Red Dead Redemption 2 - Ti racconto una storia.


Il seguente racconto fa parte del discorso iniziato molti anni addietro con il progetto in toto di GMC, e il suo tentativo di trovare  una rappresentazione efficace ed esaustiva per raccontare il videogioco odierno e anche quello passato. 
GMC si è spesso spinto a compiere esplorazioni graduali, specie quando, di fatto, è realmente impossibile archiviare con un giudizio definitivo un titolo così imponente come Red Dead Redemption 2.
Facciamo sempre attenzione quando ci barcameniamo tra intermedialità e metodologie di raccontare una simulazione virtuale. Come si può, del resto, raccontare l'esperienza che scaturisce dal videogioco, oltre che con lunghe disamine incentrate sul videogioco stesso? Attraverso le immagini, senza dubbio e le parole che sappiano fermare l'attimo sfuggente e sfuggevole, emotivo ed estetico. Ecco duque cosa ho trovato nel meraviglioso costrutto di Rockstar, tra elementi di gioco agenti e reagenti, cercando di definire lo spazio del videogioco e il suo impatto sul giocatore. 
Qual è, in sostanza, la reciproca influenza tra luogo non reale (o virtuale) e reale?
Il videogioco è una cassa di risonanza o una autentica fessura spazio-temporale? Certamente è capace di muovere alla vertigine, spingere all'esplorazione o alla contemplazione artistica, ma quest'ultimo aspetto è solo una delle sue innumerevoli chiavi di lettura. Del resto abbiamo la pretesa di credere che i mondi multidimensionali abbiano destinazioni precise e possiedano coordinate precise, quando in realtà, non è così.

Che i videogame siano una “cosa” complessa, lo si comprende nel momento stesso in cui si cerca di analizzarli criticamente e coerentemente. Il modello narrativo tradizionale, com’è noto, è uno strumento interpretativo inadeguato a restituire la specificità dei media interattivi. Forse l’aspetto più propriamente narrativo del videogioco sono i “racconti” dei giocatori, i resoconti delle partite, delle sessioni e delle esperienze di gioco. “Ho girato l’angolo e c’era uno zombie pronto ad assalirmi. Ho mirato alla testa e l’ho ucciso...”. In realtà, quello che ho effettivamente fatto è stato muovere le mie dita su un’interfaccia, il pad: è la mia mente che ha stabilito un rapporto di causa-ed-effetto tra l’azione e la scena rappresentata, costruendo una “storia” che ora posso raccontare ai miei amici, offline online. Cio’ che conta in un videogame non è allora capire ‘what happens’, quello che succede, bensì individuare i sistemi di valorizzazione del mondo simulato (...)

MBF

Di ritorno da una scorribanda fortunatamente redditizia vedo una piccola luce in un dolce declivio, di una deliziosa collinetta. Una piccola e modesta casetta di legno abbarbicata su una riva a strapiombo, muove la mia attenzione di gringo che si aggira furtivo durante la notte della prateria.
È un luogo piuttosto isolato e potenzialmente promettente. L'ideale per una mia visita notturna "fuori programma".
Qualche strana forza mi spinge a smontare da Cuddy, il mio quarto cavallo, un ronzino purosangue. Mi avvicino di soppiatto, mi dirigo all'uscita posteriore. Mi pianto contro la parete ed ascolto.
Mi è capitato di irrompere in un bettola durante una partita a Poker di criminali incalliti armati di doppietta. Non vorrei ripetere l'esperienza, non è stato molto piacevole.
Prima ascoltare, poi agire. Questa è la prassi.
Dall'interno sento provenire distintamente le voci di due uomini, un ragazzo ed un uomo. Presumo di colore. Il ragazzo sta rinfacciando all'uomo le condizioni miserabili in cui versano, spiantati, poveri, senza un soldo.
Il padre è alcolizzato e lui è stanco di spaccarsi la schiena nei campi, portare a casa qualche dollaro che puntualmente viene bevuto dall'uomo. Il padre lo manda alla malora e il ragazzo si ritira sconfortato (sento distintamente i passi) in camera sua. Non so cosa mi prenda in quel momento.

È gente povera, me l'hanno praticamente spiaccicato sul grugno. Ma il desiderio di rapinarli e fare altri soldi, sovrascrive per pochi determinanti minuti il mio desiderio coscienzioso di lasciar perdere questa faccenda, finita prima di iniziare.
Penso che alla fin fine sia normale, mi convinco, dopotutto, entro, li derubo e me ne vado. 
Una cosa facile. Andrà tutto liscio come l'olio...l'ho già fatto del resto. Nessuno si farà del male. Sono un professionista io, non sono Bill.
In ogni caso l'ho già fatto. Ho fatto rapine a banche e ho colpito diligenze, so come funziona in questi casi. Questi poveri pezzenti al massimo avranno un coltello o al massimo andranno a cazzotti. Basterà fargli vedere la mia colt a ripetizione per convincerli a non muovere un muscolo. 
Mi infilo il cappuccio, non so perché ma non voglio far vedere la mia faccia stanotte. 
Nemmeno gli occhi, di solito uso il bavaglio per le mie attività criminali. 
Questa sera no, decido di usare il cappuccio, quello da...esecutore? Perché?
Avevo già pianificato di....no? O forse sì? Non lo so.
Entro di soppiatto, piano piano. La porta era aperta.
La casa ha una piantina basica, sono poche stanze male illuminate. Il padre è assorto nella lettura di un giornale, in un salotto piuttosto malridotto, con pochi mobilacci sporchi e qualche tavolino con le gambe sghembe. Mi vede, e si alza di scatto. 
Nessun porta divide l'abitazione, ad eccezione di due camere ad est.

- "Ehi tu! Figlio di puttana, cosa..."

Ti prego no, fai che non estragga.
Niente da fare, l'uomo mette mano alla sua fondina, io lo freddo sul nascere senza nemmeno usare il mio fantomatico deadeye. Potevo disarmarlo. Potevo gambizzarlo. Potevo colpirlo. Un proiettile in piena testa lo sbatte violentemente contro il muro. Dall'altra stanza sento la voce tremante del ragazzo.

- "Pà?! Pà...?che succede...?"

Entro nella camera e vedo il ragazzino che scappa sotto il letto. Si rifugia tremante, ed inizia a piangere, singhiozzando, è una scena da autentico torcibudella.

- "Perché l'hai fatto?"

- "Perché hai sparato a mio padre?"

- "Perché?!!!!"

Non mi lancia contro offese ed insulti. È completamente terrorizzato. Sulle prime rimango interdetto. Sul tavolo ci sono delle carte da collezione, le arraffo avidamente. Lo faccio perché almeno sia valsa la pena.

- "No, ti prego quella carta...me l'ha regalata mia madre"

La sensazione di essere una merda di uomo è davvero fortissima.
Il negretto inizia a piagnucolare il tono che usa è realmente insopportabile. Le frasi che mi lancia addosso sono peggio dei proiettili che in passato mi fischiavano addosso, ma in qualche modo mi facevano sentire bene. Il ragazzo continua a lagnarsi, ovvio, ho ucciso a sangue freddo suo padre.

"Ti prego, non farmi del male Mister"

"Basta, sta zitto ragazzo...fai silenzio"

"Ti prego...HAI UCCISO MIO PADRE!"

"Basta...ho detto"

So benissimo di aver fatto una cosa sbagliata, assolutamente gratuita, stupida. 
Non è la casa di un ricco magnate spregiudicato e schiavista che si arricchisce con schiene deturpate dalle frustate nelle piantagioni, non è la casa di un ricco borghese di Saint Denis...la ricompensa sarà per forza di cose ridicola. Sapevo che lo sarebbe stato, perché sono entrato qui dentro?
Ormai ci sono dentro. Le frasi iniziano a farmi sentire orrendamente in colpa. 

- "Cosa speravi di trovare? Un tesoro?"

- "Perché hai ucciso mio padre?"

- "Perché l'hai fatto?"

"BASTA ragazzo, BASTA..."

Mantengo la parte fino alla fine. Non posso vacillare, non ora. Sono un criminale.

"Dove sono i soldi ragazzo?"

- "Sono...sob, sigh, nel caminetto...è tutto quello che abbiamo...te lo giuro mister"

Poi rincara la dose. Il tono è sempre più disperato, sconfortante e crudo. È una scena di realismo esagerato. Perfino sconvolgente.

- "Perché hai ucciso mio padre? Non abbiamo nulla...siamo gente povera...non"

- "Oddio Mister, lasciami andare io"

Gli sparo. Come un verme.
È sotto il letto, è impotente. Sono un verme. Era spaventato. Non stava facendo niente di male, a parte urlarmi contro. E mi stava dicendo solo cose vere e non c'era odio nella sua voce, lo percepivo. Non avrebbe reagito. Avevo il pieno controllo della situazione. Il pieno controllo.
Cazzo, è solo un videogioco. Mi devo calmare, non ho fatto niente di male. Non ho ucciso nessuno davvero, ma mi sento malissimo, come se il peso del mondo mi si fosse rovesciato sopra.
Mi domando se nessuno ha sentito gli spari. Spero che li abbiano sentiti, i cacciatori di taglie sanno di me e del resto, ho una taglia di 150$. Sono un bersaglio appetibile no?
Sceriffo. Sparami. Mandami addosso decine di uomini. 
Voglio essere crivellato, fatto a pezzi. Voglio ripartire daccapo. Voglio avere una seconda possibilità. Decidere di evitare questa maledetta casa che mi ha denudato completamente della mia dignità di giocatore che gioca ad un gioco. Invece no, gli atti che ho compiuto restano tali. Un'irrecuperabile serie di azioni che non si possono cancellare, in nessun modo. In cerca di un qualche salvacondotto perquisisco la casa. 
Qualche barattolo di fagioli, un paio di bottiglie di gin, qualche sigaretta, un sigaro. Poca roba. E il "tesoro" del caminetto? Ben 50$. Due vite per 50$.

Ma è un videogioco aku. 
Cioè, io ho fatto quello che potevo fare, mi ha spinto il game design a fare tutto questo, la porta era aperta, lo voleva Rockstar che facessi tutto questo macello. Non l'ho deciso io. Nella camera da letto, mentre proseguo l'esplorazione, trovo una lettera sul comodino.
È della madre. Si è allontanata da suo figlio e suo marito perché non sopportava più di vederlo in quello stato. Nella lettera dice che ha trovato un lavoro a Saint Denis, presso un famoso uomo d'affari.

"Ho comprato una casa, e non vedo l'ora di venirti a prendere figlio mio...tuo padre potrà venire con noi se rinuncia al vizio del bere, staremo insieme"
Madonna.
Peggio di una pugnalata in pieno stomaco.
Appoggio il pad, senza volere mi metto la mano in fronte
"Che cosa ho fatto..." - l'unico pensiero che mi sfreccia impazzito in mente, le barriere della famosa quarta parete non sono mai state così sottili.
Esco dalla casa disgustato dalle mie azioni, monto in groppa a Cuddy e mi dirigo all'Overlook Point, l'accampamento del resto della mia banda. 
Quando arrivo c'è uno strano silenzio. Una nebbia quasi mortifera permea tutta la zona, proviene dal lago? Sicuro? Ma certo che proviene dal lago. 
Non c'è nessuno intorno al fuoco, nessuno che suona la fisarmonica o il banjo. Nessuno con cui parlare. Sono quasi tutti a letto, sagome al buio.
Mi corico.
La mattina successiva mi rado completamente la faccia, quasi volessi dimenticare tutto quello che ho fatto la sera prima, la notte prima. Pulire tutto, via la barba da assassino i ripensamenti, le scelte sbagliate. In realtà lavare la mia coscienza è impossibile, ho fatto cose orribili. 

Ma se non altro prometto a me stesso di non fare mai più nulla di simile in futuro.
Mai più innocenti cazzo.

La storia di Nate e suo padre

~ Fin

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