RECENSIONE - Assassin's Creed Unity

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Bene, completato al 100%, circa 3 mesi di gioco nelle amare aurore, quando tutto è silenzio e l’ora è nessuna…

All’ennesima reiterazione del franchise appare chiaro come AC non ambisca ad altro se non alla propria sopravvivenza estetizzante, aggiudicandosi il primato
di archetipo del gaming moderno nonché pietra dello scandalo a causa degli enormi volumi di vendita. Il titolo evolve nella sua nicchia specifica pur tuttavia non interessandosi a quello che l’intellighenzia videoludica considera come “buon gameplay” e “ottima giocabilità”. In tal senso Unity non fa nulla di nuovo o di diverso, se non la destrutturazione sapiente dell’impianto ludico dei precedenti AC per creare una sorta di progressione evolutiva del personaggio a forza di abilità e di equipaggiamento, con lo scopo di restituire, al termine del suo corso, la scontatezza operativa che funesta da sempre questa serie. La realtà è molto semplice e tutto sommato abbastanza triste: AC è e sarà sempre una saga più immaginata che vissuta, nel senso che a ogni nuovo annuncio la mente si figura e si crogiola in scenari meravigliosi per resa e meccaniche. Poi il gioco esce e ci si ritrova a vagare per città in stile Duplo a rincorrere icone insensate, sperando di ridurne il numero e con esso il tedio. E si giura che mai e poi mai si ricadrà nel medesimo errore, nell’imbroglio perpetrato da ormai 8 anni, pena l’estromissione dalla carica di videogiocatore consapevole. I più forti riescono, poi ci sono gli idealisti come me (potrei usare un’espressione più radicale ma vabbè…) che, pragmaticamente, dovrebbero allineare realtà e proiezioni mentali. Ma il mondo è illusione e tutto è lecito.
Quindi è ormai inutile chiedere il lecito e sperare l’insperabile, la trasformazione avutasi in vari sandbox sembra non essere un obiettivo di Ubisoft. A questo punto ci si domanda quale sia il target di AC e perché lo stesso non sia ancora stufo e demotivato da tanta vacuità. Le ragioni sono da ricercare nel particolare contesto immaginifico che AC è andato a occupare, quello della Storia e del determinismo temporale. L’idea di percorrere specifiche ambientazioni con una realizzazione tecnico/stilistica di pregio è più forte dell’esiguità dell’offerta interattiva che, in effetti, non manca di quantità e di richiesta ma fallisce totalmente qualsiasi sostanzialità qualitativa. Assassins’s Creed Black Flag è stata una parentesi assai felice in tal senso, aggiudicandosi la palma di episodio migliore dai tempi del secondo. E non si può rimanere del tutto indifferenti al fascino del prossimo Syndicate a causa delle sollecitazioni eversive che l’ambientazione reca con sé. La giocabilità di questo franchise è da sempre una sorta di precipitato inerte che si distende uniformemente sullo spazio-gioco e ne evidenzia forme e colori utili allo scopo.
Naturalmente, avendo nella fattualità poca sostanza, tutto ciò che rimane è quello di saturare il giocatore con attività di svariata natura. In questo senso Unity non fa altro che raddoppiare la posta in gioco: decine e decine di missioni divise per tipologia, collezionabili senza vergogna, occasioni di divertimento (?) condiviso con altri giocatori, varie ed eventuali. Quali sono i passi in avanti verso una forma accettabile di videogioco che Unity avrebbe percorso? Molto semplicemente, non ci sono (a parte un rimpasto di elementi noti) quindi il detrattore può smettere di leggere qui, non c’è nulla che possa far cambiare idea.


Detto questo e restituito il vero al vero, se ammettiamo una possibilità evolutiva all’interno del contesto “Assassin’s Creed” le novità non sono né poche né ininfluenti, qualche flebile tentativo di stratificazione ludica c’è.
Esteticamente interpreta il passaggio generazionale con l’approntamento numerico di elementi a video. La Parigi rivoluzionaria è un luogo pieno di gente arrabbiata e quantitativamente rilevante, almeno al colpo d’occhio. Ed è enorme, il passaggio stilistico-architettonico da un quartiere all’altro produce contrasti di marmo e legno, di ariosità e preclusione visiva, di ricchezza e povertà. Si gira col naso all’insù e sono molte le istantanee di stupore. Non che la tecnica in sé abbia raggiunto chissà quale guadagno però almeno a questo giro AC recupera ottime e realistiche costruzioni in scala, per cui molti dei monumenti sono in effetti pregevoli per resa e verosimili in tutto. Così come sono numerosi i quadri di vita colti gironzolando per le vie di Parigi, il bivacco degli esuli, il postribolo con donne di vita, il patibolo con esecuzioni e via discorrendo. Naturalmente, come sempre, è tutto fintamente mobile, assumendo le fattezze di presepe meccanizzato per cui nulla stupisce veramente in questo motore immobile di inutilità pratica. Sarebbe bello bearsi almeno di 30 fps costanti ma nelle piazze dei tumulti la contestazione si prende i suoi tempi con cali che definire indecorosi è poco. Rispetto a quanto visto passato, Parigi è una città estremamente diversificata, si passa da nuclei densamente abitati con un brulicare vivido di teste e arti ai desolati spazi di qualche giardino nobiliare immerso nella nebbia. Aiutano anche gli interni, botteghe di svariate mansioni e interni signorili che movimentano un tantino la deambulazione. Skyline maestoso e un certo romanticismo impressionista aiutano a scovare qui e là sui tetti scene di estrema bellezza, terribilizzate da quel sublime artistico dato dal titanismo architettonico. Il mondo di Unity è un mondo di splendore generale irrorato di luce abbacinante, l’unico consiglio è quello di non indugiare sul particolare visto che pop-up e clipping uccidono la poesia dei possessori di console.


AC Unity si gioca mediocremente come in passato, anche e soprattutto esaminando e scomponendo i vari aspetti del gameplay. La suggestione del camuffamento alla luce del sole è inficiata da tantissimi problemi, a partire dal sistema di controllo poco aggiornato fino ad arrivare alle carenze dell’intelligenza artificiale. Il tutto è poco armonico, stentato, insoddisfacente sia in chiave procedurale che in termini di godimento epidermico. Si combatte con la rigidità di un mondo pensato per blocchi esecutivi non negoziabili, la cui concatenazione fluida costituirebbe fonte ricreativa, almeno secondo gli sviluppatori. Dopo 7-8 giochi mi sembra una presunzione del tutto scollegata dalla realtà. Ci sono delle novità in chiave di snellimento deambulativo come i tipici movimenti da parkour, discese facilitate e disimpegnanti, e soprattutto la possibilità di fruttare gli interni per attraversare capillarmente la città. Stesso discorso per il sistema di combattimento, ora legato a parametri misurabili di equipaggiamento congruo ed edificazione del personaggio, per cui ora il titolo può essere anche impegnativo e difficile a patto di infilarsi in situazioni poco consone prima del tempo. Lo scimmiottamento del “modello Batman” è piuttosto evidente ma non basta un tasto per la contromossa a generare una soddisfacente danza di morte, come in passato il risultato finale è elegante nella forma ma farraginoso nella traduzione esecutiva. Non che manchi una certa difficoltà, soprattutto impostando una condotta ludica orientata al completismo più sfrenato, a cui si aggiunge un minimo elemento tattico dato dalla natura dell’equipaggiamento, ora non solo avvinto a valori numerici ma differente per il tipo di condotta che si vuole tenere. Si può optare per armature con slot aggiuntivi per strumenti bellici secondari, oppure incrementare le statistiche in chiave stealth per comportamenti più defilati e ancora, si può decidere di puntare tutto sulla forza bruta a scapito della discrezionalità. Decide e decine di armi, divise tra leggere/pesanti/diverse impugnature ecc. Apporti apprezzabili ma sappiamo che il problema è altrove.

Giova suddividere e sottolineare le varie attività offerte:

Storia principale: le missioni della main sono di fatto quelle che livellano verso il basso le esigenze ludiche. Bisogna arrivare ai capitoli finali per gustarsi una sfida reale in quanto, in ottemperanza alla saga, il tutorial arriva fin quasi a metà del numero complessivo di missioni. È un peccato anche e soprattutto per la cura riposta, adesso gli assassinii sono correlati di presentazione formale (numero di nemici, diversivi possibili, oggetti da prendere), l’illusione della discrezionalità e della progettualità fa inizialmente sperare in qualcosa di maggiormente strutturato. Illusione presto smentita dalla solita approssimazione, si può spremere un po’ di succo puntando alla sincronizzazione al 100% ma dubito si tratti di attività effettivamente divertenti. Narrativamente si tratta di una classica storia in tempi sovversivi in cui amore e tradimento di avviluppano intorno a eventi storici più o meno noti. Più che altro si percepisce molto presto il totale disinteresse di Ubisoft verso quell’universo sci-fi costruito così faticosamente a forza di uscite. AC parla ormai solo della millenaria lotta tra Assassini e Templari, colta nelle diverse epoche. Punto. E basta.

Storie di Parigi: missioni di assassinio, ricognizione, pedinamento, recupero oggetti, varie ed eventuali. Consolidano lo sfondo storico con l’inserimento di personaggi carismatici (Napoleone, De Sade ecc.) e aiutano a vivere meglio l’ambientazione. Si passa dalla demenzialità (consegnare un oggetto a un personaggio che sta lì a 20 metri…) all’apice della sfida. Le missioni a coefficiente di difficoltà “5” richiedono equipaggiamento adeguato, buon colpo d’occhio e il ricorso a forme di pensiero laterale inedite per la saga. Se avessero applicato la medesima intransigenza alle missioni della storia principale probabilmente questo ACU avrebbe ottenuto un giudizio leggermente più lusinghiero.


Enigmi di Nostradamus: missioni a scopo turistico per permettere al giocatore di constatare l’enorme mole di lavoro estetico. Ci sono simboli da ricercare all’interno di un determinato quartiere grazie a criptiche filastrocche da decifrare e interpretare. Di per sé nulla di nuovo e inedito ma la realizzazione è comunque buona e discretamente impegnativa, una scusa per godersi ogni angolo di Parigi se si ha intenzione di esaurire l’offerta complessiva.

Investigazioni: scorie mutanti di giochi nettamente migliori (tipo Batman), le investigazioni sono di fatto i “casi alla CSI” di ACU da portare avanti con tutti gli strumenti di indagine del caso. Ricerca di indizi, interrogatori formali, incroci di testimonianze e informazioni e cose di sorta. Carina l’idea di poter accusare erroneamente gente innocente ed è da applaudire la mole di materiale visivo prodotto per rendere le investigazioni più complesse. Che sia direttamente divertente non saprei, in fondo si tratta di andare da un capo all’altro della mappa a certificare luoghi e persone. In definitiva sufficientemente interessanti.

Missioni in Coop: il background storico decanta in questa tipologia di missione, le presentazioni pescano nell’immaginario rivoluzionario con storie collaterali e personaggi bizzarri che forse, anche in questo caso, avrebbero trovato maggiore risalto nella storia principale. Affrontate in gruppo sono piuttosto semplici, farsele da soli richiede una pianificazione inedita per AC, a causa della disparità delle forze messe in campo. Forse il momento apicale dell’offerta ludica, il giocatore in questo caso deve far combaciare le storture del gameplay con la propria idea di risoluzione libera, operazione che può portare via anche un’ora a missione con poco margine di errore. Interessante, soprattutto perché sono le missioni più interpretabili.

Missioni di Furto: missioni a carattere stealth in cui però è mancata la decisiva cattiveria. Invece di desincronizzare il giocatore in caso di rintracciamento da parte dei nemici si è deciso di ridurre la ricompensa economica tipo malus, alleggerendo di molto la tensione esecutiva. Le missioni in sé sono discretamente strutturate e permettono di indagare meglio alcune costruzioni tipiche (ospedale, prigione ecc.) non ben sfruttate nel fluire funzionale del gioco. Sono una passabile variazione al solito.

Missioni di Assassinio: Scontante, basiche e svogliate per allestimento e organizzazione. Un mero riempitivo di qualcosa che al massimo andava snellito, non appesantito. Scadenti e inutili.

Fratture: sulla carta un’idea splendida, creare varchi temporali da attraversare obbligatoriamente che mostrassero una Parigi colta in epoche diverse ma anche in questo caso si tratta di una scusa per l’ennesima attività poco divertente. Si recupera la tipologia di missione del percorso a tempo con oggetti/punti da prendere/attraversare. Sulle prime fa ben impressione il cambiamento di stile grafico ma ad abituarsi si fa subito, e quello che rimane è il tedio di dover affrontare più e più volte percorsi di scarsa ispirazione. Peccato.


Collezionabili: oddio, qui si possono seguire dei ragionamenti dall’esito antitetico. Da una parte gli oltre 400 collezionabili permettono di godersi interni e spaccati di gioco in mondo approfondendo l’offerta. L’apertura dei cofanetti è ora legata a vari aspetti: le abilità di scasso del protagonista, l’appartenenza a un gruppo di assassini, cimentarsi in determinate sidequest e cose così. Quindi bisogna anche investire risorse e intuito per portare a casa il risultato. Poi si aggiungono stemmi e coccarde piazzati in un punti strategici, in modo tale da movimentare un pochino il level design e ingegnarsi a raggiungere l’oggetto bramato. Di fatto una buona scusa per attardarsi ancora nel gioco. D’altra parte però, gli sviluppatori non riescono ancora a concepire il collezionabile come un qualcosa teso ad evidenziare le qualità di un titolo ambientale e non a irritare disseminando icone su icone su una mappa ingestibile e poco attraente. Quindi non saprei, temo che anche a questo giro l’offerta quantitativa sia diventata controproducente.


Cosa rimane, dopo tante ore e tante cose svolte? Semplicemente la più grande occasione persa nella recente storia del videogioco, non tanto di Unity in sé (in un certo senso uno dei migliori esponenti della saga) ma in riferimento a tutto il potenziale che ormai da anni si sperpera. Difficile disattendere tutti insieme elementi ludici difformi come stealth, sistema di combattimento ed esplorazione ma incredibilmente questa serie ci riesce, trasformando i sogni dei videogiocatori in incubi vividi di procedure scadenti. Forse AC non è il gioco peggiore di sempre ma di certo è diventato il miglior esempio di sfruttamento intensivo della credulità popolare e di mancanza di senso critico. Ma qual è il limite che il videogiocatore dovrebbe dare e darsi al legittimo e personale piacere di giocare roba mediocre ma soggettivamente interessante? Perché AC non è un gioco comune interscambiabile con qualsiasi altra esperienza, sostenerlo sarebbe ingeneroso. Lo dicono i numeri, lo dice il budget, lo dice il suo innegabile carisma, nel bene e nel male.

Del resto, l’etica (anche del videogiocare) è più una questione di opinioni oppure è anche una scienza invincibile?

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2 Commenti

  1. Come hai fatto a finirlo al 100%? io arrivato ad un certo punto ho mollato. Alla fine lo fai più per ripulire la mappa dalle icone che per divertimento vero e proprio. Concordo su tutto. L'ultima parte è da appendere negli studi ubisoft.
    A me è piaciuta l'impronta stealth più massiccia. Anzi devo dire che l'ho giocato prevalentemente in questa maniera. Il tutto però è rovinato da un design delle missioni e delle ronde nemiche fatto un pò alla rinfusa, frettoloso e ingiusto in certi frangenti.
    Un gioco pessimo non è, ma ancora una volta non riesce a lasciare il segno come dovrebbe fare un gioco dal simile budget/portata.

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  2. Lo sto giocando anche io in questi giorni diciamo sto al 50% ma non sono molto dedito a robe secondarie, e si condivido il punto di vista ma aggiungo che è anche una 'mania' inevitabile per ogni vero appassionato di questo media: quante volte abbiamo supportato, giocato, amato ed apprezzato roba che oggettivamente riconosciamo di qualità mediocre/ non eccelsa ma che soggettivamente amiamo da impazzire? Per l'esperienza ed emozioni che alcuni titoli possono trasmetterci. Perchè siamo noi stessi a determinare cosa ci piace. L'importante è avere sempre, da gamer coscienzioso, consapevolezza di ciò che si sta vivendo: ed è per questa filosofia che continuo a seguire questa saga di cui però riconosco i millemila limiti. Ambientazioni, trama (con riserva), atmosfera, estetica sono a livello eccelsi ed uniche nel panorama. Il vero problema è che a cotanto ben di dio artistico non si è mai riuscito ad abbinare un gameplay davvero intelligente e perfetto. Rimescolamenti qui e lì di capitolo in capitolo però mai qualità eccelsa. E questo è da ricercare secondo me in fattori che non cambieranno mai (mettiamoci l'anima in pace): il fatto che è un gioco dtudiato per piacere alle masse e che quindi, come spesso accade, vuole fare tutto ma non è specializzato in nulla davvero bene; i capitoli escono a cadenza praticamente annuale (esigenze) e quindi ovvio non si abbia il tempo materiale per fare lavori imponenti nel gameplay (e anzi mi stupisco quanto lavoro riescano a fare nel ricreare ambientazioni magari diversissime fra loro come Firenze/Venezia e la Boston di AC3). Insomma questa saga ha ancora un'attrattiva in me e sto in parte apprezzando le scelte controtendenza nel gameplay di questo unity (onestamente più difficile, anche troppo e a tratti frustrante) però siamo ancora lontani (e non ci si arriverà mai) a quell'armonia e connubio perfetto fra gioco in quanto gioco (gameplay) e narrativa/trama/estetica

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