Sekiro è un Dojo (di dolore)


I gamer più temerari e spericolati si saranno già sicuramente messi all'opera sull'ultimo grande titolo di From Software, Sekiro - Shadows Die Twice che sta facendo impazzire e lanciare anatemi a migliaia di giocatori di mezzo mondo a causa della sua difficoltà ardua ed impegnativa. Complici di un certo giustificato ritardo lasciamo il palco ad aku per qualche rapido pensiero sparso di questo strano suo approccio, ricco di fascino e carattere marziale.

"Un vero shinobi determinato ad avere successo, deve digrignare forte i denti" 

Antico Codice dell'Ombra 


~ 死 ~
Si comincia fin da subito, di prima mattina. Sekiro si schiude con la grazia di un bocciolo di ciliegio (sakura in giapponese) I fiori protagonisti dell’hanami, ovvero la pratica di “ammirare i fiori”. In Giappone si tratta di una antica tradizione iniziata più di 1300 anni fa. Lo stesso succede per Sekiro, le ombre, dopotutto, muoiono due volte, di giorno e di notte. Le posizioni base sembrano facili da apprendere ma nascondono, come le migliori applicazioni marziali, una notevole difficoltà che emerge soltanto quando cerchiamo di sfruttarle in situazioni particolarmente impegnative. Questo malgrado la From sia insolitamente prodiga nell'offrire ai suoi discepoli una sfida, per una volta, all'insegna della parità nei confronti del gamer. Non sarete infatti lasciati soli a maledire dinamiche e stringenti meccaniche di gioco nelle terre del clan Ashina. Nulla è lasciato al caso e niente è tenuto segreto: Sekiro cerca una sfida leale,e ne fa senza dubbio un punto d'onore.


«Barra della postura da tenere d'occhio, energia vitale in basso a sinistra, una resurrezione immediata dopo la prima morte, niente stamina a farla da padrone? Corsa infinita? Possibilità di evadere lo scontro attraverso il rampino? Non avrò alcuna difficoltà!!!...» ~ disse il monaco Izutani Benkei detto "lo sprovveduto" 

Sekiro è pratica ostica, per innumerevoli aspetti, la prima lezione è indimenticabile, le nocche sulle dita, del resto, lo testimoniano in maniera piuttosto efficace. È difficile, fin dalle prime battute. Poco da dire, debitamente, nella sua semplicità estromessa, è piuttosto complesso. Ad inizio delle danze mortali, due tasti, parata ed attacco. Eppure è difficile rendersi conto di quanto sia letale e soffocante il ritmo di gioco finché non muoviamo i primi passi in questo titolo, come sempre dettato da una atmosfera pazzesca, uno scenario magistralmente reso, con un vibrante corpo estetico inatteso, cupo ed adombrante. Un Giappone marcio e putrescente, che ricorda vagamente gli anime di Yoshiaki Kawajiri e più alla lontana, l'epopea di Berserk di Kentaro Miura. Sappiamo del resto che From eccelle nella creazione di spazi tridimensionali densi di atmosfera, Sekiro non fa eccezione, anzi, alcuni luoghi sebbene dipinti con insoliti sprazzi di luce, avranno sempre un gradevole rimando ad atmosfere perdute, remote e maledette, ibride tra alcune produzioni della stessa From e panoramiche di sicuro effetto. Nonostante il materiale possa sembrare canonico, specialmente dopo il Nioh di casa Koei-Tecmo, From dipinge un Giappone feudale (epoca Sengoku) originale e vitale, più intimo e stiloso.

Quando incrociamo le lame con i temibili guardiani o middle-boss di metà livello, in Sekiro c'è una sorta di muto rispetto nello scontro. Sebbene il gioco sia parzialmente intinto in una versione fantasy del periodo Sengoku, Sekiro offre i generali realmente esistiti del clan Ashina, cadetti del clan Miura.









Chi ha esperienza nei titoli che prediligono la corretta pratica ed utilizzo di un combat system, riesce in qualche modo a familiarizzare da subito a questo Bushido Blade in salsa Tenchu. Vi ricordate sicuramente di Tenchu, una delle serie videoludiche più affascianti e durature che ci abbiano catturato in passato, ce ne ha parlato qui il buon Ryo Narushima qui --> Tenchu: L'antico splendore dei ninja
ma Bushido Blade? In quanti qui l'hanno giocato?

Grafica minimale, massima enfasi del terreno di gioco e dei movimenti da intercettare.
Bushido Blade premiava un comportamento etico del giocatore, punendo severamente
ogni trucchetto. Evadere dallo scontro poteva persino portare al fatidico "Game Over"

Lo scontro poteva essere breve o lunghissimo, tutto era giocato su un fendente
o su un colpo preciso, era possibile essere feriti, ma questo avvicinava solo al decesso.

  
Nel Giappone feudale del coraggioso titolo di LightWeight per PSX, bastava un solo colpo per portare termine uno scontro. Era il 1997, e questo picchiaduro all'arma bianca è rimasto per mesi dentro la mia PSX, ero rapito da quel connubio di assoluta immediatezza e purezza videoludica.Nevicava. Si udiva un cinguettio. Un tintinnio nervoso dello shamisen.
Poi, subito dopo, il sibilo inconfondibile della linfa vitale che fuoriusciva, sparato fuori ad alta pressione da una ferita profonda e mortale che appannava l'aria. Eravamo stati sconfitti. Un colpo solo, preciso, letale, misurato. La neve copriva lo scenario e il nostro corpo piegato testimoniava che avevamo perso. Nell'antico ed impenetrabile Giappone feudale, un samurai colpiva una lama avversaria tre volte al massimo, sapeva che più lo scontro si protraeva, più la sua stessa vita era in pericolo. Forse al suo onorevole nemico (i samurai si presentavano persino sul campo di battaglia) sarebbe bastato incrociare la sua sua lama due volte per capire come muoversi e vedere il fantasma dei suoi gesti. Ecco perché la concentrazione in uno scontro era massima, entrambi erano prossimi alla morte.

Sekiro è un gioco che premia l'attenta valutazione del nemico, non solo devono essere appresi i suoi pattern di attacco, è un gioco che non premia il secondo, terzo, quarto tentativo, a meno che il giocatore non accetti di pagare un prezzo. Scoraggiante ma anche bellissimo, perché è possibile giocarlo realmente bene specialmente se abbiamo i giusti riflessi








Pur vantando qualche poderosa differenza alla matrice, Sekiro offre la stessa medesima sensazione, che avevamo lasciato in Bushido Blade ma mai realmente dimenticato. Incrociare le lame a lungo è una misura di pazienza e costanza, alla quale siamo chiamati a rispondere, ma con molta più attenzione, rispetto alle altre incursioni di From Software. Più lo scontro si ramifica in azione, contro reazione, parata ed attacco, più è probabile rendersi conto di essere terribilmente inadatti allo scontro e di essere molto vulnerabili. Bastano infatti pochi colpi per essere ucciso. Il decesso non passa per forza di cose attraverso l'epicità assoluta delle immancabili battaglie contro i temibili Boss, qui resi in maniera magistrale, in grado di annientarci con pochi colpi, dentro cornici, autentici quadri di pittura ukiyo-e in movimento. Tutt'altro.

Gli scorci sono mirabili e offrono una tavolozza di colori insolitamente placida dai
colori e dalle tinte autunnali, Sekiro è il gioco più maturo di From Software a livello artistico.
Ricorda moltissimo Tenchu
  

Qualsiasi nemico è in grado di sterminarci e costringerci ad utilizzare una seconda, preziosa opportunità, in ogni momento. Ad inizio gioco saremo messi in ginocchio da semplici banditi, e quando gli scontri inizieranno a farsi realmente seri, allora sarà necessario fare affidamento ad ogni nostro talento di reattività sul Bushido. Basta infatti un solo, singolo, errore, o un azzardo di troppo, e dovremo non solo offrire una prestazione più attenta e migliore della precedente fatta, ma saremo anche pericolosamente vicini ad accogliere l'impietoso ideogramma "Morte" sui nostri schermi che sigla un prezzo da pagare, alto: una perdita di monete [sen] e un malus in-game volutamente lasciato in ombra da questa rapida occhiata, poiché legato indissolubilmente ad aspetti della trama e della narrazione, sempre ermetica, e tipica del diorama Souls. La seconda opportunità, o resurrezione, serve come monito. Siamo costretti ad apprendere dai nostri errori, è la famosa seconda chance, se non abbiamo realizzato i nostri precedenti errori, non ne avremo altre*.
Sekiro è una palestra per i nostri riflessi, per la nostra capacità di osservazione, c'è pochissimo margine, non esiste la fortuna, se non abbiamo capito, moriremo ancora. E subiremo la in-giusta punizione.

La perdita di metà delle monete e dell'esperienza accumulata è un aspetto cruciale del gioco, molto penalizzante a conti fatti. Tramite i Sen è infatti possibile ottenere aiuti in gioco, come oggetti per potenziarci o informazioni sui nemici e le zone, e tramite i punti esperienza è possibile "aumentare" il nostro corredo di tecniche shinobi, altrimenti sguarnito.


In Sekiro il ruolo ricoperto da noi giocatori è genin, ruolo ricoperto dai ninja novizi nel periodo sengoku e precedenti. Anzi shinobi-denshi (cioè apprendisti) A Iga ed Koga, lessi che questo ruolo non era un grado vero e proprio grado all'interno della gerarchia degli shinobi. Non era nemmeno un vero e proprio riconoscimento, veniva conferito a tutti coloro che iniziavano meticolosamente a studiare le nozioni basilari per poter poi intraprendere la carriera del cosiddetto ninja.
Un normale allievo per poter essere riconosciuto come denshi, nel codice di ferro, l'antico codice del ninjutsu, doveva essere in grado di padroneggiare almeno una delle tecniche basilari ninpo e conoscere le nozioni base per poter intraprendere la carriera dello shinobi o kunoichi (in caso fosse una donna). Sekiro ha evocato in me decine di concetti letti, appresi ed approfonditi in alcuni testi di arti marziali, giapponesi e cinesi, che spesso ho letto per il puro piacere, o in altri casi, ho voluto approfondire per capire esattamente questo universo sconfinato di concetti, disciplina ed etica, che aggiunge sempre dettagli e complessità del caso.
Basta quindi una folata di vento per essere spazzati via nel buio della notte. È vero che siamo shinobi, potenzialmente guerrieri ombra letali, ma ci muoviamo piuttosto goffamente sulle prime battute, ci vorrà tempo. Siamo appunto apprendisti in un mondo mortale, pieno di insidie, lottatori formidabili e zone mortali da attraversare.

L'architettura giapponese si presta benissimo ad esplorazioni, combattimenti e uccisioni silenziose, ogni elemento del game-level è una fonte costante di approcci, tecniche e scelte sul campo di lotta. In un dinamico incrociarsi di spade ed evasioni repentine, attacchi a distanza, ravvicinati e non.



Gli affondi nei nemici ad inizio gioco sembrano più efficaci dei nostri, ci lacerano i consunti vestiti, penetrano nella carne, vanno in profondità, sono dolorosi. Sono sferzate che colpiscono duramente il nostro orgoglio di gamer, mettono a nudo la nostra anima, ci rendono impotenti, facendoci assomigliare in maniera miracolosamente simbiotica al Lupo dal braccio solo, il protagonista di questo ennesimo gioiellino di casa From Software. Forse Lupo non è il solo a sentire il suo braccio, la sua protesi, aliena al suo corpo. Forse anche il giocatore maledice il suo braccio, la sua mano, troppo lenta, troppo poco precisa, troppo grezza, che gli impedisce una reattività di fondo migliore e gli fa perdere decine di scontri. Con Sekiro imparerete molto.
È un conto amaro quello a cui siamo tenuti, un fantasma della memoria che torna quello che ci aspetta in Sekiro. La nostra memoria ha già affrontato momenti simili di profondo sconforto nei precedenti souls o in Bloodborne, contro specifici nemici. Poiché si tratta di esperienze solitarie e particolarmente intime e private, è infruttuoso citare scontri specifici, ma sono sicuro che lo possiate realizzare debitamente, quale scontro vi ha messo a dura prova in passato. Lo sconforto in Sekiro, del resto, sarà un degno compagno di viaggio per tutta la durata di questa avventura dai toni religiosi.

In Sekiro vi attendono luoghi dell'immaginario giapponese, inaccessibili e poetici, li solcheremo tutti esplorandoli minuziosamente, percorrendo il più vibrante level-design degli ultimi videogiochi usciti. La perizia è assoluta, imparagonabile.
 
Scomodando qualche frammento storico, i ninja hanno vinto in poche occasioni sul campo bellico a viso aperto, si contano sulle dita le loro vittorie, dovute più a situazioni estremamente sfavorevoli del nemico che ad altro. Questo perché la furtività è l'essenza del loro agire e combattere, la loro reale forza è il sotterfugio. Solo in tempi relativamente recenti i ninja si sono trasformati (perlopiù in anime e manga) in autentiche forze della natura, alimentando un mito costretto a rielaborazioni di sorta. Sekiro torna ad insegnare quell'antico paradigma di vulnerabilità, in estrema sintesi, sul campo di gioco. Uno shinobi è versatile solo se apprende la versatilità per il suo Signore.
In effetti uno shinobi apprendista contro tre o quattro ashigaru, cioè fanti impiegati regolarmente nei conflitti del Giappone feudale, armati con una micidiale naginata (arma ad asta che ricorda i falcioni del medioevo europeo) yari (lancia) yumi (arco) e spada avrebbe avuto molte difficoltà se scoperto, magari proprio durante un tipico assassinio, men che mai se sapeva usare male tachi e (raramente) la famosa katana. Possono sembrare aspetti e paradossi forzati, ma il nuovo di gioco di From si basa sul codice dell'ombra: per muoversi agilmente, non possiamo contare su corazze, solo sulla nostra abilità di spadaccini. E dovendo sottostare a tale scelta, è ammirabile ed è coraggiosa la scelta di non offrire alcun equipaggiamento aggiuntivo. Non possiamo compromettere le nostre doti di agilità, o non avremmo scampo.

 MA È UN SOULS O NO?

Il feeling generale è quello di un souls, mappe da affrontare ed esplorare con nemici più o meno aggressivi e letali, lo ricordano. Come svolgimento in sé, a mio modo di vedere, Sekiro è molto più semplice ed immediato di un Dark Souls. La verticalità delle arene, la gestione del rampino, la leggibilità degli attacchi dei nemici, la vocazione più action e ripida del combat, la possibilità di togliersi facilmente da situazioni mortali, tutti aspetti che lo rendono più "potabile" dei Souls. A cambiare sono i mid-boss e i boss, lì il titolo diventa realmente infame ed impegnativo. A margine di questi aspetti, è comunque possibile orientare la nostra esperienza in base a quello che si configura meglio alla nostra condotta di gioco, differentemente dai Souls che spesso erano più dispersivi. Il gioco resta vincolato fortemente al game-design dei Souls. Ci sono molti aspetti che ricordano i precedenti giochi From Software, lungi da me stilare uno sterile elenco di caratteristiche per dimostrare empiricamente che Sekiro assomiglia - in tutto e per tutto - ad un Souls, ma ciò è molto evidente fin dai primi minuti di gioco. Però è indubbio che Sekiro affronta coraggiosamente anche la stessa formula Souls, da cui proviene, riscrivendo parzialmente le sue radici, offrendo un punto di vista complementare ma lontano, con indomita forza, sradica e ripensa la sua origine e riesce a farlo nel migliore dei modi, si annulla.

Nonostante siano state ripetute (fin dal suo annuncio) le caratteristiche presenti, sono mancate furenti critiche su questo titolo, non c'è l'online, non ci sono equipaggiamenti, non ci sono livelli, non c'è questo, non c'è quello, e così via. Sekiro è sottrazione. Perfetta sottrazione Zen.









 
Le tecniche della rinomata scuola Soulslike erano piuttosto ostiche da assimilare, sulle prime, e anche piuttosto lunghe da apprendere. Se osserviamo alcuni aspetti generalisti dei Souls, per esempio, possiamo identificare che si basavano essenzialmente sulla ripetizione e sulla lettura ossessiva dei segreti nascosti nel gioco, che puntualmente altri scoprivano, ma raramente accadeva a noi. Le nostre posture nei Souls come giocatori, erano spesso giuste, ma c'era sempre qualcosa che non funzionava o non si incastrava come doveva. Quando iniziavamo seriamente a misurare le nostre capacità, ecco che, puntualmente, un altro allievo della scuola ci spiegava che ci eravamo dimenticati "L'Anello del Sire Nefando" nel terzo bugigattolo delle "Cripte Mortali della Mortalità Mortale" che boostava la forza, oppure che senza la "Fango Piuma" non avremmo avuto partita contro "Il Primogenito Rinnegato", o ancora "Ti manca l'arma giusta" - "Non hai trovato la polvere rinfrancante" - "Mi sa che se non usi fuoco è invincibile" "Barbogio è un NPC nascosto nel crepaccio" e così via. Ho voluto usare volutamente esempi fittizi, per non porre troppa enfasi su aspetti specifici.

Una delle schermate di potenziamento, la lettura del diagramma a foglia è molto semplice: per ottenere le mosse sarà necessario sbloccare ogni ramo, pagando i punti abilità (PA) relativi




La scuola souls-sama era ripetizione del resto. Studio e comprensione di moltissimi elementi di gioco che lo diversificano ma lo rendevano anche un puzzle complesso, un enigma parzialmente irrisolto, specialmente per i giocatori novizi. Forse era colpa delle nostra build, forse era colpa dell'arma scelta, forse era colpa degli oggetti che non avevamo trovato, o forse di quelli che non sapevamo usare. Ma raramente, e lo scrivo sulle sacre pergamene del Drago, raramente deducibile con assoluta chiarezza dal giocatore. Spesso erano gli altri giocatori ad indicarci la via giusta da percorrere o darci consigli preziosi. L'avventura era nostra, ma in qualche modo dipendeva dagli altri.
Quando eravamo in un vicolo cieco, si aprivano diverse soluzioni.
Potevamo accumulare bulicamente livelli, potenziare le nostre stat, aumentare la potenza delle nostre armi, farmare oggetti potenti, accadeva spesso che il nostro non saper giocare, il non saperci approcciare alla zona o lo scontro, poteva essere facilmente bypassato. Nel caso in cui continuassimo a fallire lo scontro, si poteva anche ricorrere all'online, perché bene o male, l'aiuto esterno non inficiava poi così tanto la nostra run, al massimo intaccava un pochino il nostro orgoglio di gamer.
In Sekiro, nulla di questo è possibile. Accumulare oggetti è relativamente utile, ma è ogni formidabile scontro portato a termine con successo che potenzia Lupo.  

Il passaggio nelle terre del Drago (per esempio), in DS3, qualcuno certamente lo scoprì con merito, ma poi divenne uno spoiler, che rimbalzava gonfiando l'ego di chi sosteneva di averlo scoperto da solo.




~ Shibumi e Shinobi~

L'ideale estetico Zen denominato Shibumi definisce gli oggetti e le esperienze che ne conseguono che risultano belle in maniera diretta, semplice, senza eccessi: la cui caratteristica è l'elegante semplicità, l'efficacia senza sforzo e la suggestiva imperfezione. In una parola, Sekiro.
Parlando dell'estetica Zen, ciò che rende lo Shibumi un qualcosa di estremamente particolare, come potente ideale di design e progettazione, è la combinazione unica di rara semplicità e l'impatto sorprendente che ne consegue. In poche parole, eliminando molti aspetti di gioco e dinamiche dei precedenti giochi (souls) si raggiunge una perfetta organicità, questo dimostra Sekiro.
Il raggiungimento del massimo effetto con il minimo sforzo, è in realtà un esercizio universale utilizzato in molte forme di espressione: artisti, designer, persino calligrafi, infatti, utilizzano lo spazio bianco o 'negativo' per trasmettere potenza visiva; scienziati, matematici e tecnici di ricerca lo usano per le teorie che spiegano i fenomeni altamente complessi in modo incredibilmente semplice.
Ciò che queste varie forme hanno in comune, è proprio la caratteristica principale dello shibumi: l'elemento della sottrazione. Il pensiero di sottrarre qualcosa al fine di creare valore, non è solo un modo molto diverso di pensare (neuroscienziati hanno dimostrato, utilizzando scansioni funzionali MRI, che addizione e sottrazione interessano circuiti cerebrali differenti), ma è la chiave di volta dello Zen. La domanda che ne deriva è: come si applica nella pragmatica realtà questa qualità indubbiamente elusiva in un videogioco? Facendo un titolo come Sekiro. Sekiro è fioritura dicevo.


L'apprendimento di alcune mosse è un passaggio fondamentale, l'accrescimento che il giocatore matura in questo gioco è un elemento tangibile. È diverso che conoscere semplicemente un gioco, Sekiro migliora il giocatore. Tutto è stato tolto, raggiungendo quella posizione zen (o se preferite yoga) immutabile e tuttavia persistente nel tempo. Più aspetti togli al gioco, più questo titolo è scoperto nella sua più intima essenza. Più elementi dei precedenti souls, mancano, più il gioco anela al vuoto, più le cose di cui tener conto lo rendono praticamente perfetto, superiore come impatto ai souls. In Sekiro potremmo dire, è completamente dispersa, grazie ai mantra del Divino Bodhisattva, ogni sensazione di perdere qualcosa di non sapere usare qualche oggetto. Quando Lupo raccoglie un item ci si rende subito conto del suo corretto utilizzo. Quando raccogliamo una protesi per il nostro braccio intercambiabile, siamo costretti per forza di cose ad imparare ad usarla, ci vorranno pochi minuti per capire il suo utilizzo, ore per familiarizzare a dovere e imparare ad usarla contro un nemico specifico. Non ci sono dozzine di spade, armi ed armature in cui perdersi, non ci sono dispersioni di sorta. Sekiro è vuoto, tuttavia pieno nella sua vuotezza. Se questo vi sembra un controsenso, allora avete iniziato ad accettare lo Shibumi nella sua più intima essenza.
Kusabimaru. La katana di Sekiro.
Solo su quest'arma potremo contare.

Sekiro focalizza l'attenzione del giocatore sul terreno di lotta, non ci sono distrazioni, è una forma di astringenza, come la caratteristica del sapore di un frutto acerbo, o di un vino giovane che deve essere affinato in botte affinché le sue componenti tanniche si ammorbidiscano. Ciò rimanda inevitabilmente ad un ideale di bellezza grezza e ruvida, la cui nobiltà deriva dalla sobrietà e dalla semplicità, che si collegano con i concetti di austerità, frugalità, riservatezza e sobrietà, alla base di questo gioco.
Nelle arti del movimento, ciò si traduce con una gestualità elegante ed essenziale, in cui ogni piccolo dettaglio contribuisce all’insieme armonizzandosi perfettamente con tutto il resto e con ciò che circonda. Quando avrete imparato a dosare ogni vostro passo, a intercettare ogni più piccolo movimento, sarete pervasi nello spirito, contemplando un esempio di imperfetta armonia, dalle linee scarne, come quello delle onde di ghiaia in un giardino Zen, esempio lampante di ciò che lo spirito dello Shibumi incarna e che Sekiro riesce a infondere. Più il combat system, e lo dico con più di 300 ore di Nioh, più è apparentemente scarno e povero più il titolo mostra l'essenza, rivaleggiando pericolosamente contro avventura di William Adams e Tecmo Koei che sommerge il gamer tra menu di forgiatura e riforgiatura, dozzine di pezzi d'equipaggiamento, centinaia di armi diverse (per categoria) e una complessità di fondo sconfortante sulle prime. In Nioh il livello conta meno di una build oculatamente scelta, spesso quest'ultima, fa la differenza tra uno scontro impari ed uno scontro approcciabile. In Sekiro, è la tua abilità è il tuo livello.

Non mancano dettagli storici che permettono di inquadrare non solo il periodo storico, sebbene con una spruzzata di fantasy, ma anche riflessioni di carattere religioso e culturale


















Ho comprato Sekiro al day one, come molti altri gamer, e mi ci sono immerso subito. Ora ho avuto modo di sconfiggere diversi boss e di proseguire in maniera agevole in profondità nel gioco. Ho avuto anche la possibilità di assaggiare alcuni tra i più complessi e "difficili" punti del gioco, e di sbloccare, conseguentemente, molte tecniche e abilità per il nostro Lupo. Come ho detto di recente, su questo gioco inevitabilmente si stanno concentrando, per forza di cose, una serie di aspettative smorzate sul nascere e un certo disappunto dovuto dalla nostra scarsa pazienza, misto ad un certo dejavu di fondo. C’è poi anche chi spaventato da questo titolo, si sofferma sulle voci di corridoio che inneggiano alla scorrettezza di fondo, con un output ed un input damage pazzescamente scalibrato. La realtà è molto semplice a conti fatti. Sekiro ha il miglior combat system di qualsiasi altro gioco From Software, straordinariamente complesso e preciso (mai, casuale) e di una profondità combattiva mai vista. C'è modo di concatenare gli attacchi e parare i colpi nemici in modo diverso a seconda della propria necessità. Il gioco presenta spesso molteplici strade per affrontare un nemico, molteplici strategie, ma spesso vi è sempre una strada migliore da percorrere. Se trovate uno scontro che vi sembra senza uscita, esplorate. Forse il segreto, il punto debole, è a portata di mano e ascoltare l’npc risolve del tutto la battaglia o potrebbe aiutarvi.

Sekiro è un gioco incredibile, di una profondità tecnica mai vista, questo metodico e straordinario incrociare di lame, che è anche l’essenza del Bushido è sfoggiato su un'ambientazione ed una storia d'immortalità affascinante e misteriosa, conquistatrice di cuori impavidi. Mancano tante altre considerazioni aggiuntive, che magari esporrò, alcune di carattere strettamente storico, altre che si focalizzano su aspetti di natura culturale e religiosa. Tutto questo e molto altro, rende questo gioco realmente imperdibile, l'ennesimo centro dei creatori di Otogi, King's Field, Shadow Tower e solo tempo dopo Demon's, Dark Souls e Bloodborne. Ora vi congedo non prima di specificare che se cercate il videogioco del 2019 lo trovate in questo titolo.


Posta un commento

0 Commenti