondo. E quando torno dal boss per il quarto tentativo, è la volta buona. Riesco a mettere in atto la strategia che avevo in mente, detto il mio ritmo al duello, ed in men che non si dica un nemico che fino a mezz'ora prima mi sembrava impossibile è stato sconfitto con una facilità sconcertante.
La carica euforica di simili momenti ha pochi uguali.

Decido che dopo questo tour de force, breve ma intenso, ho bisogno di una pausa. Tempo di andare ad aiutare altri Cacciatori in difficoltà. Acquisto l'oggetto che mi permette di offrire i miei servigi ad altri giocatori affinché possano evocarmi nel loro mondo, e le successive due ore le trascorro a massacrare in allegria compagnia boss con i quali avevo sudato sangue.


***

Parte 1 - Benvenuti a Yharnam 
(27/03/2015).

Iniziando una nuova partita ad un Souls a caso, uno dei miei piccoli piaceri è vedere quanto riesca ad andare avanti prima di morire per la prima volta. Ed è sempre abbastanza ilare notare come generalmente queste morti avvengano in maniera alquanto cretina e tutt'altro che epiche.

Questo risulta doppiamente vero quando inizio uno di questi giochi per la primissima volta, a partire da Dark Souls 2, quando morii persino prima di riuscire a scegliere e personalizzare il mio personaggio, cadendo ingloriosamente mentre cercavo di raggiungere con un salto un oggetto posizionato su di una piccola sporgenza di roccia sospesa sopra un precipizio, per poi naturalmente scoprire un minuto dopo che avrei potuto raggiungere comodamente il medesimo punto usando un passaggio nascosto da un cespuglio lì vicino.
E con Bloodborne, poco è cambiato da quel punto di vista.

Creato il mio personaggio, una Lone Survivor di nome Hildr, processo che mi porta via un'ora buona, si inizia.
Sono in una stanza apparentemente deserta e approfitto della calma iniziale per impratichirmi con i controlli. Non è cambiato moltissimo da quel punto di vista, almeno ad una prima occhiata, ma ci sono comunque alcune sostanziali novità su cui ritornerò dopo.
Dopo essermi accertato di essere disarmato e senza nessun'altra scelta possibile, procedo in avanti, avvicinandomi sempre di più ad indistinti ed inquietanti grugniti e latrati.
Dopo pochi metri l'origine di quei versi si palesa in un enorme lupo mannaro intento a sbranare la sua preda, apparentemente ignaro della mia presenza. L'unica via di uscita è apparentemente sbarrata da lui, e per un attimo la mia conoscenza dei Souls mi porta ad un breve istante di indecisione. Sono di fronte ad una situazione in cui il gioco si aspetta che io muoia per poter proseguire il gioco, oppure devo scappare? Con l'arroganza tipica del giocatore che ormai pensa di aver capito come gira il mondo, decido di affrontarlo a mani nude.
E ce la faccio, in un combattimento teso ma meno ostico del previsto. A metà tra la delusione per la mancanza di ricompensa per quella che considero un'impresa epica e la fierezza di esserci riuscito, proseguo, cominciando presto ad imbattermi nei soliti messaggi di incoraggiamento, scherno e delirio sconnesso che ogni giocatore di Souls conosce bene e che costellano sempre l'inizio del gioco. Arrivo ad un apparente vicolo cieco, pattugliato da un nemico umano che inizio ad affrontare finché viene raggiunto da altri due suoi compari che fino ad un attimo prima facevano finta di essere morti in un angolo. La situazione si è fatta spinosa, e dopo aver adocchiato una leva accanto ad un muro faccio cadere giù una scala che uso per sfuggire alla delicata empasse che si è venuta a creare.
Arrivato in cima mi rendo conto che uno dei ribaldi mi sta seguendo, armato di forcone, avendomi probabilmente scambiato per una balla di fieno. Continuando a scappare rischierei solo di trascinarmi dietro un codazzo di nemici, andando ad infilarmi in situazioni ancora più pericolose. Decido quindi di affrontare la situazione di piede fermo.
Aspetto che il primo dei miei inseguitori arrivi quasi in cima alla scala, gli sferro un pugno nella speranza di farlo cadere giù, e lo slancio mi porta a superare l'orlo e a cascare come un sacco di patate venti metri più giù.
You Died.
Benvenuti a Yharnam.
Forse era meglio se morivo contro il licantropo. Sarebbe stato più onorevole.

Ma il giocatore esperto della saga non si fa scoraggiare da simili quisquilie.
Succede quel che deve succedere e vengo finalmente fornito degli strumenti atti a compiere il mio lavoro, da scegliersi tra tre diverse opzioni. Propendo per una specie di canna da passeggio che mi sembra si confaccia molto all'atmosfera vittoriana, e che alla pressione del tasto L1 si trasforma in una letale frusta dalle maglie metalliche. Questa trasformazione di un'arma in una diversa variante è una delle principali novità di Bloodborne, e aggiunge ulteriore varietà e complessità alle stesse, andando ad integrarsi in un sistema di combattimento che riconosce e premia la capacità di alternare le varie modalità in una singola combo per produrre effetti devastanti.
Tra le altre novità puramente meccaniche del combattimento, la rotolata evasiva è relegata ora ai momenti in cui non si tiene il nemico sotto lock-on. In quei casi, si ha invece a disposizione uno scatto multi-direzionale che svolge la stessa funzione ma dai tempi di recupero minori e che si integra più fluidamente nell'azione offensiva.
Il famoso backstab è stato rivisto e corretto, e non è più sufficiente trovarsi alle spalle di un nemico per infliggergli ingenti danni. E' invece necessario “prepararlo” con un colpo potente caricato con R2, a cui far seguire il backstab vero e proprio.
Le meccaniche del parry and riposte sono state alterate dall'assenza dello scudo. Esse vertono adesso sull'arma da fuoco che si impugna nella mano sinistra. Questa da sola infligge danni minimali, ed è invece essenziale per stordire un nemico in mezzo alla sua animazione di attacco, cosa che crea una breve finestra entro la quale infliggere il colpo speciale. La brevità di questa finestra temporale obbliga a trovarsi proprio acconto al nemico mentre questo attacca
Ma andiamo avanti.

Ritorno rapidamente nel punto in cui ero morto la prima volta, uccido senza troppi problemi i tre e ritorno a salire la scaletta, questa volta senza presenze indesiderate alle mie spalle. Prendo l'unico cancello accessibile, e raggiungo un ponticello dal quale si intravede un viale, metri sotto, pattugliato dai deformi ed ostili abitanti di Yharnam, laide creature dagli arti troppo lunghi per essere sani, afflitti da chissà quale seme di follia. Altri sono fermi qua e là, attorno ad uno dei numerosi falò, nei cortiletti delle case adiacenti. Il colpo d'occhio è fenomenale, con quest'umanità sofferente e desiderosa di infliggere sofferenza che attende, armata di forconi, torce, sciabole, improvvisati scudi di legno... Il viale è cosparso di bare appoggiate contro i muri, carrozze abbandonate, cadaveri umani ed animali, pire improvvisate, con tutt'attorno le sagome aguzze di campanili ed cattedrali a schiacciare e dominare la scena e prestare un'aria di soffocante claustrofobia al tutto. Yharnam è una città appestata.

Scendo un paio di rampe di scale, lascio passare sotto di me un gruppetto di nemici diretti chissà dove, quindi attiro l'attenzione di uno di essi lanciandogli contro un sasso. Arriva di corsa, esclamando qualche invettiva che non sento di meritare. Uccido lui, poi il resto del gruppo, venendo quasi trucidato a mia volta da un altro nascosto in un vicolo e che non avevo precedentemente visto. La mobilità dei nemici in questa fase di gioco, ed il loro numero, rendono ancora più complesso il processo di acclimatamento dopo 3 giochi passati ad aggrapparmi al mio scudo come fosse una ciambella di salvataggio in un mare in tempesta. In Bloodborne non ci si nasconde, non si subiscono i colpi avversari in attesa che venga il proprio turno. La miglior difesa è l'attacco, ed imporre il proprio ritmo alle schermaglie è esigenza quasi vitale.
Terminato il combattimento mi ritrovo ad un bivio. Decido di andare verso sinistra, e dopo pochi metri vedo in lontananza un gigante armato di un'enorme lama che pattuglia, bloccandomi la strada da quel lato. Decido che la miglior difesa è la fuga, e che forse preferisco per il momento andare a destra.


Torno sui miei passi, proseguo, e mi trovo davanti una scena degna del miglior Resident Evil 4. Il viale che finisce di fronte ad un gigantesco portone, chiuso, che rimbomba sotto i colpi di qualche creatura per fortuna bloccata dall'altra parte. In mezzo a questa improvvisata piazza un enorme falò, con crocifisso sopra qualche creatura di cui non desidero approfondire la natura. Attorno al falò e dispersi in giro, una dozzina buona di Yharnamiti, alcuni dei quali armati con archibugi, intenti probabilmente a controllare il corretto grado di cottura del barbecue del giorno. Quello che segue è normale amministrazione, tra agguati riusciti a metà, improvvisi scatti di temerarietà che mi portano a buttarmi nella mischia nella speranza di farne fuori un paio alla volta, seguiti da fughe con la coda tra le gambe quando un nemico che non avevo visto mi trapassa con un pallettone dalla sua posizione.

Emergo comunque vincitore, ed è tempo di proseguire. L'unica via a me disponibile conduce ad una piazzetta con in mezzo una scultura circolare che forse era una fontana, forse no. Riesco a scorgere il bestione che sta battendo sul portone di prima, e decido che non ci voglio avere nulla a che fare. Lo aggiro con circospezione dopo aver ucciso alcune delle creature più disturbanti che abbia mai incontrato, nella forma di corvi giganti che si trascinano per terra, incapaci di volare, tranne alzarsi in aria e planare brevemente nel tentativo di straziarmi con becco ed artigli, gracchiando con versi che feriscono le orecchie.
Una breve scalinata sembra condurre in luoghi inesplorati e mi accingo a proseguire, reso prudente da latrati di cui non riesco a scorgere l'origine. Il cagnaccio si palesa abbastanza rapidamente, ed assieme a lui almeno un paio dei suoi bestiali padroni. Mentre cerco di mantenere le distanze e tento di capire come gestire il gruppo, una mazzata in testa da direzione imprecisata mi spazza via. In preda al panico cerco di scappare ma il gigante che avevo cercato di evitare prima e che mi è arrivato alle spalle attratto dal rumore mi ha ormai preso le misure. Sono carne morta prima di poter rimpiangere la mia imprudenza.

Quelle che seguono sono due ore di esplorazione minuziosa in cui giro in lungo e largo il primo livello, ammesso che parlare di livelli in Bloodborne abbia senso.

Quello del Cacciatore è uno sporco mestiere.
Tra gli highlight, attraversare trasversalmente un ponte, scorgere in mezzo allo stesso un paio di lupi mannari che si aggirano fiutando l'aria, e convenire con me che non è il caso di disturbarli. Ancora, dopo aver esplorato a fondo ed aperto tutte le scorciatoie possibili, chiedermi dove sia il benedetto boss, e scoprire che era proprio oltre quei licantropi evitati un'ora e mezza prima.
Oppure cadere in una fogna mentre sto cercando di recuperare un oggetto il cui luccichio mi fa perdere la tradizionale prudenza, e venire assalito e dilaniato da un gruppo di ratti.

Il primo boss non è estremamente impegnativo, anche se mi ci vogliono comunque tre tentativi per prendergli le misure, dopo aver sprecato non poche risorse. Dopo averlo ucciso mi rendo conto che andando oltre si incappa sostanzialmente in un vicolo cieco. Tempo di tornare al rifugio e meditare sul da farsi.

Con i Blood Echoes ammassati (valuta che sostituisce le Anime) posso finalmente fare un po' di shopping e acquistare qualche livello. Il Saw Cleaver attrae la mia attenzione, mannaia che all'occorrenza si trasforma in lancia per attacchi dalla media distanza. Vorrei iniziare a potenziare le mie armi, ma la verità è che esito ancora a farlo. Non voglio ancora investire risorse nel processo prima di essere sicuro di non trovare subito dopo qualcosa di meglio o maggiormente di mio gusto.
Posso comunque aumentare un po' di statistiche, e mi concentro principalmente sugli HP. Scelta probabilmente non illuminatissima, ma bisogna pur sopravvivere.

Tempo di considerare la prossima destinazione.

Le fogne in cui sono ingloriosamente caduto prima non sembrano luogo particolarmente ameno, ma ho come l'impressione che dovrò comunque esplorarle, sopratutto da quando ho scoperto un paio di passaggi alternativi per arrivarci e che non prevedano vi si debba scompostamente precipitare dentro.
Secondo un cordiale, seppur leggermente terrorizzato abitante del luogo che ho incrociato nelle mie scorribande, e che ha dialogato con me dal chiuso della sua casa, sussurrando da dietro le inferriate della finestra, un modo per raggiungere la Cattedrale consiste nel passare proprio dalle fogne. E la Cattedrale è proprio dove ho l'impressione di dover andare.

E' ora di rimettersi sul sentiero di caccia.


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6 Commenti

  1. Diamo il benvenuto a Nihilizem, in realtà già nostro collaboratore da dietro le quinte da qualche mese ed impegnato in una pubblicazione ancora work in progress.
    Membro stimatissimo della community di tfpforum e già ospite nell'ultimissima puntata del podcast di Wiskast, Nihilizem è, tra le tante cose, un appassionato di rpg ed un profondo conoscitore dei Souls-games avendoli approfonditi praticamente tutti, compreso il derivativo Lords of the Fallen.

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  2. Bella Nihilizem , contentissimo di leggerti anche qua.

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  3. Bella Nihilizem , contentissimo di leggerti anche qua.

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  4. Complimenti Nihilizem (gran nickname!) e grazie per la scelta di non spoilerare eccessivamente! In ogni caso dopo queste prime impressioni penso che leggerò saltuariamente perchè la paura di spoilerarsi situazioni di gioco è tanta!! Ma fine della mia prima run senza dubbi tornerò qui e leggerò in toto! È sempre interessante vedere come gli altri si approcciano a un gioco del genere! Comunque quanto la stai trovando malata l'ambientazione e i nemici? Il gioco non è che mette paura propriamente, però fra effetti audio (urla, rantoli ecc) e design dei nemici visivamente per me, imho, è più impressionante di ogni Silent Hill giocato finora (tutti tranne downpour e homecoming) il che era una cosa impensabile a priori... penso che siano riusciti davvero a ricreare un vero e proprio incubo a schermo.. poi giustamente è pegi 16, come no xD

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    1. Diciamo che il tono gotico è certamente molto più conduttivo all'horror di quanto sia stato finora il fantasy dei Souls, e anche prescindendo da quello, ci sono situazioni, nemici e anche suggestioni che un brivido lo mettono addosso, assolutamente.
      Questo è ulteriormente accentuato dal fatto che già dalla prima area, più che in qualsiasi altro gioco della serie, viene reso evidente che Yharnam era, magari fino a pochissimo prima, un posto vivo e popolato, in cui all'improvviso qualcosa è andato maledettamente storto.
      Sugli spoiler, cercherò di evitarli nella misura del possibile, assolutamente. Ma concordo pure io che se qualcuno ha intenzione di giocarsi Bloodborne, è meglio non legga prima. Anche perché l'articolo vuole essere più un resoconto di esperienze personali che una guida, quindi il poco valore che può avere si ritrova probabilmente nel confronto con la propria di esperienza.

      Ciò detto, grazie a tutti per le gentili parole ;-)

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  5. Ragazzi siete formidabili, tutti quanti. Non ringrazierò mai abbastanza aku per avermi linkato questa insostutuibile fonte di sapere videoludico. Mi tiene compagnia, mi intrattiene, mi piace.
    GRANDI !

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