Parto subito dal concetto più importante: questo è il gioco più ignorato e sottovalutato di quest’anno ed estenderei anche la riflessione all’uscita dei tripla A occorsa negli ultimi anni. Credo dipenda da tanti fattori contingenti e più o meno consapevoli che magari provo a enucleare. Caso di specie per far capire che quando si parla di videogiochi la stampa specializzata in realtà specializzata non è e il metacritic nasconde tutto quello che nei processi qualitativi ed emotivi risulta vero senza essere misurabile. Anzi, sono più severo perché una certa forma di superficialità deve essere denunciata, evidenziata e contrastata. La maggior parte delle recensioni affossa il titolo per aspetti che nel pensiero comune e standardizzato a mezzo critica dovrebbero convergere verso una forma completa e definitiva di esperienza che, appunto, se non presente, debba compromettere definitivamente le qualità dello stesso.
Come se giocando a Elden Ring io
mi stia anche godendo una narrazione da “Guerra e Pace” del videogioco
(decisamente no, quindi perché non lo puniamo?) oppure se, al contrario,
giocando a Red Dead Redemption 2 e GTAV io
sia commosso dalla qualità intrinseca del gameplay (che Rockstar non sa
manco dove sia di casa, quindi vogliamo adattare il voto?). In questi
casi si sorvola mentre RotR merita biasimo per la
scarsa qualità di aspetti marginali e secondari, la cui forma mentis,
spesso ma non sempre, è facilmente riassumibile nella mia firma.
Parliamo dell’aspetto tecnico, della grafica propriamente detta e anche
della direzione artistica.
Io credo che l’opinione pubblica videoludica
abbia operato profonda ingiustizia verso un titolo che non fa nulla di
peggio o di radicalmente negativo rispetto ad alcuni campioni
universalmente riconosciuti e verso i quali si sospende il giudizio e
strumenti di serena analisi, il già citato Elden Ring
ad esempio.
È pacifico, non si tratta di un titolo capace di
rivaleggiare con le grandi produzioni di Naughty Dog, Santa Monica,
Rockstar e via dicendo, appartiene a quella corrente assai sciagurata
che non ha permesso alla generazione corrente di esprimere un potenziale
tecnico compiuto. E nel caso del qui presente RotR l’intelaiatura
è approssimativamente quella di un gioco tra Ps3 e Ps4, a tratti
impreziosita da cosa mirabili (la resa della vegetazione, materiale
naturali come legno, rocce e così via) e depressa da effetti abbastanza
risibili. L’acqua è abbastanza indifendibile, sembra di rivedere i primi
tentativi do open world di oltre 20 anni fa, per non parlare della
pioggia che pare uno sballo del motore grafico. E in generale, quando ci
si sofferma sul particolare e il singolo oggetto non si può far meno di
storcere la bocca, oltre a una mancanza di pulizia che non si vedeva da
tempo.
Eppure, quello che sfugge alla conta numerica, è la
composizione generale, il quadro d’insieme potremmo dire, che alla fine
risulta piacevole, armonico, studiato, che frutto di un gusto estetico
non comune. Artisticamente è in effetti meno d’impatto rispetto a un Ghost of Tsushima,
che però utilizzava la modularità degli elementi scenici in modo molto
tradizionale e dall’altra si poneva di rappresentare in modo
pittografico il medioevo giapponese.
La movimentazione ambientale di RotR è
tutt’altro che piatta e banale, è un insieme di scenari profondamente
diversi che s’integrano per creare notevole varietà. Prati e fiori,
balze e crepacci, ruscelli, laghetti, sentieri che s’inerpicano nella
roccia, ponti, agglomerati urbani e un uso del colore vibrante e deciso.
Qui non c’è bruttezza, è un modo diverso di manifestare l’idea di quel
mondo senza che noia e ripetitività affiorino e visto il genere di gioco
non è caratteristica banale. Poi sì, non nascondo che alcune cose
facciano anche schifino, prima tra tutte la cosiddetta “città” che
appena ci metti piede per un attimo temi il “Way of Samurai”
di Ps2 e dici che no, non è possibile.
Prima di Rise of the Ronin & Ghost of Tsushima c'era...Way of the Samurai!
Per non tacere del frame rate e
dell’ottimizzazione in generale. Il suggerimento è quello di andare
oltre e convivere con certe cose, così come, in passato, una
realizzazione tecnica come quella di Forbidden Siren non ha impedito di essere quello che sia alla prova dei fatti. O Silent Hill. O God Hand.
La differenza la fa Team Ninja. Laddove altri titoli provano a innestare un gameplay soddisfacente e studiato per superare le tipiche aporie da impostazione open world, RotR eredita tutta la sapienza e la conoscenza di questa software house per rendere centrale e fondativo dell’esperienza il gameplay di qualità che, nell’opinione di chi scrive, pone un discrimine tra videogioco e videogioco.
C’è una
cosa, un aspetto, un sentimento che ogni giocatore di questo gioco potrà
testimoniare senza tentennamenti: combattere non annoia mai, per tutte
le cento e passa ore di gioco non c’è un momento in cui ingaggiare
combattimento e lanciarsi nella lotta non procuri un piacere viscerale
incontenibile, tanto da ritenere che questo possa qualificarsi come la
versione open world di Ninja Gaiden.
Aggirarsi per la
mappa in cerca di schermaglie, spingersi ad esplorare per scoprire nuovi
avversari e scontri impegnativi, perfezionare la propria tecnica di
lotta per unire all’efficacia l’eleganza. Questa roba non s’improvvisa,
non è un combat nobilitato a ragione di una sostenibilità ludica da
garantire, tracce di Ninja Gaiden, Nioh, Wo Long e oltre verso Sekiro
e l’intarsio sapiente di input, movimenti, mosse, equipaggiamento per
un’educazione del giocatore progressiva e diveniente. Chiunque abbia
affrontato questo titolo può dire come il pensiero ricorra senza sosta
al suo mondo e al suo ambiente, si smania di ritornare a giocare il
prima possibile e di continuare l’esplorazione di questo mondo. Ogni
giocatore di esperienza lo sa, i videogiochi che fanno centro, quelli
che entrano sottopelle, quelli che si pongono a un livello superiore di
consapevolezza e specifità del mezzo e del medium si giocano anche
lontani dallo schermo, con proiezione, desiderio, voglia e sospensione
del tempo corrente.
Per
onestà intellettuale devo dire che lo strumento utilizzato da Team
Ninja è quasi antitetico al concetto stesso di accessibilità e questo
pone una riflessione importante rispetto ad alcuni aspetti della nostra
passione. L’idea di semplificazione che spesso è indotta da una certa
corrente videoludica occasionalmente cozza con l’impressione respingente
con cui certi titoli accolgono il giocatore.
RotR non
ha un sistema di controllo intuitivo, tutt’altro. Lo è maggiormente se
si viene da altre esperienze del team ma di fatto scardina alcuni
modelli impressi nella memoria muscolare del giocatore e distribuisce
parata, parry, schivata, attacco, selezione di armi e oggetti in modo
piuttosto inedito.
Se si riesce a superare una difficoltà iniziale, se
si riesce a mandare a memoria l’impianto ci si rende conto di come la
mappatura sia al servizio di un modello 1vs1 più ragionato e misurato a
puro vantaggio della qualità ludica. Ma come nel caso di Sekiro è proprio grazie a quell’educazione che il gioco poi è capace di esprimere un così alto tasso di gameplay.
Nella mia percezione di giocatore comune ho avvertito addirittura una
tale stratificazione di qualità e profondità che il gioco offra e
nasconda ai più e che richiederebbero centinaia e centinaia di ore per
sviscerare moveset e possibilità di armi e stili. Il tutto da mescolare e
switchare a piacimento, con il conforto di un sistema di controllo
impresso nei polpastrelli, di una risposta precisa e puntuale e come
unico limite l’applicazione del giocatore. Parry che variano in base
all’arma, deflect che seguono coerentemente timing dello strumento
specifico e regole d’ingaggio, stili di lotta che s’incastrano l’uno con
l’altro e si contrappongono l’uno a l’altro per ottimizzare la lotta e
uscirsene con coreografie di morte non banali.
Mi confortano il plauso e
le parole di alcuni tra i migliori giocatori del titolo (e dei titoli di Koei Tecmo) che ho avuto la fortuna di interrogare e con cui ho potuto scambiare qualche opinione dettagliata sul combat system, con promozione convinta nel corso del tempo, a dimostrazione che il
gioco davvero si ponga in un altro campionato rispetto alla concorrenza e
che riscuota la benedizione di un utente che, meglio sicuramente del
sottoscritto per abilità, competenza e dedizione, possa illustrarne le
meraviglie.
[Seguite Master Ninja Ryu, unico punto di riferimento di tutte le comunità dei giochi KOEI-TECMO italiane e pro-gamer di tutti i titoli del Team Ninja come Nioh, Wo Long, Rise of Ronin...lo trovate anche su Twitch, con corsi di perfezionamento delle skills, oppure video dimostrativi]
Solo la scuola nipponica di gameplay poteva affrescare
questa severità marziale dai tratti assolutamente essenziali ed
eleganti, in cui viene lasciato libero sfogo all’approccio libero e
divertito. Prove di forza, acciaio che impatta, impiego di armi alla
distanza, in un processo di difficoltà scalabile che già a livello
“Crepuscolo” mostra tutte le sue qualità e che a livello “Mezzanotte”
esplode in tutta la sua superiorità ludica come oggetto di studio e di
culto. Non so che altro dirvi riguardo questo specifico aspetto. Meraviglioso.
Poi, volendo andare incontro anche all’esigenze narrative e ambientali…Chi dice che RotR sia
scritto male e non offra un decoroso scenario a corollario del
gameplay? Nulla di più falso, il gioco si configura come esponente di
quella narrazione nipponica che unisce contesto storico e proiezione
immaginifica. Queste vicende non sono impreziosite da dialoghi da film e
scrittura sopraffina alla maniera dei kolossal occidentali a cui siamo
abituati, piuttosto si tratta di lente e misurate narrazioni che hanno
il pregio della pacatezza e introducono gradualmente il giocatore in
questo mondo. Il setting è accurato, la ricostruzione storica di vicende
e figure è ammirevole, lo studio dietro alla rappresentazione e
illustrazione paesaggistica è davvero su un altro livello. Per gli
appassionati di cultura nipponica e storia giapponese è davvero un sogno
ad occhi aperti, lontano sguardi occidentali alla Ghost of Tsushima che pure ho apprezzato enormemente. La storia di RotR
mischia reale a immaginario, ha un filone “macro” con questioni
politiche e belliche e un filone “micro” con la storia delle Lame
Celate, romanza alcune questioni storiche e mette direttamente a
contatto con un numero ingente di personaggi (reali e inventati) con cui
stringere rapporti, alleanze, affrontare missioni secondarie e così
via.
Se si decide di perdere tempo e approfondire un po’ le cose ci si
rende conto del lavoro di equilibrio e umanizzazione delle parti
coinvolte, in cui le ragioni e le difficoltà dell’una e dell’altra parte
trovano soddisfacente espressione. Il gioco mette anche di fronte a
scelte apparentemente importanti ed esclusive però risulta abbastanza
evidente sin dal principio come queste opzioni non abbiamo effettiva
ricaduta sulla vicenda. Insomma, poteva essere un disastro e non lo è
stato e, al di là di questo, si configura addirittura come una buona
narrazione organica a mezzo videogioco, che si prende tutto il tempo per
allestire ed apparecchiare i suoi elementi e fa uscire da questo titolo
con un senso di appagante sazietà.
La nota dolente da affrontare è la scelta della tipologia di open world con cui RotR
decide di illustrare la sua offerta. La scuola giapponese ci offre
esempi di mirabile superamento del modello ubisoftiano e rockstariano
come Breath of the Wild, Death Stranding, Elden Ring, Dragon’s Dogma e
così via, ma Team Ninja tutto questo non lo sa e le notizione parlano
di un titolo che vede progettazione già dal 2015. Come ho avuto modo di
spiegare in numerose occasioni io non sono per l’idea
dell’evoluzione unidirezionale dell’open world intesa come sandbox di
azione e reazione.
Non è detto che sia l’unica evoluzione e non è detto
che vada bene (vedi il discutibile Tears of the Kingdom),
io preferisco una ripartizione per destinazione d’uso, che può essere
solo geografica, a volte semplicemente credibile e verosimigliante,
talvolta può rispondere alle sollecitazioni del giocatore e così via.
Certo, la compresenza di queste caratteristiche nel medesimo titolo può
differenziare in positivo un titolo dall’altro ma da venti anni a questa
parte, per quanto mi riguarda, l’unico aspetto realmente importante è
l’accordo interno, con il piacere sensoriale, quasi fisico, di trovarsi
dentro un modo che colga il nostro senso del bello e del piacevole.
Questa premessa per dire che il mondo di RotR
si presenta semplicemente come contenitore. Come pretesto di una
missione videoludica che necessitava di uno scenario ben preciso. Molti
di voi lo hanno detto, sia per questo che per altri titolo, addirittura
in uscita (Assassin’s Creed Shadows): con
l’ambientazione nipponica non si sbaglia mai. Più o meno tarda, più o
meno tradizionale, la presenza scenica e ambientale di certi elementi è
motivo di sicuro fascino e molti di noi sono nati e cresciuti con la
mitologia di un simile contesto. Via il dente, via il dolore: si tratta
del tipico open world a ripartizione storia principale – missione
secondarie, in cui queste ultime sono spesso e volentieri avulse dal
fluire delle vicende e a sé. Tutto sommato è anche un aspetto foriero di
una piccola novità, vale a dire il sistema di “legami” che va a
distinguere le missioni secondarie e che potrebbe essere considerato un
aspetto gestionale piacevole e ben riuscito. In base al tipo di missione
e al suo risultato, il giocatore potrà stringere rapporti più o meno
saldi coi numerosi personaggi e questo avrà impatto su ricompense e
risvolti narrativi interessanti.
Tutto questo è incorniciato
nella struttura della “nayaga” che altro non è che l’abitazione
principale del protagonista. In base al tempo speso per arredarla,
curare i rapporti, interessarsi alle pubbliche relazioni presenti nella
mappa di gioco sarà possibile assistere a particolari sequenze.
Interessante poi la capacità, diciamo così, di “viaggiare nel tempo” con
il pretesto del ricordo (“testamento dell’anima”) e rigiocare le varie
missioni con esiti diversi. Una mappa poi senz’altro costruita su punti
d’interesse e segnalini di vario genere, con tutto il repertorio che è
lecito (ma non auspicabile) ritrovare in questo open world di 10-15 anni
fa. Non mancano collezionabili più o meno sensati e attività ridondanti
come copione checklist. Qui, secondo me, si annida la motivazione dei
punteggi relativamente bassi e il motivo del poco entusiasmo, fino ad
arrivare al biasimo. RotR è per molti in ritardo di tanti, troppi anni.
La
mappa, come dicevo in precedenza, è piuttosto movimentata ma è pur vero
che la prima regione (Yokohama) non accoglie nel migliore dei modi il
giocatore, sia per qualità estetica che per attività correlate. Bisogna
attendere Edo e Kyoto per far sì che il titolo convinca a tutto tondo,
si innalzi tecnicamente e artisticamente, attraverso un rilascio lento
di bellezza, complessità e qualità generale dell’offerta.
Insomma, che dire? RotR
è un gran bel titolo, più di sostanza che di apparenza. Rimane
schiacciato tra colossi commerciati molto più appetibili e che si sanno
vendere meglio ma questo non significa che non si possa recuperare più
avanti e apprezzare col tempo. Non è perfetto ma è genuino, non è
ruffiano ma verace.
Il Gladiatore
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